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Eolico offshore, un sogno impossibile

25/04/2014

Alla canna del gas/Su 15 progetti presentati in Italia, non ne è partito ancora nessuno: aste deserte, ricorsi, scontri tra enti. E gli obiettivi europei rimangono lontani

Nessuna pala all'orizzonte. Per l'eolico offshore la situazione lungo le coste italiane è completamente ferma, con alcune situazioni paradossali che è importante approfondire se si vuole guardare al futuro delle fonti rinnovabili. Dei 15 progetti presentati in questi anni nessuno è riuscito ad arrivare neanche alla fase di cantiere. A parte qualche polemica nessuno se ne occupa o preoccupa, a partire da Confindustria che sull'energia continua a spendersi solo per gli interessi dei grandi gruppi e delle centrali a carbone. Eppure, almeno in teoria, vi dovrebbero essere tutte le condizioni per la realizzazione di questi impianti. Il Piano di azione nazionale per la promozione delle fonti rinnovabili prevede per l'offshore un obiettivo crescente fino ad arrivare a 680 MW nel 2020, per contribuire agli obiettivi di produzione da fonti rinnovabili fissati dall'Unione Europea. A fronte di uno scenario di decisioni di questo tipo ci si aspetterebbe che progetti e interventi procedano spediti. Al contrario nessun impianto è in funzione o in cantiere, addirittura le aste per gli incentivi sono andate deserte, per i problemi sorti nelle autorizzazioni con ricorsi amministrativi, contrapposizioni tra ministeri, Soprintendenze, Regioni, enti locali.

La ragione di questa situazione è semplice da spiegare: per gli impianti eolici offshore non esistono riferimenti normativi che definiscano le regole per le autorizzazioni o per il confronto con il territorio. Non sono in vigore neanche le linee guida per le valutazioni che ad esempio valgono per i progetti presentati sul territorio italiano. Vuol dire che i progetti, almeno in teoria, si potrebbero fare in qualsiasi area marina e più progetti sovrapporsi come impatti senza alcuna garanzia o valutazione paesaggistica e ambientale complessiva (problema, ad esempio, evidente per i progetti presentati nel golfo di Manfredonia). Non solo, si possono escludere completamente Regioni e Comuni dalla procedura di approvazione e anche da qualsiasi forma di royalties. La conseguenza è che intorno ad ogni progetto sono sorte polemiche e perfino quelli che hanno superato la procedura di Via nazionale si trovano di fronte a insormontabili ostacoli amministrativi e politici. In Molise contro un impianto eolico a 10 chilometri dalla costa si sono spesi gli stessi politici e imprenditori che in questi anni hanno contribuito a distruggere le dune costiere per costruire villette e alberghi. A Taranto un progetto posizionato di fronte all'Ilva è stato bocciato dalla Soprintendenza e dalla Regione Puglia perché avrebbe «alterato il paesaggio» (forse del siderurgico?). In questo momento l'unica prospettiva per le società che portano avanti i progetti è quella di un approvazione in Consiglio dei ministri, che potrebbe superare i pareri contrari di Regione, Comuni, Soprintendenza.

Proprio qui sta il passaggio più delicato della riflessione intorno alle decisioni che riguardano questo tipo di impianti. Perché l'idea che bisogna combattere è quella per cui i progetti, come le infrastrutture, siano tutti uguali, tutti ugualmente utili e nell'interesse generale, e quindi da aiutare con procedure che aiutino a superare i veti locali. Invece non è vero che gli interventi nel territorio sono comunque utili sia per ragioni ambientali che di interessi privati o generali, e non è di una procedura speciale che ha bisogno l'eolico off-shore. Piuttosto servono regole che permettano di garantire tutela ambientale e il diritto a partecipare alle procedure da parte di cittadini ed enti locali. Come in Spagna, dove il governo ha approvato un piano che individua le aree incompatibili con la realizzazione di impianti eolici per ragioni ambientali o di rotte di navigazione commerciali o militari. Così nelle altre aree si possono proporre impianti da sottoporre a valutazione. Oppure in Francia dove invece sono state individuate le aree dove è possibile realizzare impianti eolici offshore. E in questi mesi si sono aperte gare trasparenti per la selezione delle proposte, individuati incentivi ma anche vantaggi per i territori. Trovare una strada per risolvere i problemi dell'offshore non è una questione tecnica ma squisitamente politica. Perché se l'Italia vorrà nei prossimi anni continuare a crescere nella diffusione di eolico, solare, biomasse dovrà trovare regole che siano capaci di tenere assieme obiettivi energetici, climatici e di rapporto con il territorio. Una sfida che oggi è diversa rispetto al passato ma anche più importante, perché nel 2013 il contributo delle energie pulite è arrivato a superare un terzo dei fabbisogni elettrici, e bisogna sconfiggere coloro che vorrebbero fermare questa prospettiva per salvare i dinosauri delle fonti fossili.

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