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L'Europa alla prova del clima
Alla canna del gas/Il quinto rapporto sul clima dell'Ipcc ci consegna l'immagine di un'Europa che gli atlanti geografici dovranno completamente ridisegnare
Sulla campagna elettorale per le europee si è abbattuto come un macigno il quinto rapporto sul clima. Ci consegna una previsione agghiacciante di cosa causeranno i cambiamenti climatici al vecchio continente se non verranno fermati. Le migliaia di scienziati dell'Ipcc, che dal 1988 studiano per l'Onu il riscaldamento globale del pianeta, ci dicono che dovremo convivere con nubifragi, alluvioni, un'atmosfera immersa in un aerosol di gas e polveri velenose, mari gonfi d'acqua ed energia. Un'Europa che gli atlanti geografici dovranno completamente ridisegnare: ghiacciai alpini definitivamente sciolti, deserti che avanzano, città costiere inghiottite dal mare, migliaia di animali estinti. Per capire il dramma sociale cui si sta andando incontro è sufficiente dire che il rapporto prevede milioni di profughi ambientali per mancanza di acqua.
Colpisce non vedere traccia di tutto ciò nello scontro elettorale che deciderà il futuro dell'Europa. Soprattutto sconcerta il silenzio di noi che vogliamo un'altra Europa. Non si sono viste, sebbene il rapporto fosse già noto, mobilitazioni per la decisione del Consiglio europeo di fine marzo di rinviare ogni decisione sulla nuova direttiva di protezione del clima. Eppure la ricetta per abbassare la febbre alla terra è nota da tempo ed è composta da tre ingredienti: intelligenza, rinnovabilità e democrazia. In altre parole servono decisioni politiche in grado di azzerare la dipendenza dai combustibili fossili, dando vita a un nuovo modello energetico distribuito sul territorio, 100% rinnovabile e nel quale si fa un uso efficiente e intelligente dell'energia che si produce. Non è importante quanto tempo serva per realizzarlo, la cosa decisiva è partire ora. Non sono sogni: sappiamo costruire case che hanno bisogno per illuminarsi, riscaldarsi e rinfrescarsi del 50% in meno di energia rispetto alle precedenti; le fonti rinnovabili hanno da tempo dimostrato la loro attendibilità ed economicità; e infine sostituire il vecchio modo centralizzato di produrre e distribuire energia, installando nei territori le tecnologie che catturano il vento e i raggi del sole, produce partecipazione e cittadinanza attiva.
La lista Tsipras, che si propone di costruire un'altra Europa, dia un senso alla parola "altra", recuperando i i ritardi accumulati e assumendo come suoi impegni prioritari la riduzione delle emissioni climalteranti, lo sviluppo dell'efficienza energetica e delle rinnovabili. Non serve a nulla proporre nello stesso programma, come fanno i partiti che si richiamano al partito socialista europeo, Pd in testa, lo sviluppo delle rinnovabili e il carbone, l'efficienza energetica e l'aumento dei consumi, il conto energia e il Cip 6, il modello distribuito e quello monopolista e centralizzato.
Un nuovo modello energetico richiede scelte nette. Farne il cuore della nostra Europa non significa mettere in secondo piano gli obiettivi sociali e occupazionali, ma dargli maggiore forza e credibilità. I cambiamenti strutturali ed economici che la lotta al riscaldamento globale impone sono anche un'occasione per costruire un futuro di benessere durevole e quindi una strada promettente per uscire dalla crisi della crescita e dal fallimento del liberismo. Lo sono addirittura per offrire una chance alla pace, insidiata dalla scarsità di risorse energetiche non rinnovabili, per il cui controllo si stanno facendo guerre e si alimenta il terrorismo
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