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La vittoria del No: significati e interrogativi

07/07/2015

La vittoria del No ha il merito di non azzerare le prospettive di cambiamento. Ma ora quale sarà la reazione delle istituzioni europee e della troika?

La vittoria del No ha tanti significati. Ma prima di tutto onore ai greci che hanno vinto la loro battaglia, ma non certo la guerra, anche per noi italiani e per l’Europa, senza che l’Europa facesse molto per loro, e ammettiamolo pure noi abbiamo fatto ben poco per loro

La vittoria del No è la risposta a quanti hanno cercato in tutti i modi di trasformare il loro voto in un azzardo, come se il giusto diritto di un popolo di esprimersi sul suo futuro rappresentasse un rischio da non far correre ai mercati, in un contesto reso confuso nell’ultima settimana dai comportamenti ricattatori della Troika ed in particolare della Bce che ha cercato in vari modi di influenzare il voto con l’arma del panico, bloccando la liquidità agli sportelli anche se le banche sono solvibili a stesso giudizio della Bce. La democrazia non è azzardo, ma un diritto, primo risultato del No.

La vittoria del No è la risposta a quanti hanno voluto trasformare la negoziazione su un nuovo Memorandum in un prendere o lasciare tutto politico, in un dentro o fuori l’Europa, perché la posta in gioco non era solo economica, ma come è risultato evidente era il diritto di una nazione dell’eurozona a non accettare i diktat della dottrina ordoliberale tedesca che impone le sue regole europee, ed a scegliere assieme in quale Europa si vuole stare. L’inclusione contro l’esclusione, secondo risultato del No.

La vittoria del No ha il merito di non azzerare le prospettive di cambiamento. L’uso politico della negoziazione sul Memorandum era far capire ai popoli europei che non vi sarebbe stata altra strada se non quella tracciata da Bruxelles, Francoforte, Washington, e su tutti Berlino; che ogni tentativo di avere una idea diversa di Europa doveva essere espulsa sul nascere, prima che questa idea rischiasse di contagiare altre nazioni, altri popoli, quello spagnolo anzitutto. Con il governo di coalizione a guida Syriza le istituzioni europee e quelle internazionali (Fmi), sono costrette invece a fare i conti, ed a negoziare, ed in prospettiva altri governi di coalizione potrebbero essere eletti aprendo un fronte di nuove negoziazioni, terzo risultato del No.

La vittoria del No è la risposta al socialismo europeo che co-governa le istituzioni nazionali e comunitarie condividendo la politica dei partiti conservatori; a ciò che è rimasto del socialismo europeo, simulacro persino dello spirito della socialdemocrazia dell’alternanza, che oggi delega con i governi di coalizione al partito popolare europeo ogni scelta sul terreno economico, sociale e politico, e fuori dalle coalizioni condivide gli stessi paradigmi e le stesse ricette del liberismo più retrivo. Il quarto risultato del No prova che una altra sinistra è possibile.

La vittoria del No consente di mantenere vivo il tentativo di cambiare l’agenda economica europea. Le ricette dell’austerità espansiva hanno prodotto un peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro della gran parte delle popolazioni che le hanno subite. La Grecia è solo il caso più eclatante, ma danni sono stati procurati ovunque dove la Troika è arrivata oppure dove le politiche sono state da questa dettate, in Irlanda, Spagna, Portogallo, Finlandia, ed Italia da Monti a Renzi. Per salvare la Grecia, il terzo Memorandum non può essere un continuum dei due precedenti, occorre una cesura con il passato. Al contempo il debito deve essere ristrutturato perché un paese quando non è in grado di ripagare il suo debito e viene forzato a farlo, non ha alcuna prospettiva di crescita e fallisce su entrambi i fronti, quello della crescita e quello del pagamento del debito. Il quinto risultato è quello di proporre una agenda diversa: negoziazione su un Memorandum che non sia senza soluzione di continuità con i precedenti, ed una conferenza sulla ristrutturazione del debito.

A questo punto quale sarà la reazione delle istituzioni europee e della Troika?

Un primo scenario è quello della irresponsabilità. Ovvero rigettare nei fatti il successo del No e perseguire come se nulla fosse accaduto l’obiettivo politico, mettere in crisi ancor più la Grecia e far cadere il Governo Tsipras. Quindi nessun accordo, Memorandum o meno, e costringere la Grecia al default ed alla uscita dall’euro tramite la Bce che blocca il credito al sistema bancario greco. Scenario assai rischioso per gli altri paesi dell’eurozona, perché saremmo nel campo dell’ignoto, non solo con costi elevati per la Grecia.

Un secondo scenario è quello della stupidità, in cui viene abbandonato l’obiettivo politico ma non quello economico, per cui nessuna concessione alle richieste greche sul piano delle politiche di austerità e nessuna ristrutturazione del debito. Il debito va pagato, le istituzioni europee ed internazionali sono disposte ad intervenire concedendo linee di credito solo a condizione che la Grecia accetti un Memorandum 3 sulla linea dei precedenti. L’esito è il perdurare della depressione in Grecia, qualora il governo ellenico accetti pur di non dichiarare default ed uscire dall’euro. Il rischio è che la crisi sistemica venga solamente rinviata a tempi futuri perché i fondamentali non mutano.

Il terzo scenario è quello della saggezza. Si riconosce la necessità della ristrutturazione del debito e si concede alla Grecia una prospettiva di più lungo periodo per far uscire l’economia greca dalla depressione con misure che non sono di osservanza liberista. I creditori rinunciano all’obbiettivo economico di breve periodo di essere ripagati, e concedono alla Grecia di accompagnare alle politiche di offerta le politiche di sostegno alla domanda, quindi aiuti non vincolati alla svalutazione interna.

Possiamo essere fiduciosi in questa Europa a guida liberista? Se dovessimo scommettere, punteremmo purtroppo sul secondo scenario. Ma vi sono variabili in gioco nel 2015, proprio quelle che la Troika voleva escludere ribaltando il governo Tsipras, ovvero che alla Grecia faccia seguito la Spagna. E questo aprirebbe la strada affinché la discussione su “Quale Europa” diventi discussione politica dei cittadini europei.

 


 

 

 

 

 


 

 

 


 

 

 

 

 

 

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