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Nuove povertà, una fotografia del malessere
L'Italia sta tornando ad essere un paese povero, con conseguenze drammatiche rispetto ai problemi di giustizia sociale e con situazioni sempre più spesso emergenziali
Da qualche mese a questa parte sembrerebbe che i mercati finanziari si siano come tranquillizzati, rassegnati a lasciare all'Italia e all'Europa un po' di tregua. Non si sente più parlare di spread e di attacchi speculativi. La City dirige altrove il suo sguardo.
Ma l'uscita dalla crisi sembra sempre più lontana. L'economia reale è ferma, immobile, congelata. Ce lo dice la violenza delle rivendicazioni del movimento dei forconi a Torino e a Genova, ma soprattutto ce lo dicono i dati drammatici sulla disoccupazione: nei primi dieci mesi del 2013 sono state presentate 1.726.898 domande di disoccupazione (fonte Inps), con un aumento del 31,2 per cento rispetto alle domande presentate nel corrispondente periodo del 2012. Sono più di 1 milione i giovani al di sotto dei trent'anni senza lavoro, un dato che in termini percentuali si traduce in uno spaventoso 41,2 per cento, e quel che è peggio, senza una verosimile speranza di trovarlo nel breve periodo. Più in generale il numero complessivo dei disoccupati a ottobre era superiore ai 3 milioni, che corrispondono al 12,5 per cento della popolazione. Soltanto nei primi nove mesi del 2013 sono fallite 8.900 aziende sul nostro territorio, lasciando molte famiglie senza un reddito.
Così, gli sfratti, in Italia, sono aumentati, dal 2008 al 2013, del 70 per cento. E l'elenco potrebbe continuare.
Sono numeri impressionanti ed impietosi, soprattutto perchè in continua crescita: sono la fotografia matematica di un paese in ginocchio.
Ma per capire quello che questi dati ci dicono, bisogna cercare una fotografia umana del malessere del malato Italia. Come quella di un uomo di 77 anni di Fano che non aveva i soldi per pagare il riscaldamento ed è morto di freddo. Da oltre un anno, era stata tagliata la fornitura di gas metano nella sua abitazione, perchè gli 800 euro di pensione di anzianità non bastavano a mantenere una famiglia di 4 persone. È arrivato in ospedale in avanzato stato di ipotermia e in condizioni disperate.
Sembra di essere tornati indietro nel tempo, a quando molte famiglie non avevano la possibilità economica di avere il riscaldamento in casa e a quando l'Italia era un paese povero.
Sembra, sì, una storia lontana, accaduta forse in un qualche remoto angolo di mondo non ancora raggiunto dal benessere. E invece, è proprio qui, in una cittadina italiana come tante che si scopre che si torna a morire di freddo in casa propria.
Da tante parti si leva la voce di economisti che chiedono un deciso cambiamento della rotta in Italia e in Europa per riconvertire le politiche nel senso di un rilancio dell'occupazione, della sostenibilità ecologica e della giustizia sociale (come nell'ultimo rapporto dell'Euromemorandum, presentato in anteprima sabato 14 dicembre al convegno “L'Europa giusta”, organizzato dalla Scuola del sociale in collaborazione con Sbilanciamoci! ed Europén). In tanti chiedono un New Deal europeo ecosostenibile, come fanno i federalisti europei. Ma in pochi ascoltano.
La posta in gioco però è alta, altissima. L'Italia sta tornando ad essere un paese povero, con conseguenze drammatiche rispetto ai problemi di giustizia sociale e con situazioni sempre più spesso emergenziali. Le questioni che sono sul tavolo della politica italiana ed europea vanno ben al di là della crescita del Pil, toccano la dignità delle persone e per questo hanno bisogno di risposte urgenti.
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