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La lista Tsipras e la sfida democratica

10/03/2014

Tra euroscetticismo o euroconformismo è lampante il vuoto di rappresentanza. La lista Tsipras, se non ricadrà in nuove forme di autoreferenzialità, potrà colmarlo

L’entusiasmo per l’Unione europea è comprensibilmente in calo per il modo iniquo e controproducente in cui la si sta costruendo. Tuttavia, l’europeismo e la consapevolezza dei vantaggi dell’unificazione mantengono radici più diffuse nei cittadini di quanto i politici percepiscono. Si è creato un ulteriore carenza di rappresentanza democratica che la lista L’altra Europa con Tsipras potrebbe riempire.

Una recente sondaggio realizzato per la Commissione europea (Eurobarometro standard 80) rivela che per il 74% degli italiani, i 28 stati dell’Unione dovrebbero cooperare di più per risolvere i problemi che l’affliggono; il 65% ritiene che l’Italia non possa affrontare da sola le sfide della globalizzazione; il 53% è favorevole all’Unione economica e monetaria e il 50% crede che per il nostro paese non ci sia un futuro migliore fuori dall’UE (contro il 30% che lo ritiene possibile). Tuttavia una quota crescente di italiani, passata dal 46% al 55%, pensa che l’UE non stia andando nella giusta direzione ed è pessimista sul suo futuro; in particolare, essi ritengono che la disoccupazione sia il principale problema e (il 64%) che l’UE, fautrice delle politiche di rigore, non stia creando i presupposti per ridurla.

In definitiva, la maggioranza degli italiani è molto preoccupata per le politiche comunitarie e i loro effetti negativi; tuttavia, ribadisce la sua convinzione di fondo europeista, la convenienza del nostro paese a puntare sull’UE e la necessità di accelerane la costruzione, ma cambiando il modo di realizzarla.

La questione su cui riflettere è che queste valutazioni largamente diffuse tra gli italiani trovano una scarsissima rappresentanza nelle forze politiche presenti nel nostro Parlamento.

Come è noto, Forza Italia - che rappresenta circa un quarto dell’elettorato - ha posizioni tradizionalmente euroscettiche e il governo Berlusconi, non solo ha condiviso le politiche di rigore (che a parole critica), ma ha perfino ecceduto nel recepire le indicazioni della Commissione europea, inserendo addirittura nella Costituzione (non c’era l’obbligo) il vincolo del bilancio pubblico in pareggio.

Nel Partito Democratico - che nei sondaggi rappresenta quasi il 30% degli elettori - le posizioni a favore dell’unificazione europea sono generalizzate, ma tra di loro – pur con interessanti eccezioni – prevale l’adesione conformistica alla visione rigorista delle politiche comunitarie che giustamente preoccupa la maggioranza degli italiani. D’altra parte, le decisioni iperrealiste dei governi Berlusconi e Monti sono passate in Parlamento con i voti determinanti del Pd.

Grillo – le cui posizioni fanno testo per il Movimento 5 Stelle, i cui consensi nei sondaggi elettorali oscillano tra il 20 e il 25% - non solo vuole uscire dall’Euro e dall’UE, ma da ultimo vuole rompere anche l’unità d’Italia.

I piccoli partiti di destra e di centro - che sommati arrivano a circa il 15% - o sono contrari alla costruzione europea (come Lega e Fratelli d’Italia) o la vogliono realizzare condividendo le politiche di rigore (come NCD e UDC).

È in questo quadro contraddittorio tra le posizioni dei cittadini e quelle delle forze politiche che stiamo andando alle elezioni europee del 25 maggio; è in esso che s’inserisce la nuova lista L’altra Europa con Tsipras. Essa si è costituita per sostenere nel Parlamento europeo un programma che rigetta la controproducente logica economica del rigore (peraltro ipocritamente asimmetrica: i debiti generati dalle speculazioni e dall’insipienza degli istituti finanziari sono ripianati a carico dei bilanci pubblici e delle popolazioni che vengono costrette – ma solo loro – all’austerità); vuole cambiare i trattati intrisi della logica che ha portato alla crisi e ne impedisce la soluzione (a cominciare dal Fiscal compact che pende come la minaccia di una bomba atomica su qualsiasi possibilità di ripresa economica); intende rilanciare la crescita e l’occupazione su basi socialmente ed ecologicamente accettabili (perché le relazioni economiche, produttive e sociali dovrebbero essere funzionale all’interesse generale e al rispetto della natura di cui l’umanità fa parte); chiede per l’Ue istituzioni (anche economiche) democraticamente rappresentative, in grado d’interagire più efficacemente con i mercati e contrastarne le correnti speculative internazionali che arricchiscono pochissime persone a danno della generalità delle persone e dello sviluppo complessivo. Questo è un programma che, coerentemente a quanto chiede la maggioranza degli italiani (e dei cittadini europei), mira a generare benessere senza diseguaglianze, buona occupazione senza precarietà, sicurezza sociale e uno sviluppo che sia anche civile; un programma finalizzato a costruire un’Europa possibile: più forte e pacifica, più dinamica e solidale, unita e accogliente.

La distanza tra quanto la maggioranza degli italiani (e degli europei) pensa della costruzione europea e le posizioni euroscettiche o euroconformiste che prevalgono tra le forze politiche allarga il vuoto di rappresentanza democratica. Più in generale, se ancora persiste l’egemonia esercitata dagli interessi di parte e dalle ideologie che hanno generato la crisi, essa continua ad avere successo più tra i rappresentanti della politica che tra chi ogni giorno paga gli effetti della crisi.

L’altra Europa con Tsipras - che nasce rifiutando non la politica, ma il suo distacco dalla società favorito dagli opportunismi e dall’inadeguatezza di molti suoi “professionisti” - se non ricadrà in quelle patologie, in nuove forme di autoreferenzialità, nella riproposizione di logiche minoritarie e di personalismi, potrà colmare quel vuoto. Dovrà attrezzarsi per fare ciò che anche il senso comune inizia ad avvertire come necessario per superare una crisi epocale, cioè cambiare radicalmente i meccanismi che l’hanno creata e quelli che in Europa l’hanno accentuata; per farlo dovrà rivolgersi non solo alla limitata cerchia di chi queste cose già le condivide, ma alla generalità dell’opinione pubblica per convincerla che l’estremismo da battere è quello conservatore degli interessi ristretti e delle ideologie che hanno generato la crisi e stanno affossando l’Unione europea.

 

feliceroberto.pizzuti@gmail.com

 

 

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