Home / Sezioni / capitali / Se la Germania persegue i suoi interessi

facebook-link twitter-link

Newsletter

Registrati alla newsletter di sbilanciamoci.info

Sezioni

Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito

Se la Germania persegue i suoi interessi

21/02/2012

Dietro la rigidità tedesca sull'equilibrio di bilancio, c'è l'obiettivo di consolidare l'oligopolio della propria industria

Se la macroeconomia e il buon senso contraddicono le politiche europee, se una parte consistente degli economisti insiste su un diverso ruolo della BCE e dei bilanci pubblici, perché alcuni leader europei insistono su linee di politica economica estremiste? Soprattutto, perché la Germania impone a tutti gli stati europei l’equilibrio di bilancio (debito e indebitamento), con delle politiche deflattive senza precedenti, tanto da mettere a rischio l’euro, cioè una svalutazione (implicita) del marco pari al 40% del valore reale?

Forse dobbiamo vedere la realtà da un altro luogo. Se l’obiettivo della Germania e dell’area economica di suo interesse “industriale” puntasse a un nuovo equilibrio internazionale? La prima cosa da mettere a fuoco è la particolare struttura industriale tedesca, che riflette una struttura produttiva (soprattutto manifatturiera) sempre più multinazionale, che compensa gli elevati costi del lavoro con sofisticati fattori d’innovazione tecnologica continua e di organizzazione commerciale. Una struttura che ha beneficiato della svalutazione implicita del marco. Questa ha permesso alla Germania e alla sua area economica di riferimento di consolidare avanzi commerciali, pagati sostanzialmente dagli altri paesi europei.

In qualche misure l’industria tedesca deve affrontare il problema della competitività internazionale, ma si rende conto che le politiche adottate non sono più sufficienti. In particolare, la popolazione tedesca non sarebbe mai disposta a sostenere politiche deflattive come quelle adottate dall’Italia o da altri paesi europei. La stessa industria tedesca le troverebbe insopportabili perché incrinerebbe le buone relazioni sindacali e reddituali delle proprie maestranze. In altre parole, le politiche deflattive colpirebbero la classe media tedesca, il vero cuore della società tedesca. Soprattutto l’industria tedesca non potrebbe mai rinunciare al cuore oligopolistico della propria industria, la quale ha maturato vantaggi in tutti i settori produttivi di scala, assecondati da una ricerca e sviluppo senza pari in Europa, capace anche di anticipare la domanda. Si pensi alla green economy.

L’obbiettivo tedesco è quello di consolidare il proprio cuore oligopolistico, facendo leva su un’area economica integrata di subfornitura che rifornisce la propria industria a prezzi contenuti. In questo modo i prezzi finali dei beni e servizi tedeschi potrebbero compensare l’approfondimento della competizione internazionale, senza “intaccare” la condizione materiale dei propri cittadini. Non solo, l’avanzo commerciale della Germania, a questo punto non solo riferito all’Europa, continuerebbe ad essere pagato dall’UE, ma con un ruolo inedito della stessa Germania. Il consolidamento del settore dell’automotive tedesco, a discapito di quello di altri paesi europei, fotografa perfettamente il “potere” tedesco. In questo modo si può spiegare il no della Merkel alla proposta di Marchionne di acquistare l’Opel. Perché avrebbe dovuto accettare? In fondo la crisi del settore avrebbe dovuto suggerire un riequilibrio a livello europeo sul modello dell’aerospazio. L’idea era ed è un'altra. La Germania deve essere il cuore oligopolistico industriale europeo, mentre tutte le altre economie possono ambire a diventare soggetto privilegiato della subfornitura.

Quando Mario Monti afferma che l’accordo europeo (Fiscal Compact) è quello che l’Italia voleva portare a casa, oppure la richiesta esplicita del riconoscimento europeo e tedesco in particolare degli sforzi italiani, a cosa si riferiva? Lo stesso atteggiamento della Francia ed anche della Gran Bretagna sono poco omogenei. La Francia ha maturato un gap industriale con la Germania impressionante: meno 17% nella produzione industriale, sostanzialmente relativo ai beni strumentali. In altre parole la Francia, come l’Italia, non è più un partenr (industriale) tedesco. Può ambire a fere da subfornitura. Diverso è il ruolo finanziario e creditizio. Gran Bretagna e Francia accumulo tensioni, e l’idea della Tobin Tax è forse l’ultima di una lunga serie.

L’impressione delle policy adottate dai grandi della terra, Stati Uniti, Giappone, Germania, Cina, è quella di una battaglia senza esclusione di colpi. Sostanzialmente gli attori coinvolti agiscono in proprio. Come interpretare la spesa di 140 mld di dollari per rafforzare la struttura pubblica della ricerca, della scuola, delle infrastrutture, di Obama?

La crisi del 2007-2011 meritava un’azione coordinata a livello internazionale. In fondo è peggio di quella del ’29. Se non c’è stato coordinamento, forse dipende dalla distanza dei progetti degli attori economici internazionali coinvolti.

 

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti

germania e crisi

ringrazio per i complimenti positivi, ma anche quelli negativi o dubbiosi.
circa i vantaggi della germania, al ruolo dell'euro, così come la ricomposizione del tessuto produttivo, credo che i vantaggi della germania siano maturati durante il consolidamento dell'euro. quindi l'euro era ed è una condizione necessaria, ma forse non più sufficiente, per rafforzare il suo ruolo internazionale. questo vantaggio può essere perpetuato fino a quando ci sarà l'euro? forse, ma l'aspetto centrale dell'articolo non era l'euro, ma come strada facendo la germania abbia accumulato un vantaggio competitivo utilizzando anche l'euro. euro si o euro no, questo vantaggio della germania è presente e sempre più forte.
roberto romano

germania e grecia

Sono d'accordo con l'analisi esposta in questo articolo e mi permetto di segnalare un mio articolo su www.finansol.it sul rapporto fra quanto sta accadendo alla Grecia ed il benessere della Germania: “L’esempio della Grecia e il benessere della Germania (e il nostro)” pubblicato il 23 Febbraio 2012 su www.finansol.it, pag. http://www.finansol.it/?p=6178 .

analisi germania 2

Io invece continuo a non capire: tutti i vantaggi per la Germania della situazione attuale (moneta svalutata, concorrenza degli altri paesi europei debellata ecc.) valgono solo finchè regge l'euro. Ma se crolla e si torna alle valute nazionali?

analisi germania

molto interessante. in questo modo comincio a capire alcuni egoistici comportamenti della germania.
N. F.