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La Grecia alla prova del debito

31/01/2015

Allungare le scadenze e ridurre il livello dei tassi di interesse. Potrebbe essere questa la mediazione tra la Troika e il neogoverno greco

Dopo l’elezione del nuovo governo in Grecia si moltiplicano le analisi e le ipotesi su cosa si possa fare ora per superare i gravi problemi del paese.

Al centro dell’attenzione sta la questione del debito pubblico. Esso supera in questo momento, a valori di libro, i 320 miliardi di euro, ciò che corrisponde al 175% del pil. Di questi, i prestiti ricevuti a suo tempo dal paese da parte del fondo monetario internazionale e dell’eurozona ammontano a circa 227 miliardi di euro.

Apparentemente, a sentire le dichiarazioni ufficiali, il problema è insolubile. Da una parte i tedeschi, Juncker, la BCE e altre voci più o meno ostili sostengono che la cancellazione o il taglio del debito sono esclusi, dall’altra il nuovo governo greco chiede appunto, per lo meno, una riduzione del fardello.

Ma al di là delle schermaglie formali e degli arroccamenti di facciata, o, in qualche caso, delle reazioni scomposte verso la questione da parte dei diversi spiriti talebani che si aggirano nei dintorni, noi pensiamo che il problema sia facilmente risolvibile con poco sforzo; questo non significa evidentemente, peraltro, che lo sarà effettivamente.

D’altro canto, pensiamo anche che siano altri i problemi che il nuovo governo si troverà ad affrontare, che sono poi, nella sostanza, quelli di come far ripartire l’economia e di come sanare alcune delle piaghe sociali più gravi del paese, sottoposto sino ad ora ad una cura devastante e senza senso, ma anche messosi a suo tempo nei guai sostanzialmente da solo. Ma di queste questioni non ci occupiamo in queste brevi note. Torniamo al tema del debito. Come stanno effettivamente le cose?

Noi pensiamo intanto che, certamente, la via più limpida ed onesta per risolvere il problema sarebbe quella di tagliare puramente e semplicemente ed in maniera rilevante il livello del debito. Ma si tratta di una via politicamente impraticabile a livello internazionale e tentare di percorrere questa strada non porterebbe da nessuna parte.

Non resta che ripiegare su di una seconda strada, più obliqua, ma operativamente più fruttuosa.

A questo punto bisogna fare una digressione. Non bisogna confondere l’aspetto contabile del debito da quello finanziario.

Supponiamo che qualcuno abbia un debito di 1000 euro, somma che dovrebbe restituire l’anno prossimo; se il creditore concedesse a tale soggetto la possibilità di rimborsarlo, invece dell’anno prossimo, dopo 10 anni, dal punto di vista contabile-nominale il valore del debito rimarrebbe sempre di 1000, ma dal punto di vista finanziario le cose cambierebbero molto.

Per la tecnica finanziaria 1000 euro oggi non sono la stessa cosa che 1000 euro domani. Sotto questo aspetto, il valore attuale del debito, dopo lo spostamento della scadenza, sarà ormai soltanto di 300, 400 o 500 euro (un terzo o la metà della somma precedente), a seconda del tasso di interesse applicato al caso specifico. In effetti saranno queste le somme ipotetiche che il creditore riceverebbe se volesse vendere oggi sul mercato la somma prestata non volendo attendere la scadenza naturale del prestito.

A questo punto bisogna ricordare che, più o meno tacitamente, tutti sanno bene e da tempo, compresa la Merkel, Weidman, il fondo monetario internazionale, i funzionari di Bruxelles, nonché la BCE, che la Grecia non sarà mai in grado di restituire con denaro vero i prestiti che le sono stati a suo tempo concessi; essi non pretendono peraltro nei fatti neanche che il paese lo faccia.

In effetti i soggetti sopra citati, avendo ben presente tale punto e temendo, d’altro canto, che un’uscita della Grecia dall’euro, unica alternativa alla rinegoziazione del debito, potesse portare a delle conseguenze imprevedibili, hanno in passato e per ben due volte accettato di allungare le scadenze e di ridurre il livello dei tassi di interesse.

A questo proposito, qualcuno ha calcolato che, ormai, l’incidenza reale del debito greco sul pil si aggiri sull’80-85% e non sul 175% nominale. Così l’idea di fondo della troika in questa partita, cosa che naturalmente nessuno dichiarerà mai ufficialmente, è quella di mantenere fermo il valore contabile-nominale del debito perché nessuno debba perdere la faccia e perché tutti possano continuare a non registrare perdite nei loro bilanci; ma, d’altro canto, di rassegnarsi nei fatti a continui rimandi nelle scadenze e a tagli negli interessi; e questo sino a quando il problema del debito si risolva da se, a poco a poco, con il tempo. Forse la Grecia ogni tanto, quando potrà, pagherà qualche rata in scadenza e tutti saranno felici e contenti, almeno speriamo.

Del resto c’è persino un nome ufficioso nel gergo finanziario internazionale per qualificare l’atteggiamento reale della troika verso il debito greco: extend and pretend, cioè allunga le scadenze e fai finta che tutto è come prima; naturalmente, tra qualche anno, ci sarà presumibilmente e con il minore clamore possibile qualche ulteriore allungamento dei tempi.

Ovviamente la nostra analisi potrebbe risultare sbagliata, qualche incidente di percorso potrebbe deviare i contendenti dall’obiettivo di un accordo, qualche folle si potrebbe mettere di traverso; ma se gli interessati si comporteranno ragionevolmente, un accordo dovrebbe essere a portata di mano.

Questo non significa ovviamente, peraltro, che a questo punto i problemi dell’euro siano risolti.

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Commenti

insieme alla Germania...

Sembra che la capacità di risolvere i problemi sia inversamente proporzionale alla semplicità della soluzione, che è indicata chiaramente da Comito in questo articolo con il quale concordo pienamente. Va solo aggiunto un fatto: non sarà solo la Grecia che non pagherà mai i suoi debiti. Nessuno lo farà: basta che tutti continuino a pagare gli interessi alle cadenze prestabilite. O qualcuno pensa che la Germania, prima in Europa per dimensioni assolute del debito pubblico (2.147 miliardi di euro), un bel giorno tirerà fuori una cifra così esorbitante? La soluzione per il problema della Grecia sta dunque nel permetterle di pagare gli interessi a un tasso non determinato dai "mercati", ma concordato con BCE e banche centrali (che acquisteranno titoli graci trentennali all'1,5%, per esempio).