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La lavapiatti polacca. Merloni e il caso della Indesit di None
Indesit ha deciso di chiudere il sito di None (Torino) e di spostare la produzione nell’Europa dell’Est, aprendo un nuovo stabilimento in Polonia. Anna Trovò, segretario nazionale Fim Cisl, qual è il suo giudizio?
L’azienda ha già in questi anni riorganizzato la sua attività specializzando degli stabilimenti, ma ha sempre mantenuto la produzione in Italia. Anche la crescita nell’Est Europa non ha comportato mai dei sacrifici alla produzione italiana. Questa è la prima volta che Indesit decide di delocalizzare la produzione.
Perché proprio oggi?
L’azienda ha motivato la decisione con la crisi del settore, ma la scelta di spostare lo stabilimento in Polonia è stata presa troppo rapidamente e dopo un solo anno di bilancio negativo. Giustificazioni inaccettabili per il sindacato. L’azienda punta infatti ad abbassare i costi di produzione scegliendo la Polonia per i prezzi più bassi del fattore lavoro, dell’energia, delle materie prime acquistate dall’indotto, oltre alle agevolazioni fiscali.
Cosa propone il sindacato?
Di puntare allo sviluppo e trovare dei compromessi per mantenere la produzione in Italia. Ad esempio riducendo i volumi di produzione o ricorrendo ai contratti di solidarietà. Questo è importante perché queste giustificazioni che valgono oggi per None potrebbero valere domani per altri siti.
Finora il sindacato ha avuto buoni rapporti con l’azienda.
Sì, ma c’è stata un’evoluzione negativa. Dopo l’ultimo incontro in cui è stata ufficialmente comunicata la chiusura dello stabilimento di None non si è fissato un nuovo incontro. Nelle assemblee con i lavoratori è emersa la preoccupazione per questa interruzione dei rapporti da parte dell’azienda che ha comunicato solo l’intenzione di continuare la produzione fino a maggio. Dai fornitori siamo venuti a conoscenza della dismissione degli ordinativi, ma di nessun programma definitivo.
Vi siete rivolti al ministero dello Sviluppo economico?
Sì, l’esecutivo ha già dato risorse al settore elettrodomestico che, seppur inadeguate e inutili, evidenziano la consapevolezza sui problemi del settore. Per questo chiediamo al ministero misure di supporto che evitino la chiusura dello stabilimento di None.
Aspettando le risposte del governo il sindacato cosa può fare?
Venerdì 20 marzo ci sarà una manifestazione nazionale a Torino con i delegati dei vari stabilimenti. Il problema non è solo con Indesit, c’è anche un problema con il territorio già molto provato dalla crisi del settore auto e in cui ci sono già tanti altri settori in crisi. Per questo parlare di opportunità occupazionali è difficile. Inoltre lo stabilimento di None occupa molte donne e lavoratori di età molto bassa, quindi non chiuderlo è un atto di responsabilità non solo dal punto di vista economico ma anche sociale.
18 marzo 2009
Francesca Romana Nesci