Home / Sezioni / capitali / «Il potere di Draghi si ferma a Karlsruhe»

facebook-link twitter-link

Newsletter

Registrati alla newsletter di sbilanciamoci.info

Sezioni

Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito

«Il potere di Draghi si ferma a Karlsruhe»

05/12/2014

Euro manovre/Intervista al giurista Agustìn José Menéndez: per i giudici tedeschi e la Bundesbank il valore fondamentale è la stabilità monetaria

«Di fronte alla politiche di austerità serve una resistenza nel nome del patrimonio costituzionale comune dell’Europa», sostiene Agustín José Menéndez, giurista spagnolo, ricercatore del Centro di studi europei dell’Università di Oslo. Autore di numerosi studi (in italiano è apparso La peculiare costituzione dell’Unione europea, Firenze University Press, scritto con John Fossum), è uno dei curatori di una fondamentale raccolta di testi legali – trattati, direttive, sentenze – relativi alla crisi economico-finanziaria (scaricabile dalla pagina: www.sv.uio.no/arena/english/research/publications/publications-2014/menendez-losada-legal-texts-v1-170914.pdf ). Quel patrimonio comune è «amministrato» dalle Corti costituzionali nazionali e dalla Corte di giustizia dell’Ue, attori della complessa vicenda politica europea che è necessario non perdere di vista.

«Uno dei passaggi fondamentali di questa fase – ragiona Menéndez – è stato a febbraio, quando la Corte costituzionale tedesca si è pronunciata sui piani della Bce annunciati nel famoso discorso di Mario Draghi a Londra, quello del «whatever it takes», nel luglio 2012 (la possibilità di attuare le Omt, «operazioni monetarie definitive», le misure concrete in cui consiste la «salvaguardia dell’euro con ogni mezzo», cioè l’acquisto di titoli del debito pubblico, ndr). I giudici di Karlsruhe hanno detto che i piani del governatore sono incompatibili non solo con la Costituzione tedesca, ma anche con i trattati europei, perché la Bce non può fare politica fiscale. Per arrivare a questa conclusione, la Corte ha reinterpretato completamente la propria giurisprudenza, assumendo che il valore fondamentale della Costituzione tedesca, quando si tratta di questioni europee, è la stabilità monetaria. Bisogna cogliere il passaggio in tutta la sua portata: il nuovo canone di costituzionalità di Karlsruhe in tema di Europa ruota attorno al valore della stabilità della divisa. Peccato che nessuno sappia davvero cosa significhi stabilità monetaria: è un concetto problematico, senza contenuto oggettivo. Ciò che attualmente si interpreta come stabilità monetaria ha dimostrato ampiamente che non porta con sé stabilità finanziaria.

Quindi, secondo lei, la sentenza di Karlsruhe è un’ipoteca pesante sull’efficacia del piano di Draghi per affrontare la crisi e riattivare l’economia?

Certamente. La Corte tedesca ha assunto una decisione di enorme rilievo politico, non senza una discussione interna: c’è stata l’opinione dissenziente di una giudice che ha sostenuto che non avrebbero dovuto decidere nulla per evitare il rischio di determinare, attraverso una sentenza, una situazione politica che rischia di determinare la fine dell’Unione monetaria. Ma è finita in netta minoranza, e i suoi colleghi hanno deciso eccome.

Eppure quella decisione era stata interpretata da più parti come una dimostrazione di self restraint di Karlsruhe, perché aveva scelto di mandare le carte a Lussemburgo, alla Corte di giustizia Ue.

Attenzione. È vero che i giudici tedeschi hanno chiamato in causa la Corte Ue attraverso il rinvio pregiudiziale, ma avendo di fatto già risolto il caso: e non solo dal punto di vista del diritto tedesco, ma anche da quello comunitario! In sostanza, Karlsruhe ha detto ai giudici europei come va interpretato correttamente il diritto della Ue, accusandoli implicitamente di non saperlo fare. Il punto di forza del tribunale tedesco è che effettivamente la Corte Ue ha dato pessima prova di sé con l’incomprensibile e confusa sentenza Pringle (C-370/12) che risolveva un ricorso irlandese contro il Meccanismo europeo di stabilità, il cosiddetto fondo salva-stati. Ma anche prescindendo da quest’ultimo «dettaglio», il punto importante è che quando la Corte Ue si sarà pronunciata sulla questione pregiudiziale sollevata da Karlsruhe (l’udienza è stata il 14 ottobre, ndr), la causa tornerà in Germania per essere risolta definitivamente. Ma i giudici tedeschi hanno, di fatto, già anticipato il loro orientamento, dicendo che secondo loro il «whatever it takes» di Draghi non è conforme alle regole: quest’opinione ora grava come un’enorme spada di Damocle sui magistrati europei.

Qual è la sua lettura sul piano politico di queste mosse di Karlsruhe?

C’è stato un compromesso fra i giudici tedeschi sull’idea di guadagnare tempo per consentire ai governi e alla Bce di assumere scelte che riducano la portata dello scontro in atto. Quello che la Corte tedesca non accetta è che Draghi faccia politica fiscale al di fuori di ogni controllo democratico: spera, dunque, che siano i governi ad agire in modo che la Bce non debba attivare il meccanismo delle Omt. Un meccanismo che può funzionare solo se Draghi annuncia acquisti illimitati di titoli pubblici: ma l’assenza di limite è ciò che i giudici tedeschi – e la Bundesbank – non accetteranno mai. E se la potenza di Draghi ha un limite, il «whatever it takes» muore e si spalancano di nuovo le porte agli attacchi degli speculatori.

L’ostilità tedesca nei confronti della Bce come attore della politica fiscale ha due componenti fondamentali, molto diverse fra loro: c’è quella di destra, di chi non vuole che i propri soldi vadano ai fannulloni del Sud, e quella di sinistra, di chi non vuole che Francoforte faccia politica al di fuori di qualunque controllo democratico. Per la sinistra della periferia diventa difficile posizionarsi...

Capisco, ma credo che non si debbano confondere due ideologie apparentemente simili, ma in realtà diverse: ordoliberalismo e neoliberismo. Chi oggi in Germania contrasta Draghi «da destra», lo fa in nome dell’ordoliberalismo e non del neoliberismo: crede, cioè, nel ruolo dello stato come creatore dell’ordine artificiale del mercato, combattendo l’idea che il mercato sia un ordine naturale che si regola da sé. Ed è a favore di rigide norme anti-trust. Perciò, la destra «anti-Draghi» ha elementi in comune con la sinistra: essenzialmente, una giusta diffidenza strutturale nei confronti della concentrazione di potere economico-politico nella Bce. Non solo. Un punto di vista comune c’è anche nel non considerare le attuali misure adottate in sede europea, con il consenso determinante della Bce, come forma di solidarietà: i piani di assistenza finanziaria ai Paesi in crisi dell’Eurozona non hanno nulla a che vedere con la solidarietà verso quei Paesi, perché i soldi finiscono tutti o quasi nelle casse delle banche e, quindi, dei creditori tedeschi, francesi e olandesi. Nel caso di Cipro, dove i creditori erano prevalentemente russi, non si è intervenuti. Non credo sia un caso.

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti

Assunto di base

Vorrei sottolineare che, in sostanza, il mio assunto, che mi ha indotto a lanciare una petizione per la messa in stato di accusa della BCE, prima alla Corte di Giustizia Europea (ma essa non può ricevere che ricorsi legali tramite un avvocato, se si è ricevuto un danno diretto da atti o omissioni della BCE) e poi obtorto collo al Parlamento Europeo – e mi sorprende che neppure un giurista come Agustìn José Menéndez e i promotori degli inefficaci appelli e i tanti commentatori lo colgano – è che, pur nel fisiologico divenire dei rapporti di forza nel contesto di un organismo giovane come Unione Europea/Euro/BCE, senza legalità (cioè un sistema di riferimento giuridico codificato) prevale il più forte.
Esattamente come rileva oggi il Segretario di Stato Vaticano Parolin:
“Mafia Capitale, il cardinale Parolin: "Nell'illegalità, società dominata dal più forte"
6 dicembre 2014
http://www.repubblica.it/politica/2014/12/06/news/mafia_capitale_orfini_ozzimo_coratti_e_patane_autosospesi_pd-102250556/

Arroganza, acquiescenza e illogicità

L’arrogante Corte Cost. tedesca - ancorché non si sia limitata a presentare il ricorso alla Corte di Giustizia, ma abbia, in ben 40 pagine, indicate anche le soluzioni - non ha nessun potere di interpretazione dei trattati UE.
A norma di trattato UE e di Statuto della BCE (art. 35), l’unica Autorità sovraordinata alla BCE è la Corte di Giustizia Europea.
Il modo peggiore per contrastare gli arroganti è l’acquiescenza.
E’ illogico perciò accettare che la decisione della Corte Cost. di un singolo Stato – sia pure di quello più grosso - valga per tutta l’UE. Se i Tedeschi non sono d’accordo, possono rivolgersi, come hanno già fatto, al giudice naturale (la Corte di Giustizia) o recedere dai trattati. Tertium non datur.
PS: Come sto proponendo da mesi, e come indica il ricorso della Corte Cost. tedesca alla Corte di giustizia, ed anche come contraltare, la via maestra per uscire dall’attuale impasse è DENUNCIARE la BCE alla Corte di Giustizia per violazioni statutarie (art. 2-Obiettivi). (Cfr. “Allegato alla Petizione al Parlamento europeo: la Bce non rispetta il suo statuto” http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2821720.html ).

Ri-segnalo, sul tema degli OMT, questo commento che mi sembra interessante e forse dirimente (peraltro esso è in linea con le motivazioni addotte dalla stessa BCE):

nextville •
L'atto della BCE in questione è l'OMT, che non è un trasferimento di liquidità alle banche (come gli LTRO, che nessuno ha impugnato) ma un programma (per ora solo annunciato) di acquisto di titoli di stato sul mercato secondario. Dal punto di vista giuridico, la BCE non può fare acquisti sul mercato primario e in generale agire con lo scopo di finanziare gli stati (ex art.123 TFEU), ma può (ex art.18 ESCB Statute) fare acquisti di titoli di stato (e altri titoli) sul mercato secondario (cioè non direttamente alle aste pubbliche, ma sul mercato privato dei titoli già emessi) per ragioni di politica monetaria - es. per fare Quantitative easing. Ad es. può, per scongiurare un rischio deflazione, non solo abbassare i tassi ma anche aumentare la liquidità tramite acquisti sul mercato.
L'OMT è quindi legittimo se gli acquisti di titoli di stato dei paesi membri sono fatti sul secondario e giustificati da ragioni monetarie. La ragione portata dalla BCE a giustificazione dell'OMT non è un generico "to preserve the euro", ma è più precisamente l'esigenza (fortissima nell'estate 2012) di "riparare il meccanismo di trasmissione della politica monetaria" che aveva cessato di funzionare per l'interferenza del rischio di ridenominazione, cioè perché i mercati temevano che alcuni paesi deboli (tra cui Italia e Spagna) fossero costretti a uscire dall'euro e quindi fossero costretti al default sul loro debito (non essendo più in grado di pagarlo con una moneta destinata a rapida e pesante svalutazione). Questo genere di rischi crea un "bad equilibrium", cioè una situazione che si autoalimenta portando al disastro (= l'aspettativa che un paese sia costretto a uscire fa salire a tal punto i suoi tassi da generare l'evento). Per poter ripristinare la sua capacità di controllo sulla moneta tramite le tradizionali manovre sui tassi -- quindi per ragioni di politica monetaria (e non fiscale) -- la BCE ha minacciato di usare un potere che certamente ha (ex art.18 ESCB Statute) di fare acquisti sul mercato secondario di titoli di stato. Tale minaccia da sola è bastata a eliminare il bad equilibrium e a far tornare progressivamente i mercati alla normalità. E' proprio questo successo che dimostra che era in atto un bad equilibrium e che la BCE doveva sventarlo, perchè senza sventarlo non sarebbe più stata in grado di ottemperare al suo mandato primario, che è mantenere la stabilità dei prezzi.
http://studiocataldi.mailupnet.it/f/tr.aspx/?:5Um8d=wstwsu5:5h.=t2yyof-=bhfj/nvkiq3eni5cc40h2f709:fvb6qgma:gl:5c69&x=pv&o2mdnh8imo8cidc70:4mwuo_u10gbNCLM

Statuto BCE
Articolo 2 - Obiettivi
Conformemente agli articoli 127, paragrafo 1 e 282, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, l'obiettivo principale del SEBC è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo l'obiettivo della stabilità dei prezzi, esso sostiene le politiche economiche generali dell'Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell'Unione definiti nell'articolo 3 del trattato sull'Unione europea. Il SEBC agisce in conformità del principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un'efficace allocazione delle risorse, e rispettando i principi di cui all'articolo 119 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

Secondo l'articolo 105, paragrafo 1, del Trattato sull'Unione europea (poi art. 127), oltre all'obiettivo principale del mantenimento della stabilità dei prezzi il SEBC "sostiene le politiche economiche generali nella Comunità al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità" agendo "in conformità del principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza".
Tali obiettivi (definiti dall'articolo 2 del Trattato di Maastricht, poi art. 3 del Trattato di Lisbona, modificato) sono:
• uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche nell'insieme della Comunità
• una crescita sostenibile, non inflazionistica, che rispetti l'ambiente
• il raggiungimento e il mantenimento di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale
• la coesione economica e sociale
• la solidarietà tra stati membri.

Articolo 7 - Indipendenza
Conformemente all'articolo 130 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, nell'esercizio dei poteri e nell'assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dai trattati e dal presente statuto, né la BCE, né una banca centrale nazionale, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione, dai governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione nonché i governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle banche centrali nazionali nell'assolvimento dei loro compiti.

Articolo 21 - Operazioni con enti pubblici
21.1. Conformemente all'articolo 123 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, è vietata la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia da parte della BCE o da parte delle banche centrali nazionali, a istituzioni, organi o organismi dell'Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di settore pubblico o ad imprese pubbliche degli Stati membri, così come l'acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della BCE o delle banche centrali nazionali.

Articolo 35- Controllo giudiziario e materie connesse
35.1. Gli atti o le omissioni della BCE sono soggetti ad esame o interpretazione da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea nei casi ed alle condizioni stabiliti dai trattati. La BCE può avviare un'azione giudiziaria nei casi ed alle condizioni stabiliti dai trattati.
35.2. Controversie tra, da un lato, la BCE e, dall'altro, i suoi creditori, debitori o qualsiasi altra persona sono decise dai tribunali nazionali competenti, salvo nei casi in cui la giurisdizione sia attribuita alla Corte di giustizia dell'Unione europea.
35.3. La BCE è soggetta al regime di responsabilità previsto dall'articolo 340 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Le banche centrali nazionali sono responsabili conformemente alle rispettive legislazioni nazionali.
35.4. La Corte di giustizia dell'Unione europea è competente a giudicare in virtù di una clausola compromissoria contenuta in un contratto di diritto privato o di diritto pubblico stipulato dalla BCE o per suo conto.
35.5. La decisione della BCE di portare una controversia dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea è presa dal consiglio direttivo.
35.6. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha giurisdizione nei casi di controversia relativi all'adempimento da parte di una banca centrale nazionale di obblighi derivanti dai trattati e dal presente statuto. La BCE, se ritiene che una banca centrale nazionale non abbia adempiuto agli obblighi derivanti dai trattati e dal presente statuto, può formulare un parere motivato sulla questione dopo aver dato alla banca centrale nazionale di cui trattasi l'opportunità di presentare osservazioni.
Se la banca centrale nazionale in questione non si conforma al parere entro il termine fissato dalla BCE, quest'ultima può portare la questione dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea.

https://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/c_32620121026it._protocol_4pdf.pdf