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Perché le banche non fanno il loro mestiere

14/02/2014

Banche da legare/8 Perdite superiori a quelle dichiarate, nessuna riforma strutturale del sistema e bilanci peggiorati dall'austerity

La Bce riferisce che i prestiti alle imprese e alle famiglie nell'eurozona, soprattutto nei paesi della periferia, continuano a crollare, registrando il calo più drammatico da più di vent'anni a questa parte, alla faccia della tanto sbandierata ripresa: -2.3% in media rispetto all'anno precedente. Particolarmente critico il dato che si riferisce alle imprese: -3.9%.

I dati per l'Italia sono da bollettino di guerra: Bankitalia parla di un calo dei prestiti alle imprese del 6% (il dato peggiore degli ultimi dieci anni), mentre i mutui concessi alle famiglie hanno fatto registrare una flessione dell'1.2% su base annua. Confindustria aggiunge che la caduta è stata finora del 10.5% dal picco del settembre 2011, pari a 96 miliardi, e che per il 2014 la contrazione sarà di altri otto miliardi. Come se non bastasse, come ha denunciato recentemente la Cgia di Mestre, i pochi finanziamenti erogati vengono concessi solo alle grandi imprese.

Molti si chiedono come sia possibile che nonostante la colossale somma di denaro pubblico messa a disposizione dai governi europei per salvare le banche in seguito alla crisi finanziaria – almeno 4.600 miliardi di euro tra il 2008 e il 2010, secondo i dati della Commissione europea, a cui bisogna sommare i mille miliardi di euro circa di prestiti a bassissimo tasso d'interesse erogati dalla Bce – queste si ostinino a non prestare, o a farlo solo a tassi da usura. Le ragioni sono molteplici. Sono tre le considerazioni da fare. La prima è che la somma di denaro in questione, per quanto enorme – a essa infatti si può ascrivere in buona parte l'aumento del debito pubblico nei paesi della Ue nel triennio 2008-10 e dunque anche la successiva crisi del debito sovrano, in un processo che giustamente è stato definito da molti una «socializzazione del debito privato delle banche», se non un vero e proprio «colpo di stato» - rappresenta poco più di una goccia nell'oceano sommerso della finanza. Considerando le dimensioni del settore bancario europeo (350% del Pil), la sua propensione al gioco d'azzardo (per mezzo di derivati e quant'altro) e la sua capacità di occultare i debiti trasferendoli nel cosiddetto «settore bancario ombra», è naturale presupporre che le perdite sostenute dalle banche in seguito alla crisi del 2008 siano ampiamente superiori a quelle dichiarate, e che i trilioni di euro di aiuti statali abbiano rappresentato poco più di una toppa. Secondo un recente studio, infatti, le banche europee sarebbero ancora sottocapitalizzate di circa mille miliardi di euro. Ma si tratta sempre di stime.

Quello che serve (e che manca) è anzitutto trasparenza. Questo ci porta alla seconda considerazione. Ossia che dal 2008 ad oggi non è stata effettuata nessuna riforma strutturale del sistema per rimettere le banche al servizio dell'economia reale. Infatti apprendiamo che le banche europee hanno ripreso a scommettere sui mutui subprime americani, hanno ricominciato a cartolarizzare i loro mutui a rischio, distribuendo così i rischi nel sistema e continuano a giocare d'azzardo sul mercato dei derivati (che infatti si stima essere cresciuto di valore dal 2007 ad oggi). La terza considerazione è che la cura letale della repressione fiscale promossa dalla troika Ue-Bce-Fmi sotto la pressione di Berlino non ha fatto che acuire la recessione nei paesi della periferia, peggiorando i bilanci delle imprese (che fanno sempre più fatica a ripagare i debiti contratti con le banche) e di conseguenza i bilanci delle banche stesse, rendendole così ancora più restie a prestare soldi (indifferentemente dalle flebo dei governi e della Bce per tenerle in vita). Gli ultimi dati parlano di un aumento del 22.7% dei crediti di difficile riscossione nel 2013, pari all'incirca a 150 miliardi di euro (Bankitalia stima che possano arrivare presto a 300).Complessivamente le sofferenze adesso corrispondono al 10.5% dei prestiti bancari.

In conclusione, risulta evidente che siamo in presenza di un circolo vizioso, e che affidarsi alle banche per uscire da un crisi provocata dalle banche stesse (senza neanche cambiare le regole del sistema finanziario) è un controsenso. In un momento in cui l'economia ha un disperato bisogno di liquidità, è la politica che deve farsi carico di rimettere in circolazione il denaro, per mezzo di politiche fiscali espansive. Ma questo è un altro discorso.

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Commenti

Le banche sono un servizio.

Come la crescita del PIL serve a coprire le deficienze delle gestioni precedenti, in modo che la presente si spera sia mascherata dalla prossima (crescita che non c'è più ), le privatizzazioni sono un contributo alla confusione necessaria, una distrazione dal problema senza ovviamente affrontarlo. In particolare, privatizzare i servizi costituisce uno degli aspetti più negativi nell'economia moderna perché contravviene alle leggi di mercato dove tutti devono operare in regime di corretta concorrenza. Cedere o dare in concessione un servizio significa concedere una rendita sicura e senza concorrenza in quanto il servizio, essendo indispensabile, deve essere ottenuto a prescindere dal prezzo. I detentori delle rendite se ne guarderanno bene dallo spendere in investimenti ma guarderanno soprattutto al guadagno. Da miopi, perché la loro cultura non è imprenditoriale non capiscono che con nuovi investimenti potrebbero guadagnare ancora di più. L'Italia delle rendite dei sali e tabacchi, delle cartine per sigarette e via via tirando a campare, si è incollata al piede una palla gigantesca. Che ora vorrebbe rinforzare perché ancora una volta non capisce che investendo...Piccolo dettaglio, l”imprenditore” sulla rendita ci deve applicare il suo disturbo e il servizio privato costerà di più di quello pubblico. Che la gestione privata sia più efficiente e più economica di quella pubblica non è un motivo né è sempre vero. Se la gestione pubblica inefficiente premia gli affossatori con buone uscite milionarie invece che con il dovuto castigo...forse c'è qualcosa da rivedere.
Se con tutto ciò, ci sono capitali privati disposti a partecipare al festino, se ci sono capitali per sponsorizzare....forse l'amministrazione non è al corrente..ma i capitali evidentemente ci sono e il fisco dovrebbe approvvigionarsene con una ben graduata progressività.
Se lo stato fornisse tutti i servizi, dalla scuola al finanziamento, l'iniziativa privata sarebbe veramente libera di produrre e trarre profitto dalla proprie capacità imprenditoriali. Vedremmo cambiare rapidamente il rapporto produzione-burocrazia. Sarebbe troppo impegnativo. Sono sicuro che si continuerà così a scambio di favori e ricompense a insaputa.