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Mercati, ridiamo la moneta allo Stato

25/07/2014

Per superare il monopolio delle banche centrali i titoli di Stato dovrebbero funzionare non solo come riserva di valore ma anche come strumento di pagamento

Nel sistema economico attuale la moneta che definiremo “pubblica” è creata da banche centrali indipendenti dal potere politico, mentre lo Stato non può stampare moneta ma può agire esclusivamente attraverso il debito, un tipo di intervento che alla lunga può diventare insostenibile. D’altra parte, le banche private per mezzo del credito hanno la possibilità di creare liberamente una moneta che si può considerare di origine “privata”. Più precisamente, quando c’è crescita le banche private tendono a concedere prestiti molto generosi amplificando l’espansione, ma quando scoppia una crisi queste banche esasperano le difficoltà poiché in presenza di aspettative negative restringono il credito e quindi riducono l’offerta di moneta all’economia reale. E’ proprio durante una crisi che diventa cruciale il ruolo della moneta pubblica per sostenere l’economia.

Ma chi ha detto che il monopolio dell’emissione di moneta pubblica in capo alla banca centrale rappresenta il sistema più efficiente per contrastare una crisi? Perché lo Stato non può creare moneta in una fase di crisi? Se consideriamo il patrimonio economico e la legittimazione democratica, lo Stato è in grado di dare garanzie ben maggiori sul valore della moneta rispetto alle banche centrali che possiedono lingotti d’oro e non hanno nessuna responsabilità sociale.

Se lo Stato creasse moneta la banca centrale ne perderebbe il monopolio. Per questo la proposta che abbiamo fatto è eversiva: i titoli di Stato dovrebbero funzionare non solo come riserva di valore ma anche come strumento di pagamento e cioè dovrebbero circolare ed essere scambiati sul mercato per finanziare spese correnti e in conto capitale.

Eppure vi sono esperienze storiche in cui lo Stato ha creato la moneta: ai tempi di Abraham Lincoln negli Stati Uniti e con Hjalmar Schacht, Ministro dell’Economia nonché Presidente della Reichsbank nella Germania degli anni trenta.

Il presidente Lincoln aveva bisogno di denaro per finanziare la guerra civile e i banchieri internazionali gli offrirono un prestito al 24-36% di interesse; Lincoln rifiutò la loro richiesta perché non voleva gettare la nazione in un debito insostenibile e avanzò una proposta al Congresso affinché approvasse una legge che autorizzasse a stampare banconote del Tesoro degli Stati Uniti. Così Lincoln ignorò le pressioni dei banchieri e fece stampare oltre 400 milioni di dollari per pagare i soldati e gli impiegati e per comprare le forniture per la guerra. Le banconote statali permisero di finanziare le spese militari dell’esercito nordista che nel giro di un paio di anni riuscì a prevalere sulla confederazione sudista.

Oggi dobbiamo considerare la possibilità di superare il monopolio delle banche centrali che, essendo indipendenti dai governi democraticamente eletti, non hanno alcuna responsabilità sociale e lavorano con altri obiettivi rispetto a quello di assicurare il benessere collettivo. Al riguardo Marx scrisse: "La Banca d’Inghilterra, fondata nel 1694, cominciò col prestare il suo denaro al governo all’otto per cento; contemporaneamente fu autorizzata dal parlamento a batter moneta con lo stesso capitale, tornando a prestarlo un’altra volta al pubblico in forma di banconote. Con queste banconote essa poteva scontare cambiali, concedere anticipi su merci e acquistare metalli nobili. A poco a poco divenne inevitabilmente il serbatoio dei tesori metallici del paese e il centro di gravitazione di tutto il credito commerciale".

Mettere in discussione il monopolio della banca centrale è un'idea che va contro tutte le convinzioni dominanti. Però, non possiamo nasconderci che in questa fase di crisi prolungata il sistema attuale non sta funzionando: gli Stati non possono continuare a espandere l’indebitamento per creare lavoro e assicurare un reddito dignitoso a tutti poiché il costo del debito impedisce l’espansione dell’economia. Il debito pubblico è diventato ormai una forma di schiavitù che sta mettendo a rischio l’esistenza dello stato sociale e la possibilità di realizzare una convivenza civile nella maggior parte delle società occidentali.

Se fosse emessa una moneta statale – i titoli pubblici lo potrebbero essere – verrebbe intaccato il monopolio della Banca centrale europea, colpendo alle fondamenta l’edificio della moneta unica. Sarà la storia a dire se l’euro riuscirà a sopravvivere senza che vi siano cambiamenti radicali, oppure se sarà destinato a crollare sotto il peso di una disoccupazione e di una povertà insostenibili.

 

 

 

 

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Commenti

moneta

dimenticate che gli stati posseggono le riserve auree al contrario delle banche private
il potere di stampare moneta e di detenere le riserve auree deve essere bilanciato altrimenti crolla....

limiti dello sviluppo e moneta

Il problema reale che io vedo è la contraddizione crescente fra ciò che
sarebbe necessario fare per il benessere generale e ciò che conviene al
sistema finanziario. Inoltre è anche vero che la finanza pubblica italiana
è stata troppo allegra e sconsiderata - sostenendo il welfare a debito e
spendendo male i fondi in opere inutili e/o fallimentari - e ora ne paghiamo
le conseguenze. Per di più permangono in Italia situazioni di privilegio
che, ben note anche all'estero, fanno buon gioco per farci trattare come
gente che "prima di tutto deve fare pulizia in casa propria".

Partendo dal primo punto, in molti paesi "sviluppati" si sono raggiunti i
limiti dello sviluppo "classico". Per varie ragioni (scarsità di risorse
interne, forte antropizzazione, ricchezza e fragilità del territorio,
consapevolezza dei diritti) il nostro è uno dei primi, o forse proprio il
primo a cozzare contro questi limiti, che sono limiti allo sfruttamento
possibile sia del territorio che della forza lavoro. Se non riusciamo, e
forse non possiamo più, a gestire acciaierie a ciclo integrale - anzi dovremo
pagare le spese di ripristino - non possiamo neppure pagare la manodopera a
livelli da fame, mettendo fra l'altro in crisi il commercio e il mercato
interno. Rimangono la solita edilizia e la leva tecnologica, ma su
quest'ultima non si è investito abbastanza anche per ragioni culturali; e lo
sviluppo tecnologico procede per cicli decennali, per di più in un ambiente
globalizzato molto agguerrito, non si genera a piacimento.

A questo punto, in realtà più sviluppo richiederebbe più sviluppo dei beni
comuni, ben più di quanto il mondo finanziario liberista ovviamente consenta
- che sono fra gli altri la sicurezza del territorio, i trasporti collettivi, ecc. - mentre lo sviluppo basato sostanzialmente sul consumo privato non è più riproponibile, almeno fino a quando la produzione avverrà in paesi a
basso costo del lavoro o ad alta tecnologia, per cui noi risultiamo attualmente perdenti; e come già detto sulla tecnologia potremmo recuperare,
ma su tempi lunghi. Noi non abbiamo neppure più un territorio dove si
possano realizzare grandi investimenti edilizi in stile estremo oriente.

Anche la green-economy, pur se positiva, di per se non è una panacea,
soprattutto se non si riesce ad equilibrare il rapporto import-export,
diventando "molto competitivi" visto che ci lavorano ormai quasi tutti i
paesi che abbiano un minimo di apparato industriale; la green-economy è fra
l'altro attualmente uno dei maggiori settori di interesse da parte del
grande business finanziario internazionale, in quanto ha un rapporto fra
"investimento iniziale/giro d'affari nel ciclo di vita" molto elevato, molto
di più che rispetto, per esempio, al ciclo energetico basato sui
combustibili fossili; quindi la green-economy non è più un "gioco da
ragazzi" o da "alternativi", ma una cosa estremamente seria. Per rendere
l'idea, una centrale eolica offshore oggi comporta un investimento di
qualche miliardo di euro; anche trasformare progressivamente in elettrico il
parco di veicoli circolanti è un business colossale, che richiede tecnologie
elevate e una forte sinergia fra università, centri di ricerca e aziende.

Ma anche paesi forti come la Germania quanto potranno reggere a un sistema
in cui la finanza privata - perché altro non sono, mi risulta, le banche
centrali dell'area euro - crea moneta dal nulla, la presta agli stati e se
la fa restituire, per di più con gli interessi, a spese dei taxpayer ?
Quindi: visti i limiti dello sviluppo materiale classico servirebbe comunque
più spesa sociale (non necessariamente spesa pubblica, ma sociale o
indirizzata la consumo sociale) e meno spesa privata; allo stesso tempo è
evidente che attualmente la spesa privata, almeno in Italia, arranca per il
circolo vizioso innescato dal debito pubblico, quindi non è certo
comprimibile.

Occorrerebbe quindi da una parte aumentare - e di molto - l'efficienza della
spesa sociale, combattendo in primis la corruzione e aumentando la qualità
della produzione a partire dai dirigenti e quadri preposti, e questo
dovrebbe essere l'obiettivo principale della sinistra; dall'altra uscire
dalla spirale del debito per gli investimenti sociali di tipo produttivo, in
cui lo stato dovrebbe effettivamente essere libero di "stampare moneta" in
qualche forma tecnicamente ragionevole, o comunque conseguibile anche con
uno scontro politico aspro, a fronte però della creazione di valore; e ciò
non sarebbe, mi risulta da profano, inflazionistico, qui sta il punto; anche
questo ora come ora sarebbe un obiettivo "rivoluzionario" per la sinistra;
investimenti che contribuirebbero comunque a rimettere in circolo liquidità
per riportare il livello dei consumi privati a valori accettabili; solo il
welfare dovrebbe - invece - essere ricondotto all'equilibrio entrate/uscite,
pur mettendo in conto uno scontro sociale che invece in passato si volle
calmierare a buon mercato, appunto contribuendo a creare debito pubblico;
equilibrio in passato violato a partire dalla concezione - negli anni '70,
con il consenso quasi generale - di un sistema di welfare, in particolare
pensionistico che ipotecava il futuro, supponendo appunto che la "crescita"
sarebbe stata "miracolosa", e che ora risulta del tipo "chi c'è c'è, chi non
c'è non c'è". Non ho dati sull'attuale; ma fra l'altro, non sarebbe un
segnale di ravvedimento intervenire anche retroattivamente sulle pensioni
che, sopra una soglia ragionevole, non sono in linea con i contributi
versati ? E non sarebbe anche un segnale anche eliminare i noti privilegi
dei dirigenti della regione Sicilia, che si autodeterminano retribuzioni e
pensioni, a costo di rivederne le clausole di autonomia ? Parlo di segnali
che dovrebbero segnalare appunto un cambiamento di direzione. Ricordo solo
due esempi di quando frequentavo l'Università, a fine anni '70; da una parte
l'ENEL ragionava in termini di raddoppio decennale dei consumi, quindi della
necessità di costruire centrali elettriche, che allora si proponevano
nucleari; dall'altra, a una mia domanda in merito al sistema pensionistico,
che personalmente trovavo insostenibile nel lungo periodo, un politico (o
sindacalista) mi rispose che si sarebbe retto sul fatto che i nuovi
lavoratori sarebbero cresciuti di numero e avrebbero avuto un reddito più
elevato, in modo da sostenere comunque le pensioni. Non è
andata esattamente così, e ora la Germania, che ha seguito un'altra strada,
ce la fa pagare, con gli interessi.

L'alternativa, ripeto, ovviamente perseguita dai "liberisti", è il
fallimento dello stato sociale, l'ulteriore de-industrializzazione, la
riduzione del welfare, la progressiva privatizzazione del territorio e delle
attività non solo produttive ma anche di assistenza alla popolazione, con
ovvie conseguenze sugli strati più deboli della popolazione e un ulteriore
impoverimento medio, altro che sviluppo.

La BCE sta contravvenendo al proprio statuto

Citazione: “banche centrali che, essendo indipendenti dai governi democraticamente eletti, non hanno alcuna responsabilità sociale e lavorano con altri obiettivi rispetto a quello di assicurare il benessere collettivo”.

La BCE, in particolare in questo periodo con un inflazione prossima allo zero ed un rischio di deflazione, sta contravvenendo al proprio statuto.

QUESITO APERTO A MARIO DRAGHI
Egr. Dott. Draghi,
Rilevo che, nel sito della BCE, [*] c’è stata una modifica recente e del link e del testo relativo alle funzioni. Riporto il passo della vecchia versione (ormai introvabile, ma che io conservo gelosamente): “L’obiettivo principale del Sistema europeo di banche centrali [...] è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Inoltre, “fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nella Comunità al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità definiti nell’articolo 2” (articolo 105, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea). Gli obiettivi dell’UE (articolo 2 del Trattato sull’Unione europea) sono un elevato livello di occupazione e una crescita sostenibile e non inflazionistica”.
Nella nuova versione modificata, viene enfatizzata anche per l’UE l’esigenza della stabilità dei prezzi. Infatti, come Lei sa,, non è vero che la BCE ha il compito esclusivo del controllo dell’inflazione. Essa ha anche quello di sostenere le politiche economiche generali dell’UE.
Il problema è che la Germania, che La ospita, oltre ad avere uno strapotere economico, industriale e commerciale, ha anche uno strapotere nell’interpretazione dello statuto BCE e nell’applicazione dei trattati. Questo strapotere ha avuto un’influenza sulla Sua decisione della modifica suaccennata?
Cordialmente,
V.

[*] Funzioni della BCE
http://www.ecb.int/ecb/orga/tasks/html/index.it.html
Link (e testo) sostituito da quest’altro:
http://www.ecb.europa.eu/ecb/tasks/html/index.it.html

(Tratto da: “Quesito aperto a Mario Draghi" http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2815556.html ).

risposta a massimo falchetta

gli esempi riportati stanno solo a dimostrare che "se po fa" solo che la forza di uno stato di necessità,come la patria in pericolo, diventa superiore alla forza di "dissuasione" delle banche/finanza solo in determinati momenti, appunto quelli citati.....ma che lo stato possa stampare moneta complementare è sacrosanto anche in regime euro.....il fatto che non lo si faccia è perchè si pensa che non si possa , e si pensa che non si possa perchè fa comodo alle banche che si pensi cosi' , cosi' continuano a farsi i loro sporchi interessi coi tassi da usura anche nei confronti dello stato (complice), che se solo volesse potrebbe chiudere questi loro privilegi dal'oggi al domani

Al limite del default

In pratica, gli esempi che portate (quello di Lincoln e quello tedesco/nazista del 1933-1936) si riferiscono a necessità belliche ! Ciò vorrebbe dire che solo una situazione estrema, o addirittura una guerra, può portare a cambiare registro, e per ora ci dobbiamo attendere un progressivo fallimento oltre che delle aziende private anche dello stato e una progressiva privatizzazione di quest’ultimo causa il suo indebitamento con le banche: salvo che nei paesi più forti perché socialmente coesi (Nord europei, Germania in primis); i quali riescono nell’esperimento di arricchire le proprie banche senza mandare in malora la popolazione (!).

In pratica a noi non è consentito perché dobbiamo restituire più soldi di quanto ormai sia possibile; e più ne dobbiamo restituire più dobbiamo chiederne in prestito, eccetera. Siccome questi finanzieri non sono stupidi, ci terranno “al limite della crisi” in modo da continuare a mungere la vacca senza costringerci a uscire dall’euro e risultare insolventi. Di fatto l’unica alternativa concessa alla “crisi permanente” è “finalmente” ridurre drasticamente lo stato sociale, privatizzando le sue prestazioni; ridurre l’importanza del settore pubblico, licenziando buona parte degli statali e amministrativi vari (per esempio: si potrebbero dare i servizi comunali in outsourcing a società che hanno il quartier generale alle Cayman e gli impiegati in Albania, collegati via web); far si che i beni nazionali vengano svenduti. Bisogna sperare solo che la crisi colpisca di brutto anche la Germania per cambiare registro.

Direi che siamo nella merda !