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Potrebbe andar peggio, potrebbe tornare anche l'inflazione

04/03/2009

Lo scrittore irlandese James Joyce, dopo aver pubblicato l’Ulisse, portò successivamente a compimento un altro formidabile impegno letterario dando alle stampe “Finnegans Wake” che richiese una preparazione così lunga da meritarsi la definizione di “lavori in corso”. La narrazione si svolge all'interno di un sogno del protagonista ed è priva delle normali regole della grammatica e della punteggiatura al punto che Stanislaus Joyce, fratello di James Joyce, definì il romanzo «l'ultimo delirio della letteratura prima della sua estinzione».
Incuriosisce ipotizzare in quale modo avrebbe definito il buon Stanislaus l’attuale crisi finanziaria. Probabilmente avrebbe ancora fatto uso del termine delirio rinunciando però all’uso del vocabolo estinzione giacchè, se è vero che in alcuni comparti della economia la crisi prosegue o è appena cominciata, con pesanti effetti in borsa, tra i peggiori -relativamente al primo bimestre- da 113 anni a questa parte (“The Dow has now fallen almost 20 percent in January and February, "the worst first two months of the year in its 113-year history," cfr Los Angeles Times 3 marzo 2009), in altri la tendenza sembra essere di una ripresa dei corsi collegata ad aspettative di inflazione che potrebbero manifestarsi più in là nel tempo. Nel secondo caso non ci riferiamo naturalmente al settore finanziario, le cui perdite continueranno a perseguitarci ancora a lungo e sono tuttora difficilmente stimabili, ma parliamo di quei comparti legati alla fornitura di materie di base i cui andamenti solitamente anticipano il verificarsi poi nel medio termine di mutamenti economici di una qualche rilevanza.
Da alcuni mesi infatti l’indice dei noli delle navi che trasportano le cosiddette “rinfuse” ossia prodotti quali carbone, minerali di ferro, cereali, fertilizzanti e cemento, ha ripreso a salire portandosi dal valore minimo di 663 toccato nel Dicembre 2008 a valori nell’intorno di 1.900 analoghi a quelli segnati nel 2003-2004. Ciò a testimonianza del fatto che, benché la situazione sia ancora recessiva, tanto nel comparto finanziario quanto nel comparto reale della economia, qualcosa sta però cominciando a modificarsi nelle aspettative del mercato. Cerchiamo di comprenderne le ragioni e sotto quali spinte ciò avvenga, partendo da una disamina della situazione con cui si è chiuso il 2008 e si è aperto il 2009.
Un rapporto della Fitch relativo al quarto trimestre 2008 e all’intero anno 2008, evidenza un marcato peggioramento delle valutazioni (rating) relative ai bond (obbligazioni) societari in circolazione sul mercato Usa. Il peggioramento ha coinvolto sia i soggetti emittenti più affidabili (investment grade) sia i soggetti meno solidi (speculative grade) . In particolare, su base annua, l’abbassamento del rating ha interessato il 21,7% dei bond considerati “investment grade” e ben il 34,2% dei bond in circolazione classificati come speculative grade (“Overall, downgrades affected 9.3% ($279.5 billion) of investment grade volume in the fourth quarter while upgrades affected 1.5% ($45.3 billion). On the speculative grade front, the effects of negative and positive changes were 16.8% ($112 billion) and 1.2% ($8.2 billion), respectively. For the full year, downgrades and upgrades affected 21.7% ($667.5 billion) and 4.0% ($121.8 billion) of investment grade bonds, respectively, and 34.2% ($224.4 billion) and 11.4% ($74.4 billion) of speculative grade bonds.” cfr FitchRatings “US Corporate Bond Market: A Review of Fourth-Quarter and 2008 Rating and Issuance Activity”)
Questi dati non stanno a testimoniare uno scadimento della qualità dei titoli in circolazione conseguente ad un ampliamento del mercato a nuovi emittenti di fascia –diciamo così- “meno pregiata”. Infatti le nuove emissioni di obbligazioni della seconda metà del 2008 hanno subìto una contrazione in volume del 65,9% rispetto alla prima metà dell’anno e la contrazione è stata del 30,4% nei dodici mesi 2008 rispetto a tutto il 2007. In altre parole se il comparto noli marittimi migliora non è che ciò avvenga perché ci sia in atto una ripresa economica riflessa nel miglioramento dei dati valutativi della capacità di autofinanziamento delle aziende, che semmai, come dimostrano i dati Fitch, soffrono sempre di più la congiuntura avversa.
Non è neanche possibile intravedere una seppur debole concordanza fra la crescita dei noli delle navi che trasportano rinfuse e le tonnellate/kilometro trasportate con vettori aerei (che invece trasportano prevalentemente beni già manufatti e di un certo pregio) giacchè i dati forniti da IATA parlano addirittura di un crollo del cargo aereo dell’ordine di oltre venti punti percentuali (“The International Air Transport Association (IATA) revealed that what it called an "alarming collapse" in cargo markets during December 2008 had worsened in January this year, with a 23.2% year-on-year demand drop. That compared with a 22.6% fall in December. January was the eighth consecutive month of contraction for IATA freight traffic.” cfr Transport Intelligence 2/3/2009).
Gli stessi dati parlano in particolare di una flessione che ha raggiunto il 28,1% nel caso dell’area Asia Pacific che costituisce poco meno della metà di tutto il volume di traffico mondiale e le cifre riguardanti questa regione del mondo non stupiscono, conto tenuto anche di quanto pubblicato in particolare in Cina dalle statistiche doganali di quel paese. In esse si parla di una caduta anno su anno a Gennaio 2009 del 17,5% delle esportazioni e del 43,1% delle importazioni (Dal CHINA DAILY 24 FEB 2009 “General Administration of Customs figures released yesterday showed exports plummeted 17.5 percent year-on-year, much sharper than the 2.8 percent fall in December. Imports fell even more dramatically, to 43.1 percent year-on-year. The combined foreign trade in January fell 29 percent year-on-year. Such a major decline in monthly foreign trade is rare in the 30 years of reform and opening up.” vedasi anche www.anesti.it >Link di Servizio>China Daily ).
In caduta del 43,7% in Cina sono anche gli utili delle 936 aziende quotate in borsa e di 56 aziende prese fra le maggiori del paese non quotate (“ The 936 listed companies that have announced their earnings estimates have indicated that they expect steep declines or losses in revenue for 2008. Including the 56 companies that have released their annual reports, the 992 companies realized net profits of 172.2 billion yuan in 2008, a 43.74 percent decline year-on-year, according to Tianxiang Investment Consulting Co.” cfr China Dayly ).
Sempre la stessa fonte esprime la volontà’ cinese di contribuire concretamente al sostegno della economia mondiale facendo uso delle proprie riserve valutarie accumulate in passato (“The government will use its abundant foreign exchange reserves to boost imports and domestic demand as part of its efforts to check the economic slowdown caused by the global financial crisis. A sharp fall in imports and exports in January, which included a weeklong Spring Festival holiday, has both puzzled and alarmed economists”). La Cina ha inoltre negoziato acquisti dai paesi della Unione Europea per 15 miliardi di dollari di beni strumentali e di consumo ed ha concesso a due società russe Transneft e Rosneft finanziamenti per complessivi 25 miliardi di dollari in cambio di 20 anni di forniture di petrolio (cfr FT February 18, 2009 page 2).
A questo punto ritorna legittima la domanda. Ma perché allora aumentano i noli dei trasporti delle materie necessarie alle prime lavorazioni industriali se questo è lo sconfortante quadro generale ? Una prima risposta può essere fornita dalla eliminazione dal mercato del trasporto del naviglio più vecchio e non economico. Ma tale risposta appare insufficiente se è vero come si legge da Reuters che “Il colosso brasiliano Vale, maggiore produttore mondiale di minerale di ferro, ha dichiarato che si aspetta di inviare in Cina la quantità record di 30 milioni di tonnellate di minerale di ferro entro il primo quarto del 2009” cfr Reuters 23 febbraio 2009). La stessa cosa sta avvenendo per gli acquisti e la movimentazione di altri materiali di base effettuati dalla Cina il cui trasporto ovviamente incide sul rialzo sui noli.
Il sospetto è che le autorità cinesi comincino a temere l’esplodere a breve di una imponente bolla inflazionistica mondiale causata da una contrazione degli investimenti di mantenimento nel campo delle materie prime e dei prodotti energetici in particolare. Secondo questa interpretazione la Cina avrebbe pertanto deciso di riprendere gli stoccaggi di materiali vitali al ciclo produttivo delle proprie industrie per non rimanere investita dall’onda contemporanea dell’aumento dei prezzi delle materie prime e da una domanda di mercato di beni manufatti ancora a lungo molto debole che non consentirebbe di trasferire immediatamente gli aumenti delle materie prime sui prezzi dei beni finiti. Ma che credibilità ha questa tesi dell’inflazione incombente ?
Essa esprime una preoccupazione esattamente analoga a quella manifestata apertamente giorni or sono da alcuni autorevolissimi esponenti che concorrono alle decisioni della Federal Reserve come il Presidente della Philadelphia Fed, Charles Plosser, che si è espresso al riguardo mettendo in guardia dai rischi che una politica monetaria, necessariamente aggressiva nel breve per contrastare la recessione, possa essere foriera nel medio termine di possibili forti e incontrollabili spinte inflazionistiche (“The Federal Reserve’s efforts to bolster credit markets and revive growth pose a long-term risk of provoking inflation and worsening other problems that must be solved quickly when the crisis wanes, Fed policy makers said. Central bank officials, after cutting interest rates almost to zero and more than doubling Fed assets to $1.9 trillion, should design an “exit strategy” that will enable them to steadily reduce credit, Philadelphia Fed President Charles Plosser said yesterday. He spoke at a New York conference that included economists and five other Fed district bank presidents…Ha aggiunto Plosser nell’occasione…“Inflation may surge unless the Fed can withdraw monetary stimulus in a timely manner and fulfill its mandate to keep prices stable. It is difficult to make credible commitments to price stability when the implementation of policy is disconnected from such an important policy objective. The absence of an exit strategy, or an entrance strategy, creates uncertainty.” cfr Feb. 28 2009 Bloomberg).
Se questa è la situazione c’è ben poco tempo da perdere e vanno immediatamente poste in atto iniziative di stimolo della economia accompagnate però dalla predisposizione di piani antinflazionistici a medio termine. E’ infatti essenziale accompagnare tali piani con una politica concertata fra i principali paesi che assicuri un flusso di investimenti nel settore energetico che permetta di tenere testa con livelli adeguati di offerta di greggio alla futura domanda. Attualmente c’è il rischio che lo stato corrente di surplus della offerta possa disincentivare gli investimenti e intaccare la capacità futura di offerta di idrocarburi, con effetto di rialzo dei prezzi pur in un contesto recessivo (“Opec producers have been working hard to cut output, but so far their efforts have had little effect on reducing inventories. With demand deteriorating rapidly, OECD commercial oil stocks ended January some 45 million bbl higher than four months ago and 69 million bbl higher than in January 2008, PIW calculations show. Another 70 million bbl have been amassed recently in floating storage, and some market watchers believe there are a further 25 million bbl tucked away in commercial storage” cfr February 16, 2009 Petroleum Intelligence Weekly.)
Allo stato attuale delle conoscenze sulla corrente crisi non possiamo infatti assolutamente escludere quella che gli economisti chiamano una fase di stagflazione ossia il concomitante affermarsi di recessione accompagnata dalla inflazione. Tuttavia ogni decisione al riguardo và presa in un contesto globale e concertato fra stati perché la crisi è globale. Ai confronti e ai summit tra Ministri e Capi di Stato devono seguire decisioni chiare, incisive e per l’appunto condivise sin dove possibile. Il chiacchiericcio fine a sé stesso non giova e rischia di portare alla paralisi come nella parte finale di Finnegans Wake, in cui due lavandaie intente a colloquiare sulle sponde opposte del fiume Liffey di Dublino finiscono con il subire una crescente dislocuzione (alterazione senza senso) del linguaggio che provoca un progressivo attenuarsi della loro umanità e la loro trasformazione: l’una in un albero e l’altra in una pietra (cfr “Joyce barocco” Giorgio Melchiorri, Bulzoni Editore 2007). E a proposito di Joyce e di Irlanda: Buona Festività di San Patrizio.
EUTIMIO TILIACOS
Linacre College
Oxford University
info@anesti.co.uk

Tratto da www.anesti.it