Home / Sezioni / capitali / Investire in tecnologia contro la crisi economica

facebook-link twitter-link

Newsletter

Registrati alla newsletter di sbilanciamoci.info

Sezioni

Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito

Investire in tecnologia contro la crisi economica

14/11/2008

L'Ict ha fatto la differenza nella crescita economica negli anni '90. Quale il suo ruolo adesso, contro la recessione? E quale il suo spazio nell'economia italiana?

La crisi economica europea è oramai alle porte. Le stime del Fondo monetario internazionale sulle variazioni al ribasso delle previsioni di crescita dei paesi Europei (differenza rispetto le stime di luglio) ne sono la dimostrazione: Regno Unito -0,8% di Pil in meno nel 2008 (-1,8% nel 2009), Francia -0,8% nel 2008 (-1,2% nel 2009), Italia -0,6% nel 2008 (-0,7% nel 2009), Spagna -0,4% nel 2008 (-1,4% nel 2009) e Germania -0,2% nel 2008 (-1,0% nel 2009).

Oltre a dare semplici numeri percentuali bisogna ricordare che la crescita del Pil di un Paese dipende da molteplici fattori tra cui l’andamento della produttività nei diversi settori produttivi che, a sua volta, è influenzata dal diverso grado di investimento nel progresso tecnologico. A questo proposito non bisogna dimenticare l’ampia letteratura di growth accounting che converge sul fatto che l’investimento nelle Ict (Information and Comunication Technologies) sia stato uno dei principali fattori alla base del differenziale di crescita economica, occupazione e della produttività tra gli Stati Uniti e i Paesi dell’Europa nella seconda metà degli anni novanta.

Una distinzione importante, quando si parla delle Ict, è quella tra settori in cui le innovazioni tecnologiche vengono generate e incorporate nei prodotti finali, e settori utilizzatori, che introducono le nuove tecnologie digitali attraverso i nuovi beni capitali acquistati. Per quanto riguarda i primi, gli Stati Uniti hanno raggiunto un notevole vantaggio competitivo rispetto i paesi europei, è quindi difficile immaginare che l’industria italiana possa nel medio periodo sviluppare un autonomo settore produttore di capitali Ict. I vantaggi maggiori per il sistema industriale italiano, in termini di incrementi di produttività, possono invece derivare dall’adozione delle Ict nei settori a valle rispetto a quelli produttori di tecnologia.

 

Di conseguenza, i fattori che ostacolano o favoriscono l’adozione e la diffusione delle tecnologie digitali diventano elementi centrali per spiegare l’andamento attuale e prospettico della produttività del sistema industriale del nostro Paese.

 

Una struttura dimensionale più grande rappresenta sicuramente un vantaggio rispetto la capacità di adottare tecnologia. E’ quindi realistico pensare che esista una “soglia critica” dimensionale nei processi di adozione. I fattori che spingono le imprese di grande dimensione ad assumere un ruolo di first mover nel processo di adozione delle Ict sono molteplici: le maggiori competenze professionali interne in grado di interagire meglio con le nuove tecnologie; un maggior livello di formalizzazione dei modelli organizzativi interni. Dall’altro lato, l’elevato grado di apertura di Internet e i minori costi di accesso, rendono possibile estendere all’intero sistema industriale i vantaggi in termini di costi, rapidità, efficienza di comunicazione di cui finora hanno beneficiato solo le grandi imprese.

 

E’ ragionevole attendersi che le imprese caratterizzate da una maggiore crescita di mercato (performance) sono più propense ad adottare le innovazioni e quindi più incentivate a destinare investimenti in questa direzione. D’altra parte la relazione fra adozione di Ict e performance vale anche in senso inverso: l’impiego di queste tecnologie permette alle imprese di monitorare le esigenze dei propri clienti e di razionalizzare gli approvvigionamenti e i processi produttivi, migliorando di conseguenza le proprie quote di mercato nazionali e/o internazionali.

 

Un’altra variabile di grande interesse è quella della disponibilità di collegamenti a banda larga. Sfruttando le infrastrutture e le tecnologie innovative è possibile aumentare la velocità di comunicazione e l’accesso a Internet e permettere l’utilizzo di servizi multimediali ad alta interattività attraverso una connessione permanente alla rete. Da questo si comprende che l’elemento cruciale della banda larga è il vantaggio legato ai servizi e alle applicazioni ICT che ne sfruttano le potenzialità. Possiamo quindi ipotizzare che a una continua evoluzione delle applicazioni informatiche e dei servizi web corrisponda una maggiore richiesta di banda trasmissiva.

 

Ci si può attendere che i settori più competitivi (bassa concentrazione) siano caratterizzati da una maggiore numerosità delle imprese e da una più elevata elasticità della domanda e quindi da una maggiore propensione all’innovazione e da più intensi processi di adozione delle Ict. Il maggior numero di imprese appartenenti allo stesso settore, creando effetti tipicamente competitivi, può influenzare positivamente la velocità di adozione e di imitazione. Al contrario le imprese caratterizzate da un forte potere di mercato (alta concentrazione), hanno minori incentivi a innovare e adottare rispetto alle frange competitive sul mercato ed alle imprese potenziali entranti, specie nel caso di innovazioni drastiche e caratterizzate da elevata incertezza.

 

Un altro fenomeno emergente di grande interesse in quanto orientato a influenzare direttamente le traiettorie di adozione delle Ict nelle imprese è quello dell’e-government. Oggi, la Pubblica amministrazione (PA) si trova a dover impiegare, coordinare e spesso sperimentare strumenti, infrastrutture e competenze avanzate sotto il profilo tecnologico, prestando molta più attenzione rispetto al passato, ai fabbisogni e alle capacità innovative degli utilizzatori finali: cittadini e imprese. Questo nuovo ruolo di intermediazione fra domanda intermedia (PA) e domanda finale (imprese e cittadini) comporta una spinta all’innovazione nelle PA che agiscono a loro volta da strumenti propulsori dell’innovazione nel sistema industriale.

 

Non bisogna dimenticare l’importanza dell’offerta tecnologica ossia dei settori produttori di beni e servizi Ict. Questi, sono essi stessi utilizzatori di Ict, spesso dotati di maggiori capacità d’uso e quindi in grado di sviluppare livelli elevati di apprendimento da utilizzo e quindi di migliorare le caratteristiche funzionali dei prodotti-servizi in questione (learning by using). Il che li stimola ad incrementare nel tempo l’adozione delle tecnologie che essi stessi producono. Impiegando direttamente le tecnologie in questione si avvantaggiano anche di maggiori volumi di produzione riducendo così i propri costi di produzione (learning by doing). Inoltre, l’offerta Ict sarà in grado di stimolare una maggiore adozione nella domanda di mercato attraverso relazioni user-producer (learning by interacting), che influiscono sulle decisioni di adozione delle imprese dal lato della domanda.

 

Un possibile freno all’adozione delle Ict potrebbe essere causato da un aumento dei switching costs che le imprese devono sostenere. L’intensità di questi costi è differente tra le imprese in quanto riflette un diverso grado di capacità di assorbimento, implicando un lungo percorso di apprendimento che una singola impresa deve sostenere per interagire efficacemente con la nuova tecnologia Ict implementata.

 

Infine, è ragionevole attendersi che i benefici ottenibili con l’adozione delle Ict varino a seconda dei settori in cui vengono utilizzate. In generale, la specializzazione in settori tradizionali, maturi, a bassa intensità di conoscenza e di tecnologia limita le possibilità di ampi guadagni di produttività legati all’adozione di nuove tecnologie. I settori tradizionali sono infatti tipicamente caratterizzati da un ruolo meno rilevante dell’informazione, il che può rendere anche più difficile adattare il capitale umano di questi settori.

 

Nel complesso le caratteristiche distintive dell’industria italiana (dimensioni ridotte, specializzazione in settori tradizionali, assenza di settori ad alta intensità di conoscenza e di tecnologia, ecc.) suggeriscono una scarsa adozione delle Ict. Tuttavia data la rapidità con cui il recupero sta avvenendo in tutta Europa e dati i costi decrescenti delle tecnologie digitali, non sembra che questa sia da considerarsi un’occasione definitivamente perduta. Occorre però incidere attivamente su alcuni dei fattori che favoriscono la diffusione delle Ict. In particolare, gli interventi di politica pubblica in campo Ict dovranno:

 

  • differenziarsi a livello settoriale e dimensionale;

     

  • prestare maggiore attenzione al fenomeno del digital divide nelle infrastrutture di comunicazione. Infatti le dinamiche spontanee del mercato locale dell’accesso, che non sembrano garantire adeguati capitali privati, specie nelle aree economicamente più svantaggiate, impongono l’adozione di politiche pubbliche differenziate che devono garantire a cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni di poter beneficiare degli stessi vantaggi tecnologici delle aree più avanzate e ricche del paese;

     

  • ridurre condizioni di monopolio in settori sensibili quali le telecomunicazioni, l’energia e i trasporti ma anche garantire più in generale un ambiente concorrenziale nei diversi mercati creando così condizioni favorevoli per la diffusione della tecnologia;

     

  • mirare al rafforzamento dei settori produttori di Ict. In particolare, occorre sollecitare l’offerta a sviluppare soluzioni tecnologiche che permettano di conservare e valorizzare le specificità che hanno garantito il successo alla piccola e media impresa. Infatti, ancora oggi nel nostro paese la strategia prevalente è quella di basare la propria offerta commerciale sul soggetto (la grande impresa) che per primo può mostrare un interesse immediato al fenomeno e quindi avere un ritorno economico dallo stesso. A differenza di paesi come Stati Uniti e Regno Unito, nel nostro paese non sono seguite fasi di studio verso forme più ridotte d’impresa, ma si è preferito adattare (non personalizzare) queste stesse piattaforme alla Pmi preferendo ottenere scarse economie di replicazione (generate dal basso tasso di adozione delle stesse soluzioni) a scapito di investimenti in ricerca e sviluppo che avrebbero permesso di individuare soluzioni più consone alla piccola dimensione e che attraverso una maggiore massa critica avrebbero ottenuto rendimenti superiori agli investimenti;

     

  • rafforzare il processo di informatizzazione e di innovazione della Pubblica Amministrazione attraverso nuovi progetti di e-government;

     

  • ridurre il fenomeno dello skill-shortage con investimenti in formazione Ict che saranno in grado di creare una nuova generazione Brainware. Le capacità d’uso richieste per padroneggiare le Ict esprimono infatti l’esigenza sempre più forte di una nuova generazione che sarà in grado di mantenere efficiente un sistema produttivo che richiede nuovi percorsi tecnologici per la propria competitività.

     

 

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti