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Investire nel sociale ai tempi dell'austerità

02/07/2013

Il Social Investment Package (Sip) è il principale contributo della Direzione Generale per l’Impiego agli obiettivi di inclusione sociale di Europa 2020. Un'opportunità positiva, in vista dell'avanzamento verso un modello sociale europeo, ma la cui valutazione non può essere separata dal contesto di austerità e dall'assetto dell’attuale governance europea. Nel testo che segue, cercheremo di spiegare perché il Sip deve essere in linea con la governance economica dell’Unione Europea, e successivamente individueremo dei punti critici del programma, prima di entrare nel merito, con esempi tangibili del ritorno potenziale degli investimenti sociali. Concluderemo poi tornando alla discussione sulla legittimità politica di iniziative come il Sip stesso.
Nel Sip la procedura di allocazione dei fondi di coesione sarà strettamente allineata col Semestre europeo e in particolare con le raccomandazioni (Country Specific Recommendation, Csr) dei Programmi nazionali di riforma (Pnr). Tuttavia per alcuni paesi le Csr non sono appropriate, e i paesi sottoposti ai programmi della Troika – Irlanda, Grecia, Portogallo e Cipro - sono particolarmente carenti al riguardo. L'Unione monetaria ed economica (Emu) impone l'austerity come una precondizione per finanziare gli investimenti sociali. Come ha detto il presidente della Bce Mario Draghi, “un buon consolidamento (fiscale) avviene quando le tasse sono più basse e quando è più bassa la spesa governativa in infrastrutture e altri investimenti”. C'è il serio pericolo che gli investimenti sociali vengano ad essere giustificati solo se generano risparmi che possono essere usati per risanare i conti pubblici, piuttosto che per migliorare il benessere socialei. Resta dunque la seria sfida politica su come far diventare egemone la visione di un'Europa sociale in una Unione economia e monetaria riformata, con una tassazione inclusiva e favorevole alla crescita che finanzi investimenti sociali e iniziative di stimolo per lavori di qualità.
Tutti i rischi del Sip
Alcuni elementi critici nel Sip meritano una discussione. Mentre l’inclusione attiva resta un focus centrale, è data una priorità al “lavoro a coloro che possono” più che alla “protezione per coloro che non possono”. Il che ha serie implicazioni di genere. Ci sono inoltre tensioni tra funzioni concorrenti della politica sociale e la decisione di come allocare le risorse in modo bilanciato tra sostegno al reddito, investimento sociale e impresa sociale. A livello macroeconomico si pongono condizioni al finanziamento del Sip, legate ai requisiti delle riforme strutturali, con conseguenti effetti negli spostamenti di potere e conseguenze per la sussidiarietà e la democrazia. A livello micro, il condizionare il Sip a comportamenti specifici ha implicazioni sui diritti fondamentali. La progressione dei finanziamenti cash sarà condizionata alla registrazione a programmi di assistenza ed educazione per la prima infanzia (Ecde) e a vari requisiti, per esempio le madri potrebbero essere obbligate ad accettare qualunque lavoro benché precario. Ci sono pericoli nell’usare strumenti quantitativi dell’economia (per esempio l'analisi costi-benefici) senza adattarli per più ampi usi sociali. Essi possono giocare un ruolo solo parziale in un'agenda politica di riforma. Strumenti come l'indice di redditività sociale degli investimenti (Sroi) possono essere usati anche per calcolare il costo reale dei disinvestimenti sociali nei programmi di austerità.
I vantaggi del pensarci prima
Ci sono molte ragioni a favore di una politica di investimenti preventiviii. Prendiamo ad esempio i senzatetto: la razionalizzazione e l’integrazione dell’amministrazione dei benefit è più efficace degli “One stop Shops” (sportelli unici presso i quali si può avere accesso a diversi servizi sociali) e dell'aumento delle consegne; una reale integrazione ad alto livello nella progettazione politica può generare benefici sociali superiori ai suoi costi. Il Sip offre l’esempio di investimenti sociali “housing-led”, ossia centrati sulla questione dell'abitazione, che riducano l'incidenza dei senza tetto. In Olanda per 1 euro speso ne vengono risparmiati 2,20 in spesa pubblica, nel 2006 gli sfratti dal social housing sono stati ridotti del 70% rispetto al 2005. In Scozia i dati del 2010 mostrano che i costi di alloggio temporaneo di 5.300 sterline per famiglia all'anno potrebbero essere evitati attraverso procedure di mediazione per evitare gli sfratti, al costo di 600 sterline. In Austria per evitare lo sfratto si spendono 370 euro a persona, rispetto ai costi di reinserimento di 5520 € a persona. A Monaco di Baviera, un’unità speciale è stata in grado di prevenire 846 sfratti su 1001 e nel Regno Unito le misure anti-pignoramento hanno ridotto gli sfratti del 25% (36.000 nel 2010 rispetto a 46.000 nel 2009). Sono 30 i progetti finanziati dal FSE e mirati direttamente ai senzatetto 2007-2013, così come i fondi Sip si avvalgono di un certo numero di strumenti, tra cui le linee guida della Commissione europea sulle migliori prassi da parte delle istituzioni per l’assistenza in comunità, la ricerca e la raccolta dati UE per migliorare l'analisi di politiche e tendenze, l'opportunità di una definizione comune di senzatetto e dell'esclusione abitativa basata su ETHOS.

continua

Tratto da www.ingenere.it