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Un premio Nobel keynesiano

13/10/2008

Il Nobel all'economia, nei giorni del crollo del turbocapitalismo, è andato a Paul Krugman. Non a Keynes in persona come qualche provocatore aveva proposto, ma a uno dei più famosi keynesiani viventi. L'economista di Princeton che, dalle colonne del New York Times, ha smontato pezzo a pezzo la politica economica di Bush come le sue avventure belliche. E che, con i suoi studi sui modelli di commercio e sulla localizzazione delle attività economiche, ha dimostrato che non sempre il mercato lasciato a se stesso funziona perfettamente. Questo ben prima che la realtà facesse esplodere questa verità in faccia a tutti, dandone "verifica empirica", come ha detto Joe Stiglitz, anch'egli Nobel per l'economia nell'anno 2001.

Nonostante la presenza di Stiglitz, di Sen (1998) e altri nella lista, l'elenco dei Nobel dal '69 a oggi resta fortemente imbarazzante per la giuria, data la ricorrente presenza degli ultrà liberisti e la costante conferma delle teorie mainstream, qua e là infiocchettate con i riconoscimenti di particolari tecnicalità nel campo della finanza. Dal premio a Milton Friedman (1976) in poi, si parla di uno "Stoccolma-Chicago express": la scuola di Chicago conta ben 25 premi Nobel, più o meno diretti. Restando nelle statistiche: più del 70% dei premiati viene da università americane, il 69% (58 economisti) ha la cittadinanza Usa. Tra loro, gli indimenticabili Scholes e Merton, insigniti della massima onoreficenza nel 1997 per aver trovato "un nuovo metodo per determinare il valore di strumenti derivati", e poi fondatori dell'hedge fund Long Term Capital Management, salvato dalla Fed poche settimane fa per la bella spesa di 3,6 miliardi di dollari.

A poche settimane dal voto Usa, il premio a Krugman è anche un simbolico addio a Bush, e un caldo benvenuto a Obama. Resta l'interrogativo: i saggi di Stoccolma hanno voluto fare così pubblica autocritica, o hanno semplicemente sancito l'avvento di una nuova mainstream?

Scholes e Merton, com'è andata a finire: scarica l'allegato

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Commenti

Boeri e i keynesiani

Forse non è tanto il togliere valore alle idee degli "altri".
Credo che cio' che Tito Boeri proprio non riuscirà mai a fare è ammettere di avere sbagliato.

Il nobel a Georgescu Roegen, anzi a Kozo Mayumi

Premessa: è ovviamente una provocazione in quanto il premio Nobel non può essere dato postumo (c'è un regolamento esplicito da quando un laureato morì prima di ritirarlo).
Il Nobel dell'economia a Krugman è un primo passo "a sinistra" ma va pur sempre a un "liberal". Risulta, tuttavia, degna di nota la sua testimonianza, come assistente di William Nordhaus, alla genesi del celebre Limiti allo sviluppo. In un recente articolo Krugman ricorda la polemica tra Nordhaus e Forrester rigurado alla Dinamica dei sistemi di quest'ultimo, alla base della metodologia del Libro-Bibbia dell'Ecologia Politica. Oltre a ricordare il generale sentimento di snobismo degli ingegneri nei confronti degli economisti, allora come oggi, è necessario, credo, reinquadrare le generali posizioni dell'economista. Krugman può certo essere denominato "Keynesiano", crede nell'intervento pubblico, nelle regole, nella competitività in cui realizzare le condizioni di concorrenza, necessarie alla crescita. Ma in tema di sostenibilità?
Con un pò di presunzione direi che Krugman sta capendo, quando afferma:"For the last 35 years, progress on energy technologies has consistently fallen below expectations." Rimane poco propositivo in materia di soluzioni.
Le soluzioni passano per un ripensamento dei fondamenti della teoria economica, che non può più rimanere confinata a quanto immediatamente monetizzabile e deve iniziare a tenere conto della irreversibile degradazione entropica che produce. Quando l'economia ufficiale riconoscerà l'effetto della seconda legge della termodinamica "l'intervento Keynesiano" avrà delle linee guida solide. Ma quasta si chiama "bioeconomia".
Ricordando che sia il riscaldamento globale, che l'esaurimento delle risorse minerarie, dei suoli e dell'acqua fanno parte dell'analisi sviluppata da Georgescu-Roegen, si potrebbe suggerire all'Accademia del Premio di pensare alla possibilità che il prossimo Nobel vada al discepolo di Georgescu: Kozo Mayumi

Vedi http://krugman.blogs.nytimes.com/2008/04/22/limits-to-growth-and-related-stuff/
http://www.locchiodiromolo.it/blog/?cat=4

Tito Boeri e i keynesiani

“Secondo fiumi di inchiostro questa crisi ridisegna i confini fra stato e mercato. Per uscirne ci vorrà più stato e meno mercato, si scrive ormai da mesi. Anche su questo giornale. Non ci sarebbe niente di preoccupante se si trattasse solo di una disputa dottrinaria. Una disputa alimentata magari da pensatori poco aggiornati che intravedono, non senza qualche smania di rivincita, una rivalutazione del loro capitale umano.” Tito Boeri
http://snipurl.com/4bext

Ho letto con un certo fastidio questa frase con cui Tito Boeri inizia il suo articolo su la Repubblica
Secondo Boeri i pensatori poco aggiornati e con capitale umano svalutato chi sarebbero se non i keynesiani? Credo che Boeri si sia scordato che Keynes viene dopo le teorie liberiste e quindi i non aggiornati eventualmente sono gli irriducibili fautori del “libero” mercato.