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Il futuro che si rincorre

18/11/2010

Giovani, vecchi, rom. Note a margine di tre incontri

Partecipare a convegni, normale. Nel corso della settimana scorsa, tra l’8 e il 12 novembre, tre. Appunto, normale: decine di incontri si tengono tutto l’anno, in giro per l’Italia e fuori: inevitabile partecipare, come relatori o ascoltatori, a iniziative (non sempre interessanti).

Questa volta mi è andata bene. Temi importanti e diversi, sedi che riescono a raccogliere un pubblico interessato e attento.

Mi sono trovata a riflettere sulle modalità e sui criteri in base ai quali associazioni, università, centri studi, sia privati che pubblici, organizzano eventi, si impegnano a contattare i relatori, mandano in giro inviti.

E su che cosa se ne ricava.

L’8 novembre, a Milano, nella sede dell’università Iulm si è tenuta la Sesta conferenza internazionale della comunicazione sociale, nel corso della quale sono stati presentati una ricerca (“I giovani per un futuro di valore”) e un concorso il cui scopo era di promuovere modalità comunicative efficaci, mettendo, così era scritto “in vario modo le giovani generazioni al centro della comunicazione”.

Per presentare i risultati della ricerca sono stati proiettati brevi filmati; nel dibattito oltre agli “esperti” si sono fatti intervenire alcuni dei “giovani” che avevano collaborato e altri, sollecitati tra le persone presenti nella sala. Alla fine dell’incontro si è chiesto -ai molti studenti universitari che erano nel pubblico- di fermarsi a scrivere commenti e suggerimenti su fogli che erano appesi ai muri della sala. Un insolito, ed efficace, meccanismo di coinvolgimento e comunicazione.

A Padova l’ iniziativa di un centro studi intitolato ad Alvise Cornaro (un affascinante personaggio che, nel cinquecento, ha messo al centro della sua attenzione l’invecchiamento): si è parlato di come “imparare a invecchiare”. Interventi di esperti, e un premio assegnato ad uno studioso importante, Silvio Garattini. I dati sono quelli noti: crescono, e cresceranno nei prossimi decenni, i numeri delle persone “anziane”: va precisato, degli ultraottantenni. Cosa questo significa per la società italiana: problemi, costi, pratiche di vita che necessariamente cambiano. Ma anche: come ci si prepara, appunto noi che stiamo invecchiando, a una esperienza che solo pochi decenni addietro non veniva prevista, tantomeno posta al centro dell’attenzione. Dunque l’impegno a far maturare uno sguardo articolato e consapevole su questo -certo problematico, ma insieme straordinario- dato nuovo della vicenda degli umani.

Nell’arco di pochi giorni due questioni centrali, e che non riguardano solo l’Italia, è chiaro. Trend demografici, accesso al lavoro e quali esperienze di lavoro, e donne e uomini, e i tanti meccanismi delle disuguaglianze.

Diverso il tema del terzo incontro (presso la Fondazione Feltrinelli a Milano, una iniziativa parte di una vasta campagna in collegamento con numerose altre associazioni e in collaborazione con il Consiglio d’ Europa): la condizione dei rom a Milano, e quali possibili “soluzioni”. Qui, partendo da un “caso”, si porta l’attenzione all’attuale “clima” europeo. E si introduce in modo diretto la questione delle “possibili soluzioni” (centrale, ovvio, anche nelle altre iniziative).

Si potrebbe fare un elenco dei tanti argomenti che in diverse occasioni vengono proposti alla riflessione e al dibattito. In molti casi, si tratta di temi che riguardano il “nostro futuro” (ha notato Massimo Cacciari che “siamo tutti a rincorrere questo futuro”: negli ultimi tempi, è vero, è una parola che si utilizza molto). Dunque previsioni, impegni dei politici, analisi di “esperti”, attenzione dei media.

Durante e dopo i tre incontri ho provato a riflettere.

Si porta l’attenzione su uno dei tanti temi importanti. Il rischio –inevitabile, forse- è che altri, in molti casi collegati, siano lasciati fuori.

La “questione dei rom”, in Italia e non solo, è urgente: molto difficile da risolvere. Attenti a includere i tanti aspetti e interrogandosi sulle “soluzioni possibili” non si è fatto alcun riferimento alla questione generale a cui ci riferiamo dicendo discriminazioni, xenofobia, razzismo. O, nell’altra occasione di cui ho detto: parlando dei “giovani” e delle loro prospettive incerte, si intendevano i “nostri”: nessuna attenzione ai tanti “nuovi giovani”, a quelli che definiamo come “le seconde generazioni”.

A questo dunque ho pensato, e provo a dirlo così: sapremo maturare attenzione e organizzare una “agenda di consapevolezza” rispetto alla complessità della fase in cui vivremo? E mettere in luce i tanti aspetti dei cambiamenti che si verificheranno, in una prospettiva almeno “europea”, cioè non sempre e soltanto “locale”, “nazionale”?

Non facile, parlare di futuro.

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