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I meccanici negli anni di plastica
"Ritorno di Fiom", un libro di Gabriele Polo sulle scelte dei metalmeccanici della Cgil dal '94 a oggi (ed. manifestolibri)
Ha centodieci anni, la più antica organizzazione «di massa» italiana ancora in vita. Un nome che odora di ferro e ruggine, Federazione impiegati operai metallurgici. A dirigerla – nell’epoca dei partiti liquidi e delle strutture leggere – c’è un Comitato centrale. Ma a dispetto di tutto questo la Fiom mostra una notevole vitalità, tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011 è stata al centro di discussioni, analisi, attenzioni.
Perché? È la domanda da cui parte Gabriele Polo in «Ritorno di Fiom» (edito da manifestolibri, nelle librerie dal 10 marzo) ricostruendo le trasformazioni sociali ed economiche dell’Italia e le scelte fatte dai metalmeccanici della Cgil in un arco di tempo che coincide, non casualmente, con «gli anni di Berlusconi», l’ultima autobiografia nazionale del Belpaese.
Il libro è una cronaca ragionata dei fatti, articolato in tre parti, ciascuna delle quali corredata dall'intervista al segretario generale del periodo – da Claudio Sabattini (1994-2002) a Gianni Rinaldini (2002-2010) a Maurizio Landini (dal 2010). Parte dallo stabilimento motori di Termoli e arriva alle carrozzerie di Mirafiori, passando per Melfi, luoghi che oltre a essere sedi di stabilimenti Fiat, hanno rappresentato dei passaggi «politici» per la linea sindacale e l'impostazione generale della Fiom. Dal referendum sul lavoro a ciclo continuo nella fabbrica molisana del 1994 a quello sul modello-Marchionne nello stabilimento torinese del gennaio 2011. In mezzo ci sono tre contratti separati, la deregulation di buona parte del diritto del lavoro, molte dismissioni, una crescente precarietà. E, poi, Genova 2001, i movimenti altermondisti, un paio di guerre, Berlusconi che incombe su tutto e tutti, la sinistra che abbandona la centralità del lavoro e scompare, una Cgil con cui la Fiom litiga un giorno sì e l'altro no. Il tentativo è quello di spiegare come un sindacato, che aveva subito la pesante crisi degli anni '80 – riducendo progressivamente i propri orizzonti e il proprio peso –. è riuscito a tornare a essere protagonista della vita pubblica, e non solo dal punto di vista sindacale. Sullo sfondo, le vicende sociali e politiche italiane e non solo.
La chiave di volta che sembra spiegare è articolata sulle parole che titolano i capitoli del libro: le prime due – indipendenza (dalle controparti e dal quadro politico) e democrazia (come pratica quotidiana e, al tempo stesso, obiettivo) – rappresentano le architravi «filosofiche» della Fiom dalla metà degli anni '90 a oggi, la terza – futuro – ne è un'auspicata conseguenza. Il tema conduttore è poi la lotta alla precarietà, che la Fiom individua come condizione «esistenziale del lavoro dipendente» del mondo globalizzato. Ed è grazie a questa centralità che riesce a trovare ascolto anche fuori dalle fabbriche e dal lavoro «tradizionale». Non senza fatica, né senza contraddizioni, con il costante rischio dell'isolamento e di un'emarginazione sempre annunciata e spesso sfiorata. Nell'arco di un ventennio caratterizzato da una difficile «lotta per la sopravvivenza» che va al di là dei confini delle fabbriche, un esempio di come un'altra idea del mondo e un'altra pratica sindacale siano ancora possibili. Anzi, necessarie.
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