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Non sparate su Schengen

27/04/2012

Una recente lettera dei ministri degli Interni di Francia e Germania segnala un preoccupante e pericoloso ritorno della vecchia, pazza idea di chiudere le frontiere

Passare la domenica mattina cercando di arrivare tra Bologna e Brescia nel bel mezzo di uno sciopero dei treni ha almeno un vantaggio. Il tempo di attesa può essere passato facendo quello che una persona inquieta con mille cose in agenda come me fa troppo poco, cioè fermarsi a riflettere e leggere. Mi ha colpito questa settimana la notizia che i ministri degli interni di Francia e Germania hanno scritto al Presidente del Consiglio dei Ministri di turno, il Ministro della Giustizia danese, sulla necessità di prevedere la possibilità per gli stati membri di reintrodurre i controlli alle frontiere e le regole che in caso di difficoltà di uno o più stati membri a fare fronte a un flusso imprevisto e massiccio di migranti illegali. Mi chiedo perché mai ci sia quest’attacco incrociato a Schengen.

Hanno cominciato il governo di destra danese poco prima di perdere le elezioni nel 2011. Poi, pochi giorni fa, Sarkozy in un discorso ha detto di voler riaprire Schengen, che non è più una convenzione esterna al Trattato europeo, ma ne fa parte integrante e dunque può essere modificato solo modificando il Trattato. Adesso, e come conseguenza diretta del “clima” interno nei due paesi, arriva questa lettera. Eppure non c’è alcun “flusso massiccio” d’immigrati illegali alle porte. Anzi, i pochissimi dati che ho trovato dell’Oecde o della Banca Mondiale e sempre fra un treno e l’altro, ci dicono che la spinta alle frontiere europee si è ridotta tranne che per la Germania e comunque si osserva un consistente aumento di ritorni di migranti nei loro paesi, di ripresa dell’emigrazione da paesi europei come la Grecia, la Spagna e il Portogallo in altri paesi della UE o verso le antiche colonie; peraltro, se nemmeno gli eventi nei paesi della primavera araba hanno determinato i milioni di potenziali migranti paventati da Maroni quando era ministro, è davvero improbabile che questo si verifichi nei prossimi mesi.

E allora? Io penso che questa mossa sia pericolosa e non possa assolutamente essere sottovalutata. Sono due e forse tre gli obiettivi dei due governi (che sicuramente saranno seguiti da altri se la mossa funziona). Il primo obiettivo è avere un effetto immediato di propaganda interna, dando un facile e fuorviante segnale alle loro opinioni pubbliche, sempre più assediata da una crisi globale nel caso della Francia e sempre più prona alla sindrome dell’”assedio dell’isola felice” nel caso della Germania: “padroni casa nostra” è un leit motiv che la maggior parte dei politici di destra (ma sempre più spesso anche di sinistra) portano avanti senza alcuna vergogna e senza alcuna considerazione della realtà. Eppure i governi sanno benissimo che la chiusura delle frontiere serve abbastanza a poco. La maggior parte dell’immigrazione clandestina entra in Europa non attraverso barconi e assalti alle coste, ma con permessi turistici o filiere criminali ben organizzate; o si tratta d’irregolari resi tali da legislazioni assurde, vere e proprie fabbriche di clandestini, come quella italiana.

La crisi ha e avrà un sicuro impatto sulla quantità e qualità dell’occupazione dei migranti (anche se i dati a disposizione anche su questo sono contraddittori), ma il fatto che gli stati membri possano tornare a gestire le loro frontiere non avrebbe un impatto particolare né sulla lotta alla criminalità né al contrasto dell’immigrazione clandestina. Al contrario, solo una maggiore integrazione dei sistemi informativi, dell’intelligence, degli strumenti comuni di repressione, ma anche di strumenti positivi d’integrazione e mobilità dei migranti, di concreto aiuto ai paesi di provenienza, potrà fare uscire dall’illegalità coloro che ancora vi si trovano e che rappresentano secondo i dati dello European Migration Network riferiti al 2009/2010, circa il 10% delle presenze di cittadini extraEu. Tanto per fare un rapido esempio, gli accordi di “libero scambio” con Senegal e Marocco firmati recentemente dall’UE non faranno che rafforzare la motivazione ad emigrare dei giovani di quei paesi.

Il secondo obiettivo, e quello secondo me più pericoloso a medio e lungo termine, è la cocciuta riaffermazione della supremazia della sovranità nazionale (non a caso citata più volte in una lettera di due paginette) sulle leggi europee e sui poteri delle istituzioni europee, peraltro difesi davvero troppo mollemente da Bruxelles. L’intenzione è quella di ridurre sistematicamente il potere di intervento europeo. Come già si è visto in materia finanziaria, fiscale, perfino ambientale, energetica o di politica estera, molti stati membri contrastano con ogni mezzo il rafforzamento del governo e il controllo democratico europeo: e questo a dispetto del fatto che tutto dimostri che le politiche giuste per tornare a fare correre le società e le economie europee possono essere realizzate solo a livello continentale, con adeguate risorse comuni e con un deciso cambio di rotta dal tutto tagli al tutto (o molto) “green”.

Oggi si scuote un vero e proprio pilastro della costruzione europea, apprezzato e riconosciuto da tutti, la libertà di circolazione. Se riuscissero nell’opera di smantellamento anche parziale di Schengen, penso che la strada sarebbe aperta anche per il terzo e per ora inconfessabile obiettivo, quello di limitare la libera circolazione anche dei cittadini UE. Non è un segreto che greci, spagnoli, portoghesi e italiani hanno ricominciato ad emigrare. Perfino una buona metà degli inglesi, secondo un’interessante e recente analisi, pensa che se potesse se ne andrebbe. Minoranze europee come i rom sono malvisti ovunque. Il nervosismo cresce, anche se è ancora sotto controllo, perfino in paesi come il Belgio per la crescente presenza di studenti francesi o malati britannici. Quindi, il recupero della “sovranità” delle frontiere non potrà che facilitare il riaccendersi di vecchie dispute e portare acqua al mulino di vecchi e nuovi nazionalismi, utili forse a vincere le elezioni, ma totalmente inefficaci per risolvere i problemi dei cittadini e delle cittadine europei.

Naturalmente, nulla è inevitabile e non ci dobbiamo assolutamente rassegnare, anche perché la vittoria di François Hollande potrà forse mettere fine a queste recenti velleità francesi. Ma è necessario comunque reagire, contrastare apertamente tutte le bugie che vengono dette senza negare i problemi, ma senza le scandalose timidezze che la Commissione europea ha ancora una volta dimostrato, rimanendo in silenzio di fronte alla lettera dei due ministri. Molti ritengono che guerre e conflitti siano per sempre finiti fra gli europei. Ma la storia di questo vecchio e glorioso continente ci dimostra ampiamente che i tamburi di guerra possono sempre tornare a rullare e che mai, né la democrazia né la pace, sono acquisiti per sempre.

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