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Ritratto ufficiale dell'Italia razzista

27/03/2009

La fotografia della democrazia italiana non è lusinghiera. L’International Labour Office ha pubblicato la settimana scorsa un esame sul rispetto delle convenzioni firmate dai vari paesi a proposito dei lavoratori migranti e sugli atteggiamenti pratici che i vari governi assumono nei confronti delle convenzioni stesse. Tra i paesi che non tengono fede a quanto si sono impegnati a fare, appare l’Italia. Alcuni giornali italiani ne hanno parlato, per un giorno, sulla base di un riassunto, sufficiente però a mettere in luce i guasti del sistema, il modo incivile con il quale lavoratori immigrati, rifugiati, richiedenti asilo, Rom, sono di fatto trattati dal governo di Roma. Fa specie che Roma sia anche la parola con la quale i Rom sono indicati nei testi internazionali. L’estero non ha infierito. Non ha espresso disagio per un paese così, per una democrazia tanto fragile. Che dire, del resto, della democrazia italiana che già non si sapesse?
La parte che riguarda espressamente l’Italia nel Rapporto Report VI (“Towards a fair deal for migrant workers in the global economy")” è poco più di una pagina – per la cronaca l’intera pagina 644 e poche righe della pagina 645 – e la riproduciamo interamente dopo averla tradotta.

Italy
Migrant Workers (Supplementary Provisions) Convention, 1975 (no. 143)
Non-discriminazione e protezione dei diritti umani di base per tutti i lavoratori migranti. Il Comitato prende nota del rapporto del Governo in cui esso riafferma il proprio pieno impegno di proteggere e rispettare i diritti e la dignità dei migranti sul suolo italiano. Considera in particolare il decreto legislativo n. 215, 2003 concernente pari trattamento senza riguardo a razza ed etnia, inteso ad applicare la Direttiva della Comunità Europea n. 2000/43 in accordo con la legge della Comunità europea (legge n. 39 del 1 marzo 2001) e la creazione dell’Ufficio per la Promozione del pari trattamento e l’Eliminazione della Discriminazioni basate sulla Razza e le Origini Etniche (Unar - Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni razziali, ndt) nel novembre del 2004. Il compito dell’Unar è la promozione della parità di trattamento per eliminare ogni forma di discriminazione sulla base di razza od origini etniche, di fornire assistenza legale alle persone che considerano se stesse vittime di tali discriminazioni e di suscitare una pubblica presa di coscienza in tema d’integrazione razziale. Inoltre, il governo ha costituito il Dipartimento dei Pari Diritti e Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con una larga competenza nel promuovere i diritti umani e prevenire e rimuovere ogni forma di discriminazione.
Malgrado l’esistenza di una legislazione sui diritti umani e anti-discriminazione e la creazione di corpi amministrativi e di consulenza il Comitato rileva l’evidente alta incidenza di discriminazioni e di violazioni dei diritti umani di base per la popolazione immigrata nel paese. Esso considera che dai rilevamenti del Comitato di informazione della Convenzione quadro per la Protezione delle Minoranze Nazionali (Acfc) persistono nel paese razzismo e xenofobia nei confronti degli immigrati, dei richiedenti asilo e dei rifugiati – compresi i Rom – con l’effetto di creare un clima deteriore nei confronti di queste persone. L’Acfc riferisce anche delle condizioni talvolta dure di detenzione degli immigrati irregolari, in attesa della loro espulsione verso il paese d’origine. (Acfc/Inf/Op/II2005003, 25 ottobre 2005). Il Comitato rileva infine le osservazioni conclusive del Comitato Onu per l’eliminazione delle discriminazioni razziali (Cerd/Cita/Co/15, marzo 2008) preoccupato a causa di serie violazioni dei diritti umani di migranti stranieri senza documenti, in particolare per quelli provenienti dall’Africa, Europa orientale e Asia, ivi compresi il trattamento di malattia, le basse paghe ricevute con molto ritardo, i lunghi orari di lavoro e i casi di lavoro coatto, nei quali una parte del salario è trattenuto dal principale come pagamento per l’alloggio, in locali sovrappopolati e privi di elettricità e acqua corrente. Il Cerd riferisce anche di frequenti enunciazioni razziste e xenofobe mirate essenzialmente a immigrati extra-Ue, casi di discorsi violenti diretti a nazionalità straniere e a Rom, come pure riferisce di maltrattamenti di Rom, specialmente di quelli di origine romena, da parte delle forze di polizia, nel corso di raid nei campi Rom, soprattutto in seguito al decreto presidenziale del novembre 2007, decreto legge n. 181/07 riguardante l’espulsione di stranieri.
Nello stesso contesto il Comitato osserva che l’Un Special Rapporteur sul razzismo, l’Un Indipendent Expert sulle questioni delle minoranze e l’Un Special Rapporteur per i diritti umani dei migranti hanno emesso una dichiarazione il 15 luglio del 2008, nella quale essi hanno espresso la loro grave preoccupazione a proposito delle recenti azioni, dichiarazioni e proponimenti riguardanti la comunità Rom e i migranti in Italia, in particolare il prendere le impronte digitali a tutti gli individui Rom per identificare le persone prive di documenti viventi in Italia. Essi hanno condannato anche l’aggressivo e discriminatorio linguaggio usato da leader politici che associa specificamente i Rom alla criminalità, creando così nell'opinione pubblica un clima generale di ostilità, antagonismo e biasimo.
Il Comitato è profondamente preoccupato da questi rapporti sulle violazioni di diritti umani di base, soprattutto riguardo a migranti privi di documenti provenienti da Africa, Asia ed Europa dell’Est, e da un manifesto clima di crescenti intolleranza, violenza e discriminazione contro la popolazione immigrata, soprattutto i Rom di origine romena. Poiché tali fatti hanno effetto sul livello di base di protezione dei diritti umani e di lavoro e sulle condizioni di vita e di lavoro della popolazione immigrata in Italia, il Comitato ritiene che essi sollevino gravi questioni di non-applicazione della Convenzione. Il Comitato richiama gli impegni del Governo quanto all’art.1 della Convenzione per il rispetto dei diritti umani di base di tutti i lavoratori migranti, indipendentemente del loro status di migranti. Inoltre, per l’ Articolo 9(1), il Governo ha l’obbligo di garantire che i lavoratori migranti, anche quelli illegalmente occupati, non siano privati dei loro diritti in rapporto al lavoro effettivamente svolto, riguardo salario, sicurezza sociale, e altri benefici. Il Comitato richiama inoltre gli impegni del Governo, relativi agli Articoli 10 e 11 della Convenzione, a prendere misure tali da garantire uguale trattamento, in relazione alle condizioni di lavoro, per tutti i lavoratori migranti legalmente nel paese, come anche le misure per informare ed educare il grande pubblico, miranti a far crescere la consapevolezza della discriminazione per cambiare abitudini e comportamenti. Esse dovrebbero non solo comprendere politiche non discriminatorie in generale, ma dovrebbero assicurare che la popolazione nazionale accetta i lavoratori migranti e le loro famiglie come membri a pieno titolo della società (General Survey of 1999 on migrant workers, paragrafo 426).
Il Comitato si augura che il Governo sarà in grado di agire con efficienza per affrontare l’apparente clima di intolleranza, violenza e discriminazione nei confronti della popolazione immigrata in Italia, compresi i Rom, ed assicurare nella legge e nella pratica l’efficiente protezione dei diritti umani di base a tutti i lavoratori immigrati indipendentemente dal loro status. Si augura che saranno prese le misure necessarie ad aiutare le vittime a far valere i propri diritti e ad assicurare che le disposizioni della legislazione concernenti discriminazione siano meglio capite e osservate e le relative infrazioni colpite più efficacemente. Il Comitato auspica che il prossimo rapporto conterrà una piena informazione sulle attività attuate in questo campo, comprese le attività dell’Ufficio per la Promozione del Pari Trattamento e l’Eliminazione della Discriminazione sulla base di Razza e Origine Etnica e del Dipartimento per Pari Diritti e Opportunità. Il Comitato inoltre rimanda il Governo ai suoi commenti in ordine alla Convenzione sulla Discriminazione (Impiego e Occupazione) 1958 (no. 11).
Il Comitato solleva altri punti in una richiesta indirizzata direttamente al Governo
(Si richiede al Governo di rispondere dettagliatamente ai presenti commenti nel corso del 2009)
Il Governo italiano, nella persona del ministro degli esteri Franco Frattini, ha fatto la parte offesa, respingendo le accuse in modo sprezzante.
Per saperne di più abbiamo cercato informazioni relative all’Unar, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali. Questo fa parte del Ministero per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio. A sovrintendere c’è un Ministro senza Portafoglio, Mara Carfagna.
Il Capodipartimento è Isabella Rauti (1) dalla quale dipendono varie direzioni; l’Unar è una di queste.
All’Unar manca il direttore generale, ma vi è invece una segreteria di quattro gentili signore.
Le divisioni sono due: vi è un Servizio per la tutela della parità di trattamento: il Dirigente qui è stato trovato; si chiama infatti Giovanni Trovato. Non è indicato nel sito Unar alcun funzionario o staff.
C’è poi un Servizio studi ricerche e relazioni istituzionali. Qui il Dirigente manca, i funzionari-impiegati sono 9.
Non mancano cinque esperti consulenti di cui viene indicato il compenso.
Non appare alcuna pubblicazione, tranne una Relazione al Parlamento. L’ultima è quella del 2007. Sarà interessante quella del 2008, l’attendiamo.
Altro mezzo di espressione all’esterno dell’Unar sono poi i Comunicati stampa. Forse si sarebbe potuto saperne di più, leggere qualche replica alle accuse dell’Ilo; invece niente. Un signorile riserbo o forse una struttura inutile, caduta ormai sotto la scure (o l’ascia bipenne) del ministro Giulio Tremonti; l’ultimo Comunicato Stampa è infatti del febbraio 2008, quando il ministro di riferimento era Barbara Pollastrini.
(1) Rauti è figlia di un importante personaggio dell’estrema destra, Pino, e moglie del sindaco di Roma, Gianni Alemanno.

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