Home / Rubriche / 1929-2009, i suicidi dell'economia

facebook-link twitter-link

Newsletter

Registrati alla newsletter di sbilanciamoci.info

Rubriche

Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito

Editoriale

1929-2009, i suicidi dell'economia

09/10/2009

Le cronache della crisi del 1929 raccontano, tra l’altro, di una importante ondata di suicidi; nel pieno del grande crollo, banchieri, manager, investitori, si buttavano dall’alto dei grattacieli non potendo sopportare il fallimento della loro società o la rovina dei loro patrimoni. E questa immagine della precipitosa discesa dalle terrazze degli edifici di Wall Street è rimasta come il simbolo stesso della crisi.

Ci si sarebbe potuto aspettare che accadesse qualcosa di simile con lo scoppio dell’ultima bolla del subprime, ma, in realtà, non si sono quasi registrate notizie di fatti analoghi. I grandi manager che hanno contribuito a provocare il disastro sono rimasti al loro posto o, quando pure sono stati allontanati, hanno lasciato le loro società coperti da decine di milioni di dollari di liquidazioni. Non c’era quindi ragione per disperare, tanto più che la perdita di immagine – una volta si diceva la perdita dell’onore- non pesa ormai molto e non appare certo oggi una ragione sufficiente per gesti così estremi.

A questo punto molti dei banchieri estromessi dal business avranno comprato una grande villa in Toscana, come fanno da tempo molti altri cittadini anglosassoni, o si staranno godendo il sole in qualche spiaggia dei Caraibi, quando non abbiano invece intrapreso una nuova e prestigiosa carriera imprenditoriale in qualche altro, per loro promettente, settore.

Così, con questa crisi, c’è stato, in un certo senso, un passaggio del testimone e la tendenza al suicidio è stata elegantemente trasferita ai lavoratori delle varie imprese e ai disoccupati, soggetti che già prima non mancavano certo di guai da affrontare. La stampa è dunque piena, in queste settimane, di notizie relative ad un’ondata di suicidi che sta funestando in particolare il mondo del lavoro francese, con specifico riferimento agli impiegati e ai quadri delle grandi aziende, dalla France Telecom, alla Michelin, alla Peugeot, alla Bnp Paribas, alla Ibm e così via.

Un articolo su Le Monde del 26 settembre scritto da un sociologo, Ch. Baudelot, ci ricorda che negli anni sessanta erano gli agricoltori che detenevano il record dei suicidi in Francia; era l’epoca dell’esodo dalle campagne e della distruzione dei valori associati al mondo contadino, particolarmente sentiti a suo tempo nel paese. Negli anni settanta il testimone è passato comprensibilmente agli operai delle grandi catene di montaggio, mentre ora il primato si è appunto trasmesso al settore impiegatizio e dei funzionari.

Che cosa sta succedendo? Per quanto riguarda in specifico il caso France Telecom, impresa sulla quale si hanno le maggiori informazioni in proposito, le spiegazioni rimandano comunque a dei temi più generali e che toccano anche tutte le altre imprese. Si tratta nella sostanza di nient’altro che delle conseguenze dello sbarco anche in Francia del capitalismo finanziario nelle sue forme più dure, coniugato ora appunto con la crisi. Di fronte ad un mercato che chiede rendimenti sempre più elevati all’azienda, perché i dividendi e la creazione di valore per gli azionisti devono crescere, il management risponde con piani di ristrutturazione selvaggi, pressione senza limiti sui quadri intermedi per il raggiungimento di obiettivi commerciali, produttivi, organizzativi molto duri, di frequente irrealistici, riorganizzazioni che prevedono continui cambi di mansione e di sede per i dipendenti, licenziamenti più o meno mascherati. E la gente è scoppiata. Negli ultimi 18 mesi 24 dipendenti si sono suicidati alla France Telecom e 14 hanno tentato di farlo.

Un particolare sorprendente, nonché grottesco, emerge da una notizia pubblicata in data 30 settembre su www.nouvelobs.com, il sito del settimanale Nouvel Observateur. La società progetterebbe di costruire, per rimediare al problema, un edificio per uffici di otto piani; il palazzo avrebbe la caratteristica di essere “antisuicidi”, con tutte le finestre bloccate e le terrazze inaccessibili ai dipendenti. In pratica, li si metterebbe in gabbia. Resta solo, commenta qualcuno sullo stesso sito citato, da chiedere agli impiegati, all’entrata degli edifici, di togliersi i lacci delle scarpe, nonché le cravatte e le cinture.

C’è da capire perché il fenomeno dei suicidi si è sviluppato soprattutto in Francia – che sembrerebbe detenere, più in generale, un triste primato in proposito in Europa, sopravanzando di parecchio ad esempio i famosi svedesi- e molto di meno in un paese come l’Italia, dove pure ad esempio, come riferiscono molte voci, negli uffici di aziende come la Fiat si respira oggi un regime di paura generalizzato e, come sottolinea il quotidiano La Stampa del 5 ottobre 2009, a fine anno la crisi avrà cancellato circa il 10% dei posti di lavoro di quadri, dirigenti e manager. Va comunque ricordato che qualche caso di suicidio si è avuto negli scorsi mesi anche da noi. Il fatto è che comunque la Francia, sin dai tempi della Rivoluzione, mostra una capacità di indignazione e di protesta contro le ingiustizie e le diseguaglianze che non ha confronti in Europa. La crisi del sub-prime vi è stata, in termini economici, meno incisiva che in quasi tutti gli altri paesi del continente, ma, ciononostante, vi si sono moltiplicate nelle fabbriche forme di contestazione tali che dei personaggi autorevoli hanno potuto parlare, qualche mese fa, dell’esistenza di una situazione prerivoluzionaria.

Nel nostro paese la crisi è stata vissuta in maniera forse meno drammatica, anche se i suoi contorni oggettivi si vanno rivelando come sempre più gravi. I lavoratori da noi sono uccisi soprattutto dagli infortuni e dalle malattie professionali e su questi punti, secondo le statistiche disponibili, gli italiani sopravanzano tranquillamente sia i francesi che gli svedesi.

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti