Home / Newsletter / Newsletter n.170 - 31 marzo 2012 / L'economia e il lavoro fuori del mercato

facebook-link twitter-link

Newsletter

Registrati alla newsletter di sbilanciamoci.info

Newsletter

Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito

L'economia e il lavoro fuori del mercato

30/03/2012

La crisi è l'occasione per allargare lo sguardo a settori dell'economia e del sociale fuori del mercato, verso dimensioni del lavoro non mercantili, solidali, di cura e attenzione per i luoghi, le società e le persone. Alcuni libri recenti offrono coordinate preziose per saperne di più

Il lavoro al centro delle iniziative del governo, e al centro dell’attenzione. Un percorso che va avanti nelle sedi politiche, in convegni, con commenti di esperti; e anche, ovvio, scontri e critiche, manifestazioni e scioperi. Una questione cruciale per proposte e ricerca di soluzioni. Sarebbe utile richiamare l’attenzione sulla parola, e la concezione, del lavoro, e sul fatto che sono rimasti fin qui fuori temi e prospettive che in fasi del passato (ugualmente segnate da “crisi”, “disoccupazione”, dall’urgenza di proposte e di politiche) erano stati parte del discorso pubblico e dell’agenda. Se certo ci troviamo oggi di fronte a dimensioni nuove, a processi che rendono il quadro più complicato che nel passato, due aspetti sarebbe bene metterli in luce: il primo, come siano ricorrenti fasi di malfunzionamento dell’economia, di “crisi”, appunto (su questo, una lettura che consiglierei è Il capitalismo occidentale del dopoguerra di Michael Kidron, Laterza, 1969). Dunque allargare la prospettiva, tener presenti i riferimenti a fasi del passato e alle diverse situazioni (in Europa e altrove). Ovvio che si può insistere su condizioni particolarmente complicate e gravi di questo momento storico. Ma quante volte gli umani sono riusciti a superare esperienze di drammatica difficoltà (e le tragedie delle guerre, non dimentichiamole). I “giovani” potrebbero forse ridimensionare le letture prevalenti che li segnano come una generazione segnata da un futuro senza speranze.

Un secondo aspetto del discorso pubblico (e anche “privato”) che penso utile richiamare è questo. Non è che si incontri spesso, in analisi e interventi, il riferimento a settori dell’economia e del sociale fuori del mercato (ai quali invece in passato si sono rivolti attenzione e approfondimenti): e il contributo rilevante che costituiscono per le risorse complessive . Negli anni settanta e ottanta si era avviato a livello europeo un filone importante di studi e di proposte che metteva in luce il valore delle risorse “non di mercato” per il benessere sociale, fino alla Dichiarazione di Amsterdam del 1997 “On the Social Quality of Europe”. Portando lo sguardo su questi processi e dimensioni si sono delineati, anche in rapporto a modifiche nelle procedure e regole nel mercato del lavoro (auspicate, viste come positive), possibili “scenari futuri”.

Avrebbe senso riprendere alcuni spunti da quelle analisi e proposte. Si ridefinisce il significato della stessa parola lavoro. Moltissimo è stato colto, e descritto, portando alla luce il contributo del “lavoro domestico” e del “lavoro di cura”; anche fare volontariato è lavorare (in molti casi con competenze e forme organizzative nuove, che vengono messe in luce: il 2012, ricordiamolo, è l’”anno europeo del volontariato”). E il 2011 è stato l’“anno dell’invecchiamento attivo”: anche in questa prospettiva sono stati portati all’attenzione – e potrebbero entrare nei dibattiti sul lavoro – aspetti che certo nel passato non erano immaginabili. Aggiungo: è “lavoro” l’impegno, e la necessità, del continuare ad imparare. Imparare richiede un lavorare a cui fin qui non si è rivolta attenzione. Il lifelong learning è una dimensione da approfondire.

È probabile che nei prossimi mesi li incontreremo, riferimenti e sollecitazioni che portino l’analisi oltre le categorie oggi prevalenti, e oltre i termini ricorrenti, quasi esclusivi: crescita e decrescita. Dunque: “economia plurale”, “economia non-di -mercato”, “economia sociale”, e molti altri. Non per profitto è il titolo del libro di Martha Nussbaum (uscito da poco nella collana Intersezioni del Mulino). Di “terzietà” parla Zamagni (Il Terzo Settore nell’Italia Unita, di E. Rossi e S. Zamagni, un testo che ripercorre la storia dei centocinquant’anni in questa prospettiva). E ancora L’economia del noi di Roberta Carlini; l’“economia delle condivisioni”, “auto-mutuo aiuto”, solidarietà, impegno sociale. Esistono anche questi “pezzi” del nostro vivere, e sono risorse nella fase che stiamo vivendo. Sarebbe importante allargare lo sguardo: guardare ai costi e alle difficoltà, certo, ma anche ai processi di cambiamento e, forse, a prospettive in qualche misura positive.

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti