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Parlamento europeo, quel piacevole pozzo

27/06/2014

Il mesto semestre/ Il Parlamento europeo somiglia ad un pozzo, e si rischia di caderci dentro. Un decalogo e un'avvertenza ai tre nuovi deputati "Tsipras"

Sono ormai quindici anni che non sto più nel Parlamento Europeo e dunque tutto può esser cambiato. Ma poiché ci sono stata per vent'anni (sono davvero parte della casta, ma per fortuna ormai rottamata da un pezzo), qualche suggerimento ai nostri nuovi tre deputati tsipras forse posso darlo. Anzi: potrei forse fornire un decalogo, preceduto da un'avvertenza: il Parlamento europeo è un luogo che somiglia ad un pozzo e che però siccome è piacevole si rischia di caderci dentro. La sola salvezza è restare strettamente attaccati al di fuori. E perciò: 1) ridurre al minimo la presentazione di interrogazioni. Io sono fiera di averne presentate in due decenni non più delle dita di un palmo di mano. Non servono a niente - salvo casi eccezionalissimi - e fanno perdere un sacco di tempo; 2) ovviamente si deve lavorare nelle commissioni e assumere la miriade di impegni che il Parlamento eurpeo ti sollecita: ma guai ad impegnarsi troppo, alla fine si resta impigliati in una quantità di cosucce di nessun interesse, per te e per chi ti ha eletto, col rischio, persino, di venire affetti da quello che in epoche leniniste - ammetto con qualche rozzezza - era chiamato «cretinismo parlamentare»; 3) perché occorre capire bene e subito che il parlamento europeo è tutt'altra cosa da quello nazionale, e per molte tristi ragioni di cui tuttavia è bene prendere atto: non c'è come controparte un governo, che tu devi difendere o opporre (per cui sei importante magari anche solo come numero), ma una nebulosa burocratica che non risponde a nessuno, commissari di destra o di centrosinistra, ognuno dei quali risponde all'opinione pubblica del paese che lo ha nominato.

La dialettica nazionale, insomma, lì non c'è, mai il fiato in gola quando c'è la fiducia per sapere se spunta qualche Scilipoti. E nemmeno un'opinione pubblica: non solo perché nessuno ha mai finora seguito quanto accadeva in questo luogo, ma anche perché la frammentazione della cittadinanza che ha delegato i deputati è così profonda che la società civile non può né recepire nè rilanciare una proposta; 4) non pensare che il discorso che terrai in aula avrà una qualsiasi eco: ti spettano, a seconda dalla forza del tuo gruppo, e di quella che la tua rappresentanza nazionale ha nel gruppo, da 1 a 4 minuti e mezzo di parola. Avete mai saputo di quanto ha detto in aula il deputato tizio o il deputato sempronio? Per una legislatura io ho avuto come compagno di banco nientemeno che Alberto Moravia, che diventava furioso quando gli veniva comunicato che aveva due minuti mezzo per pronunciare il suo discorso. «Perché mi hanno mandato qui?», esplodeva. Aveva ragione, averlo mandato a Strasburgo a perdere tanto tempo, dava lustro in patria al partito che ce lo aveva inviato - il Pci, in quel caso - ma non aveva la minima rilevanza a livello europeo, né nessuno, neppure in Italia, una volta eletto, si è mai più chiesto cosa diamine ci facesse.

È per altro bene sapere che a Bruxelles e a Strasburgo a riferire quanto dice un parlamentare non c'è nemmeno l'Ansa o Dagospia. E allora, non c'è nulla da fare? No, c'è moltissimo. C'è da costruire una società europea, veri partiti, sindacati, movimenti, pubblicazioni, mobiltazioni europei. Senza questo, l'Unione europea resterà sempre antidemocratica, perché priva di referente. Da questo punto di vista l'esperienza di deputato europeo è preziosa: per conoscere gli altri, per stabilire rapporti e imbastire iniziative, partecipando di persona alla vita politica degli altri paesi. Non per tua personale cultura, ovviamente, ma per aiutare a far crescere, nel paese da cui provieni, una dimensione europea che renda efficace quanto si fa. In questo senso può essere assai più utile una cena che non una riunione. Così come la creazione di «intergruppi», aggregazioni informali in cui operano deputati di gruppi politici diversi che, proprio perché qui non c'è un governo da difendere, sono assai più fluidi che a livello nazionale e infatti sono tantissimi i voti trasversali. La cosa fondamentale è mantenere un rapporto stretto con i tuoi (o costruirlo se non c'è) e metterli in contatto con quanto, in Svezia o in Portogallo, o in Lituania, è possibile fare assieme ai loro simili per mandar avanti un progetto utile.

Quanto dico può sembrare ancora una volta rozzo leninismo: «il parlamento è l'altoparlante del popolo». Invece è il contrario:il parlamento, quello europeo in particolare che decide assai poco, è democratico solo se ha un rapporto stretto con i movimenti, usarlo per delle prediche che nessuno ascolta non serve a niente. Spero di venir scusata per essermi richiamata alle esperienze del secolo scorso. Naturalmente sarò felice di sapere e capire come funziona nel XXI. E mi piacerebbe anzi, visto che abbiamo due giornalisti su tre fra i nostri deputati, un loro diario regolare su queste colonne.

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