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Idee per cambiare. Intervista a Gallegati

22/03/2013

Reddito di cittadinanza e salario minimo, tutela del territorio e democrazia partecipata. Parla l’economista che Grillo non considera più l’ispiratore del M5S

Per giorni, Mauro Gallegati, economista keynesiano, allievo di Paolo Sylos Labini, è ascoltato da Joseph Stiglitz. Insieme hanno firmato un saggio sull'ultimo numero di Micromega. Per giorni Gallegati è passato come l'estensore del programma economico del Movimento 5 Stelle. Idea proposta da Grillo. Il programma pentastellato si discute solo in rete: «Leggo con stupore presunti "esperti" discutere di economia, di finanza o di lavoro a nome del M5S – Grillo ha scritto sul suo blog – I contributi sono sempre bene accetti, non l'utilizzo del M5S per promuovere sé stessi». A Grillo può avere dato fastidio la contrarietà di Gallegati rispetto alla proposta di referendum sull'euro, ribadita nei 20 punti presentati ieri a Napolitano.

Ma Gallegati non ha bisogno di Grillo per promuovere se stesso né per esprimere idee sul suo movimento. Lo abbiamo incontrato ieri all'Isfol di Roma, durante una pausa del convegno sul rapporto Plus sul lavoro in Italia (ne parliamo a pagina 7 de Il manifesto di oggi): «Questo paese ha bisogno di riforme di lungo periodo – afferma – ma purtroppo i governi durano solo uno o due anni. Non credo che il Movimento 5 stelle potrà essere sempre contro tutto e tutti. In Sicilia con Crocetta la collaborazione sta andando benissimo».

Pensa ancora a un governo Centrosinistra-5 stelle?
Io credo che se questo paese ha una possibilità vera per il suo futuro, questa sia un governo sganciato dai partiti, con un programma forte e condivisibile, in modo che i 5 stelle possano appoggiarlo. Penso a un governo orientato al benessere dei cittadini che veda la partecipazione del centrosinistra e del M5S. Dal mio punto di vista, l'elezione dei due presidenti delle camere è stato un buon risultato. Laura Boldrini, che conosco personalmente, e Pietro Grasso, sono senz'altro meglio di Finocchiaro o Letta.

Al primo punto del programma 5 stelle c'è il reddito. Conosce la proposta di legge sul reddito minimo firmata da 50 mila persone?
Si figuri, l'ho anche firmata.

Può essere un punto di partenza per introdurre questa misura anche in Italia?
Rispetto alla proposta di Grillo ci sono differenze sostanziali. Quando lui parla di reddito di cittadinanza in realtà intende un salario sociale minimo delimitato nel tempo, utile a superare la precarietà. Il reddito minimo si potrebbe fare erogando 200 euro per ogni persona in ogni nucleo familiare. Ma a patto di introdurre contemporaneamente misure sulla fiscalità. Potremmo fare come in Corea del Sud che ha abolito l'uso del contante. In poco tempo l'economia sommersa è diminuita dal 18% all'8%. L'effetto è stato straordinario. Noi abbiamo il 20% del sommerso, l'effetto sarebbe pari al 3-4% del Pil. Avremmo un sacco di soldi da spendere, oltre ai risparmi fatti in questi anni. Ma bisogna farle insieme, altrimenti il reddito resterà un sogno.

Lei sostiene che l'abolizione del contante serva al contrasto dell'evasione fiscale. Su questo il dibattito è aperto. Insieme alla riforma fiscale e al reddito, è necessaria una riforma ammortizzatori sociali?
Certo. Se funzionasse davvero bene si potrebbe pensare all'abolizione delle pensioni. È una prospettiva radicale, ma anche quella che discutiamo lo è. I contributi versati dai lavoratori si ridurrebbero, come il cuneo fiscale. Questi soldi verrebbero messi a disposizione della fiscalità a vantaggio di chi non ha un lavoro.

Per essere credibile questo progetto avrebbe bisogno anche della riforma dell'Inps.
Indubbiamente.

Ha criticato chi pensa che dalla recessione attuale si esca tornando a crescere e aumentando il Pil. Vuole spiegare la sua posizione?
Secondo la visione liberista il mercato del lavoro costituisce il primum movens che genera la crescita del sistema economico. I manuali più à la page ci dicono che il lavoro dovrebbe essere flessibile, con libertà di entrare e uscire. Così che l'offerta possa dispiegarsi. Io credo che non bisogna parificare il lavoro ad un mezzo di produzione, ad una macchina, con le sue leggi naturali e una politica economica buona per tutte le stagioni. Questa politica è a senso unico, è diretta solo all'offerta, non ha mai funzionato. E non funziona oggi.

Che cosa bisogna cambiare?
Il modello di sviluppo. Rispetto a quello che Keynes auspicava per i suoi nipoti, noi abbiamo scelto di lavorare e consumare di più. Questa non è più una strada percorribile. Dobbiamo investire sui lavori che hanno un futuro e tutelare le persone, e il loro benessere, non difendere un posto di lavoro purchessia.

da www.ilmanifesto.it

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