Home / Newsletter / Newsletter n.155 - 23 dicembre 2011 / “Indignarsi non basta”

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razzismo

“Indignarsi non basta”

22/12/2011

Sette proposte di inclusione per trasformare l'indignazione contro il razzismo in atti concreti e per invertire la rotta delle politiche istituzionali

La grande partecipazione alla manifestazione di Firenze di sabato scorso ci incoraggia: migliaia di persone, tantissimi i migranti, hanno lanciato un forte messaggio di rifiuto del razzismo che rivendica però anche scelte istituzionali concrete per far sì che fatti come quelli di Firenze e Torino non si ripetano. Se come noi pensiamo “indignarsi non basta”, il movimento antirazzista e le organizzazioni che lavorano quotidianamente per la garanzia dei diritti umani e di cittadinanza, dovrebbero avviare una riflessione collettiva ed esigere dalle istituzioni una risposta concreta.

I partiti democratici e le istituzioni, locali e nazionali, dovrebbero compiere nel più breve tempo possibile scelte capaci di invertire la rotta delle politiche istituzionali che in questi anni hanno sconfinato nella legittimazione delle discriminazioni e del razzismo.

Il Governo definito “tecnico” e di “emergenza nazionale” poggia purtroppo sullo stesso Parlamento che ha sostenuto il Governo precedente. La crisi economica globale in corso spinge ministri e forze politiche a concentrare l’attenzione sugli interventi finalizzati al riordino dei conti pubblici e a trascurare l’inclusione e l’equità sociale. La manovra attualmente in discussione colpisce in primo luogo i lavoratori dipendenti e i pensionati, con particolare accanimento sulle fasce sociali più deboli. Non solo: i tagli imposti agli enti locali costringeranno sempre più sindaci e amministratori a ridurre, in alcuni casi a cancellare dai loro bilanci, le risorse destinate a sostenere i già deboli e inadeguati sistemi sociali territoriali.

In questo contesto il rischio che la tesi dell’insostenibilità dell’immigrazione, sostenuta in primo luogo dalla Lega Nord e dai partiti di destra, ma condivisa anche da molti amministratori locali di centro-sinistra, trovi un consenso crescente è altissimo. Se continuasse ad avere un seguito, potrebbe tradursi facilmente nell’azzeramento delle risorse destinate all’inclusione sociale dei migranti e nella proliferazione di ordinanze o provvedimenti amministrativi finalizzati a limitare l’accesso dei cittadini stranieri al welfare, alle politiche abitative, agli strumenti di sostegno al reddito. Come ci segnala l’ennesima iniziativa discriminatoria della Lega Nord in Lombardia, di cui diamo conto in un altro articolo, sarà proprio questo uno degli assi prioritari sui quali si concentrerà l’azione politica del partito di Bossi per recuperare visibilità e consenso messi in crisi dalla sua fuoriuscita dalla maggioranza di Governo.

Se è innegabile che la gestione dell’attuale crisi sia un compito difficilissimo, sarebbe un errore alimentare più o meno esplicitamente scelte politiche e istituzionali che, riconfermando una gerarchia e una contrapposizione tra le persone titolari di diritti scegliendo come criterio di riferimento principale quello della nazionalità, non assumessero la priorità di garantire concretamente i diritti umani e di cittadinanza dei cittadini stranieri e dei rom presenti nel nostro paese.

L’elenco delle “cose da fare” per riorientare le politiche migratorie e sull’immigrazione nella direzione della tutela dei diritti fondamentali è, naturalmente, lunghissimo. A partire dalla necessità di modificare radicalmente il testo unico 286/98 così come modificato a seguito dell’entrata in vigore della legge Bossi-Fini e delle norme che hanno composto il pacchetto sicurezza introdotto dal Governo Berlusconi. Ma sappiamo che sarà molto difficile che l’attuale governo prenda un’iniziativa in tal senso.

Ci sono però a nostro parere alcune scelte urgenti che non possono attendere, alcune delle quali non richiedono un intervento legislativo. Ne segnaliamo alcune.

1. In primo luogo il Governo, in particolare il Ministero degli Interni, potrebbe impegnare le proprie strutture affinché sia garantita l’applicazione della legge Mancino avviando indagini sui movimenti, le organizzazioni, i siti e i blog che diffondono messaggi di odio, propagandano la xenofobia e il razzismo quando non promuovono vere e proprie aggressioni razziste nei confronti di cittadini stranieri e rom. La legge esiste già, basterebbe applicarla.

2. La “politica del disprezzo” e del “rifiuto” che sta all’origine della proliferazione dei campi rom e che ha ricevuto più volte la condanna delle istituzioni internazionali dovrebbe essere fermata predisponendo un piano nazionale di inserimento abitativo dei rom che, anche attraverso interventi di auto-recupero urbano, coinvolga le comunità rom nella sua ideazione e porti in tempi brevi alla scomparsa dei campi. Anche in questo caso non serve un intervento legislativo, servono una strategia e le risorse per seguirla: considerando i milioni di euro letteralmente buttati al vento nella costruzione dei campi autorizzati variamente denominati e nei costosissimi interventi di sgombero degli insediamenti abusivi, non dovrebbe essere impossibile trovarle.

3. La crisi in corso ha determinato la perdita del posto di lavoro per migliaia di persone, molte di queste sono straniere. Sarebbe un atto di civiltà l’abrogazione del contratto di soggiorno, che vincola l’ottenimento e il mantenimento del permesso di soggiorno per lavoro alla titolarità di un contratto di lavoro, e prolungare la durata del permesso di soggiorno per attesa occupazione (attualmente limitata a sei mesi).

4. Migliaia di persone sono fuggite dalla Libia cercando rifugio nel nostro paese: a queste dovrebbe essere rilasciato un permesso di soggiorno umanitario.

5. La legge Bossi-Fini ha inasprito le norme che puniscono la vendita di merci dal marchio contraffatto. La condanna per questa tipologia di reato, che non desta particolare allarme sociale, è ostativa al rilascio/rinnovo di un permesso di soggiorno. L’eliminazione quanto meno dell’ostatività di questo reato in relazione alla titolarità del permesso di soggiorno sarebbe una scelta sensata.

6. Il Presidente della Repubblica, numerosi esponenti politici fino ad arrivare ad alcuni sindaci si sono espressi a favore della riforma della legge sulla cittadinanza. Negli ultimi dieci anni tale riforma è stata evocata più volte, molte parole sono state spese, ma la legge è rimasta immutata. Oggi il consenso dell’opinione pubblica a una riforma che facilitasse l’acquisizione della cittadinanza da parte dei minori figli di genitori stranieri ma anche da parte degli adulti, nonché all’introduzione del diritto di voto, è ampio: lo testimoniano le migliaia di firme sulle proposte di legge di iniziativa popolare avanzate dalla campagna L’Italia sono anch’io raccolte molto, molto più facilmente rispetto a 14 anni fa quando un’iniziativa analoga fu promossa dalla Rete antirazzista. Il consenso a una tale riforma è ampio anche in Parlamento. Se non ora quando?

7. Molti lavoratori stranieri sono costretti a lavorare al nero in condizioni disumane e degradanti ricevendo compensi ai limiti dell’indecenza. Perché non introdurre la possibilità di rilasciare un permesso di soggiorno a quei lavoratori che facciano vertenza e denuncino i datori di lavoro che li impiegano al nero? L’articolo 18 del testo unico 286/98 prevede la possibilità di rilasciare un permesso di soggiorno provvisorio per motivi umanitari e di protezione sociale e per coloro che si trovano in una situazione di violenza o di grave sfruttamento. Nei fatti questo tipo di permesso potrebbe essere rilasciato anche nei casi di sfruttamento sul lavoro.

Sono solo alcuni dei provvedimenti necessari, se il Governo e il Parlamento ne prendessero in carico anche solo alcuni, darebbero uno dei contributi migliori alla lotta alla xenofobia e al razzismo.

* il titolo dell'articolo riprende quello di un agile libretto pubblicato da Pietro Ingrao con Maria Luisa Boccia e Alberto Olivetti di cui consigliamo la lettura

articolo apparso su www.cronachediordinariorazzismo.org

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