Home / Newsletter / Newsletter n.155 - 23 dicembre 2011 / Affitto in nero, ti denuncio

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Affitto in nero, ti denuncio

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Come autoridursi l'affitto dell'80 per cento in una settimana. Non è una pubblicità per gonzi, né un rigurgito degli espropri anni Settanta, ma una piccola rivoluzione legale che, in giro per l'Italia, è già cominciata. Basta mettersi in coda all'Agenzia delle entrate, o fare un giro tra i sindacati degli inquilini, per trovare traccia del popolo della legge 23, battezzata col nome ostico di "cedolare secca". Legge che, oltre a fare uno sconto fiscale ai padroni di casa onesti, quelli in regola col fisco, ha dato un grimaldello potente agli inquilini in nero. Che da giugno possono denunciare i proprietari, ottenere la riduzione del canone e un contratto stabile per otto anni. All'inizio, della novità si sono accorti in pochi, e qualcuno ha parlato di fallimento della legge. Ma adesso il passaparola sta girando: complice la crisi che morde, e i vari movimenti degli "occupy" che, oltre a Wall Street, hanno preso di mira anche il caro-casa e gli affitti in nero degli studenti.

La rivolta di Stella. "Deboli sì, ma non ignoranti". Stella Liberato ha 33 anni, di mestiere fa la consulente aziendale, e da qualche mese respira. Invece dei soliti 850, adesso sborsa 250 euro al mese per la sua casa in affitto, nella semiperiferia romana. E non le sembra vero. Davanti a un'assemblea di studenti alla Sapienza, sotto lo striscione della campagna Fuori dal nero, racconta la sua storia. Simile a quella della maggior parte dei ragazzi che la ascoltano, studenti fuori sede a 3-400 euro per stanza. "Anche io da studentessa sono sempre stata al nero, ma adesso basta. C'è questa legge, usiamola. Non dobbiamo essere complici dell'evasione, né avere paura dei padroni di casa". Stella parla delle nuove regole e dei trucchi per aggirarle; spiega che se paghi con un bonifico o un assegno o anche se hai un paio di testimoni del pagamento in nero il gioco è fatto. Racconta che non c'è niente da temere: "Il proprietario, nel mio caso, si è trovato di fronte al fatto compiuto, quando ha visto che gli è arrivato un bonifico più basso del solito. Si è arrabbiato, ma non poteva fare niente". Ormai l'affitto è quello, e durerà per otto anni. Senza contare il pericolo concreto che il fisco poi bussi alla porta per recuperare tutta l'evasione passata. Mentre gli inquilini dal punto di vista legale sono in una botte di ferro: "Alcuni padroni di casa cercano di mandarti via con soldi; altri si infuriano, minacciano; altri ancora si rassegnano. Dovevano pensarci prima", dice Stella. Ma se è così, perché non lo fanno tutti?

"Finora a Roma abbiamo aiutato 450 famiglie, che in media vengono a spendere 700 euro in meno al mese". Walter De Cesaris, segretario dell'Unione inquilini, è contento come una Pasqua. "In un mese, l'insieme di queste famiglie risparmia 315 mila euro. In otto anni, risparmieranno più di 30 milioni". E a chi obietta che 450 case sono una goccia nel mare degli affitti in nero a Roma, De Cesaris risponde: "Finora abbiamo avuto poco tempo, ma adesso il passaparola corre. Solo il nostro sindacato in tutt'Italia ha fatto registrare 2 mila contratti". Il Sunia, sindacato inquilini della Cgil, parla di 5 mila regolarizzazioni totali e denuncia l'inerzia dei comuni e degli uffici fiscali. In effetti, non è che tutte le sedi dell'Agenzia delle entrate siano altrettanto chiare e solerti, quando gli inquilini si presentano allo sportello.

"Qui a Roma noi mandiamo gli inquilini all'Agenzia dell'Aurelio, sono i più corretti", dice Fabrizio Ragucci, soldato di prima linea della battaglia degli affitti in nero. Nella sede romana dell'Unione inquilini, riceve e smista lunghe file di persone in cerca di informazioni, aiuto, protezione. Poche ore alla sua scrivania danno uno spaccato vivido della questione casa nella capitale, e dell'intreccio di piccole e grandi evasioni, complicità e conflitti che regge l'impalcatura enorme degli affitti in nero in Italia. Che secondo il Sunia sono almeno 1,5 milioni e che l'Agenzia del territorio non riesce a censire, ma classifica dentro la generica categoria "altri utilizzi" nelle sue tabelle, confusi dentro uno stock di 5 milioni di abitazioni del quale non si sa la destinazione.

Sportello aperto. Arrivano alcuni studenti di piazza Bologna, con un contratto semifalso in mano. Pagano 1.400 euro al mese in quattro, sul contratto c'è scritto 600. La differenza è versata in contanti, "vale come testimone l'amico, la sorella, il parente?". Sguardi preoccupati. Tornano Alessio e Giovanna, la loro pratica è quasi chiusa: sono andati a vivere fuori Roma per cavarsela, ma pagavano comunque 450 euro al mese più il condominio. Adesso sono a 160 euro puliti, e il figlio che sta per nascere starà in quella casa almeno fino all'ottavo compleanno. Non hanno sensi di colpa, "il nostro padrone di casa ha 23 appartamenti".

Invece Mario, anche lui abbastanza giovane e con un affitto in nero nell'hinterland di Roma, la denuncia non l'avrebbe neanche voluta fare: "Ma per una sola volta che ho tardato un pagamento perché avevo difficoltà, la padrona mi ha fatto scrivere dall'avvocato, intimandomi di andare via". Quella lettera ingenua è diventata una fonte di prova schiacciante, e adesso Mario resta lì con affitto al minimo. "Vengono soprattutto giovani coppie, ma anche molti studenti", racconta Fabrizio, "immigrati di meno, si sentono più ricattabili". A Firenze, per esempio, ha fatto rumore la storia di Occresio Borges, venditore brasiliano che si è trovato messo fuori casa, con la serratura cambiata e tutte le sue cose sul pianerottolo. Ha chiamato i carabinieri e ha avuto ragione.

"Abbiamo il 56 per cento degli affitti in nero in città, e riguardano soprattutto immigrati e studenti", dice Simone Porzio, del Sunia fiorentino, "per questo abbiamo fatto un patto d'azione con le reti degli universitari". Per evitare le ritorsioni fisiche e le minacce, i sindacati danno consigli strategici: cambiare la serratura e le utenze prima di tutto, non parlarne con nessuno finché non si ha il contratto regolarizzato in mano. A quel punto, ai proprietari resta solo la strada di un'azione penale che però è spesso accidentata e pericolosa per loro.

Ma più che le minacce fisiche e legali, spesso a frenare le denunce è un impasto di quieto vivere, inconscia complicità, vecchie relazioni. Come nel caso di Michela e Silvia, due ragazze romane che da settimane meditano sul da farsi. Si dividono una casa al Pigneto, hanno due lavori precari e portano a casa sì e no 2 mila euro al mese. Quasi la metà se ne va in affitto. "E' in nero. Però il padrone di casa è sempre stato gentile, interviene se qualcosa non va, fa le riparazioni. Non è uno molto ricco, ha questa casa in più che affitta... un po' ci dispiacerebbe dargli questa botta". E però: "Ci pensi, risparmiare 5-600 euro al mese? Soprattutto di questi tempi, con il lavoro che va e viene? Ci cambierebbe la vita".