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Acqua, scuola e lavoro nelle urne dell'India
L'economia più che il terrorismo al centro delle elezioni in Rajasthan. Vigilate dai guardiani del Rajasthan Election Watch, formato da 1.200 organizzazioni indipendenti
Sono stati circa 100 milioni gli indiani chiamati alle urne, nelle settimane scorse, per rinnovare le Assemblee legislative di cinque stati, uno dei quali, il Rajasthan, conta da solo una popolazione pari a quella italiana, con circa 58 milioni di abitanti. Una terra da cartolina, ma in progressiva desertificazione, dove il problema dell’acqua è all’ordine del giorno. Lo stato del Rajasthan, fino a ieri governato dalla destra nazionalista del BJP, all’opposizione in parlamento, è passato sotto la leadership del Congress che ha conquistato 98 distretti su 200.
Oltre al Rajasthan, i candidi del Congress hanno conquistato lo stato di Delhi (al loro terzo mandato consecutivo) e il Mizoram (rovesciando il partito locale MNF), mentre il BJP ha tenuto in Madya Pradesh e nel Chaittisgarh. Si tratterebbe, a detta di molti opinionisti, di una pesante sconfitta per il BJP, la cui campagna elettorale si era fortemente concentrata, dopo i tragici fatti di Mumbai, sulla tematica “tolleranza zero” e stava puntando tutto sull’anti-terrorismo islamico e sull’odio comunalista contro i musulmani. Quella del terrore, della sicurezza, dell’intolleranza religiosa, infatti, non si è rivelata una carta vincente. E potrebbe non esserlo neppure per la campagna elettorale primaverile, suggeriscono i primi commentatori.
Secondo le testate locali, infatti, più del 70% degli aventi diritto al voto, in particolare nelle zone rurali del Rajasthan, ha indicato come fattori determinanti per la scelta dei candidati la disponibilità di acqua non salina da bere e per irrigare i campi, la presenza di scuole e opportunità all’istruzione anche per i bambini che lavorano e più posti di lavoro. Tutte cose - acqua, istruzione, impiego - promesse e annunciate anche nelle passate campagne elettorali, ma mai portate a termine, che contribuiscono a creare disillusione intorno all’operato della classe politica e ad allontanare la popolazione dai processi democratici. Ad una giornata dal voto, si è registrato, infatti, un calo del 5% percento rispetto alle passate elezioni. “Una percentuale - dice Aruna Roy, attivista e coordinatrice del Mazdoor Kisan Shakti Sangatan (Organizzazione per i diritti dei lavoratori e dei contadini) - destinata a crescere. Sono sempre di più gli abitanti delle zone rurali con cui entriamo in contatto che non si fanno più influenzare dai fattori di casta e di religione, ancora prioritari in una zona ad alto tasso di analfabetismo, per la scelta dei candidati. E’ venuto il tempo delle risposte concrete, di trasparenza e informazioni, là dove ancora stagnano la corruzione, le minacce e le intimidazioni della classe politica”.
Quella del Rajasthan è una consultazione elettorale che ha mosso gli animi della società civile organizzata. Una rete di numerose associazioni e organizzazioni non governative locali sta infatti promuovendo da 20 giorni appuntamenti e manifestazioni in tutto lo stato, le cosidette “Lokmat Yatra”, marce per la democrazia di memoria gandhiana.
Ad animare i lunghi cortei un gruppo di teatranti e musicisti locali che mette in scena la corruzione e il degrado morale di cui la politica indiana viene accusata, richiamando l’attenzione dei cittadini e accendendo il dibattito agli angoli delle strade polverose delle città. Intervengono persone che da anni non ricevono la pensione per dimenticanze burocratiche, altre che non hanno diritto al voto perché assenti nelle liste all’anagrafe o disillusi per il fatto che, nelle passate elezioni, qualcuno aveva già votato al posto loro. E si alzano le voci dei contadini e degli abitanti delle zone rurali organizzati, venuti a centinaia nella capitale rajasthana per rivendicare, con rabbia e determinazione, il diritto fondamentale ad essere parte del processo democratico e a poter giocare un ruolo primario nella governance locale. “Siamo pronti a stracciare i nostri voti - dicono - perché ai nostri figli non è ancora assicurata l’istruzione, perché non c’è acqua nei nostri villaggi, perchè il deserto sta lentamente prendendo il posto dei nostri campi…e quello che faranno i politici corrotti, non lo faranno nel nostro nome”.
A ridosso delle elezioni, il laboratorio politico coordinato dalla Roy e da un network nazionale di 1.200 organizzazioni indipendenti ha costituito il “Rajasthan Election Watch” con lo scopo di vigilare, assicurare trasparenza nei processi elettorali indiani e disseminare le informazioni raccolte al più alto numero di elettori, a maggior ragione se lontani dai centri di potere. Attraverso l'esercizio del diritto d’informazione, un nutrito gruppo di giovani volontari ha così tenuto sotto osservazione più di 2000 candidati in corsa per le elezioni, ricostruendone il profilo finanziario, penale e la rappresentanza di genere, grazie all’attenta disamina delle dichiarazioni che gli aspiranti politici devono obbligatoriamente rilasciare alla Commissione Elettorale parlamentare.
Ne risulterebbe un quadro sconcertante: nel solo distretto di Jaipur, ad esempio, capitale rajasthana che vede in gara 279 candidati, due di essi sono accusati di omicidio e uno di tentato omicidio. Si registrano, inoltre, casi di violenza familiare, manifestazioni armate, pestaggi, furti e traffico di droga. Circa la metà dei candidati non ha rilasciato la dichiarazione dei redditi e sostiene di non possedere nemmeno un’automobile, al contrario più di un quarto dei candidati dichiara un reddito che supera dieci milioni di rupie l’anno.
Rispetto alla rappresentanza di genere, nonostante i partiti abbiano assicurato il 33% di quote femminili, la percentuale delle donne in campo non raggiunge nemmeno il 6%.
I dati raccolti sui diversi candidati, nome e cognome inclusi, insieme ai programmi di tutti i partiti in corsa (alcuni dei quali ufficialmente disponibili solo 5 giorni prima delle elezioni) sono stati diffusi nei modi più disparati: conferenze stampe, numero verde e SMS, siti web, forum e assemblee nei villaggi. Una campagna di pressione di questo tipo non ha come mero scopo quello di fare i conti in tasca e criminalizzare i candidati - cui si richiede integrità, onestà e trasparenza - ma si pone l’obiettivo di sensibilizzare gli elettori sulla necessità di consapevolezza che richiede l’esercizio del voto e sull’allargamento della partecipazione pubblica ai processi democratici. Il Rajasthan Election Watch è inoltre convinto che ci sia bisogno di andare oltre il diritto di voto, verso il diritto di partecipare al governo in prima persona. Tema cardine è come declinare la democrazia, elaborare nuovi modi in cui svilupparla e nuove forme di governance, al di là delle sua tradizionale forma rappresentativa.
Continua Aruna Roy “Siamo in una forma di governo, la democrazia, complessa e disordinata, in cui ciascuno deve avere il diritto di chiedere ai leader chi sono, cosa faranno, come utilizzeranno le finanze e da dove prenderanno i soldi per gestire la cosa pubblica”. Parola chiave di questa campagna è il diritto all’informazione, che diventa veicolo di trasparenza, apertura, responsabilità e coinvolgimento civile, e strumento di lotta contro l’omertà di un’amministrazione e di una classe politica sempre meno attendibili e intrise di corruzione; una rivendicazione, quella secondo cui il diritto all’informazione è sacro santo come il diritto all’acqua, che ha portato il Parlamento Indiano, nel 2005, ad approvare il “Right To Information Act”, dando ragione ad una campagna nazionale di lunga data che vede tra i suoi protagonisti propri quei contadini e quegli abitanti delle zone rurali, oggi in prima fila nelle contestazioni elettorali.
La legge sull’informazione dà diritto a consultare tutto il materiale dell’amministrazione e a richiedere informazioni su qualsiasi materia in ogni distretto. Oggi, anche le caste più emarginate possono chiedere informazioni sull’acqua, sulla terra, sui lavori pubblici dei propri villaggi, sul reddito minimo garantito (altra fondamentale conquista del MKSS che assicura un reddito minimo garantito agli abitanti delle zone rurali per lavori manuali non qualificati) e hanno il fondamentale diritto di poter dire: "Tu stai spendendo il mio denaro. Rendimene conto.”
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