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Grecia/Europa

Il dottor Schäuble

28/07/2015

"La ragione per cui cinque mesi di negoziati tra la Grecia e l’Europa hanno portato ad un’impasse è che questo è proprio quello che il dottor Schäuble voleva che accadesse". L’ex ministro delle Finanze greco spiega il piano di Schäuble per esautorare i parlamenti nazionali di ogni potere

La ragione per cui cinque mesi di negoziati tra la Grecia e l’Europa hanno portato ad un’impasse è che questo è proprio quello che il dottor Schäuble voleva che accadesse.

Nel periodo dei miei primi incontri a Bruxelles, all’inizio di febbraio, si era già formata una potente maggioranza in seno all’Eurogruppo. Si muoveva intorno alla pressante figura del ministro delle Finanze tedesco, la cui missione era quella di bloccare qualsiasi accordo sulla costruzione di un terreno comune tra il nostro governo e il resto della zona euro. «Le elezioni non possono cambiare nulla» e «o il Memorandum o nulla» furono le affermazioni con cui Schäuble salutò il mio primo intervento all’Eurogruppo.

Con queste premesse, i negoziati erano destinati a fallire e a risolversi in un’impasse, che aveva precisamente lo scopo di preparare il terreno per quello che il dottor Schäuble, da prima ancora che il nostro governo fosse eletto, aveva già deciso essere la soluzione “ottimale”: spingere la Grecia fuori dall’eurozona al fine di disciplinare quegli Stati membri che oppongono resistenza ai suoi piani per la ristrutturazione della zona euro. Questa non è una mia teoria. Come faccio a sapere che il Grexit è una parte importante del piano del dottor Schäuble per l’Europa? Perché me lo ha detto lui stesso!

Non scrivo queste righe in veste di politico greco indignato dal trattamento riservato dalla stampa tedesca alle nostre proposte, dal rifiuto di Berlino di prendere sul serio il nostro piano di moderata ristrutturazione del debito, dalla decisione altamente politica della Banca centrale europea di asfissiare il nostro governo o dalla decisione dell’Eurogruppo di dare alla BCE la luce verde per chiudere le nostre banche. No, le scrivo in veste di semplice cittadino europeo che osserva con preoccupazione il dispiegarsi di uno specifico piano per l’Europa: il piano del dottor Schäuble.

Per questo chiedo ai lettori informati del Die Zeit: è un piano che approvate? Ritenete che sia un buon piano per l’Europa?

Il piano del dottor Schäuble per l’eurozona

La valanga di salvataggi tossici che ha seguito la prima crisi finanziaria dell’eurozona è stata la dimostrazione del fatto che la cosiddetta no bailout clause – la regola secondo la quale gli Stati dell’eurozona non possono farsi garanti del debito di un paese – fosse un terribile sostituto per la mancanza di un’unione politica. Wolfgang Schäuble lo sa e ha messo in chiaro il suo piano di forgiare una unione più stretta. «Idealmente, l’Europa sarebbe un’unione politica», ha scritto in un articolo congiunto con Karl Lamers, ex capo degli affari esteri della CDU.

Il dottor Schäuble ha ragione a sostenere cambiamenti istituzionali che potrebbero fornire alla zona euro i meccanismi politici che le mancano. Non solo perché è impossibile altrimenti affrontare l’attuale crisi che sta attraversando l’eurozona, ma anche allo scopo di preparare la nostra unione monetaria per la prossima crisi. La domanda è: questo piano specifico è quello di cui ha bisogno l’eurozona? È un programma che gli europei dovrebbero sostenere? E come si propongono i suoi autori che venga attuato?

Il piano Schäuble-Lamers si basa su due idee: «Perché non istituire un commissario europeo per il bilancio col potere di bocciare i bilanci nazionali se questi non corrispondono alle regole che abbiamo concordato congiuntamente?», si chiedono Schäuble e Lamers. «Inoltre, vediamo con favore la creazione di un “parlamento dell’eurozona” che comprenda i deputati dei paesi della zona euro, al fine di rafforzare la legittimità democratica delle decisioni che riguardano la moneta unica».

Il primo punto da rilevare sul piano Schäuble-Lamers è che è in contrasto con qualsiasi nozione di federalismo democratico. Una democrazia federale – come la Germania, gli Stati Uniti o l’Australia – si fonda sulla sovranità dei suoi cittadini, che si riflette nel potere positivo dei loro rappresentanti di legiferare in nome del popolo sovrano.

In netto contrasto, il piano Schäuble-Lamers prevede solo poteri preclusivi verso gli Stati: un lord supremo del bilancio dell’eurozona (forse una versione abbellita del presidente dell’Eurogruppo) equipaggiato di poteri esclusivamente negativi, di veto, nei confronti dei parlamenti nazionali. Il problema è duplice. In primo luogo, tutto questo non sarebbe sufficiente ad aiutare a salvaguardare i fondamentali macroeconomici della zona euro. In secondo luogo, violerebbe i principi fondamentali della democrazia liberale occidentale.

Se il lord supremo immaginato da Schauble fosse esistito prima della crisi, esso sarebbe forse stato in grado di porre il veto sulla dissolutezza del governo greco, ma non sarebbe stato in grado di fare nulla per prevenire lo tsunami di denaro che si è riversato dalle banche private di Francoforte e Parigi verso le banche private della periferia. Tali deflussi di capitale hanno creato un debito insostenibile che, inevitabilmente, quando i mercati finanziari sono implosi, sono stati trasferiti sulle spalle del settore pubblico. Nel periodo post-crisi, il Leviatano del dottor Schäuble si sarebbe dimostrato ancora una volta impotente di fronte alla potenziale insolvenza di diversi Stati causata dal loro salvataggio (diretto o indiretto) delle banche private.

In breve, il nuovo “alto rappresentante” previsto dal piano Lamers-Schäuble sarebbe stato incapace di prevenire le cause della crisi e di affrontare le sue ripercussioni. Inoltre, ogni volta che avesse posto in atto il suo potere, ponendo il veto ad un bilancio nazionale, il nuovo alto rappresentante avrebbe annullato la sovranità di un popolo europeo senza averla sostituita con una sovranità di ordine superiore a livello federale o sovranazionale.

Il dottor Schäuble è stato incredibilmente coerente nell’immaginare un’unione politica che va contro i principi fondamentali di una federazione democratica. In un articolo uscito sul Die Welt il 15 giugno 1995, Schäuble liquidava come inutile il “dibattito accademico” in corso sul fatto se l’Europa debba essere «una federazione o un’alleanza di Stati». Era giusto affermare che non c’è alcuna differenza tra una federazione e un’alleanza di Stati? Io ritengo che la mancata distinzione tra i due costituisce una grave minaccia per la democrazia europea.

I prerequisiti dimenticati per un’unione politica liberale, democratica e multinazionale

Un fatto spesso dimenticato nelle democrazie liberali è che la legittimità delle leggi e della costituzione non è determinata dal suo contenuto giuridico ma dalla politica. Affermare – come ha fatto il dottor Schäuble nel 1995 e di nuovo, implicitamente, nel 2014 – che non fa alcuna differenza se la zona euro sia un’alleanza di Stati sovrani o uno Stato federale vuol dire ignorare volutamente che quest’ultimo può creare autorità politica mentre la prima non può.

Una “alleanza di Stati” può concludere accordi reciprocamente vantaggiosi contro un aggressore comune (ad esempio nel contesto di un’alleanza militare difensiva, concordare standard comuni in diversi settori, creare zone di libero scambio, ecc. Ma tale alleanza di Stati sovrani non potrà mai creare legittimamente un sovrano supremo con il diritto di cancellare la sovranità dei singoli Stati, poiché non esiste la sovranità collettiva, a livello di alleanza, da cui trarre l’autorità politica necessaria per farlo.

È per questo che la differenza tra una federazione e una “alleanza di Stati” è una questione enorme: mentre una federazione sostituisce la sovranità incamerando quella a livello nazionale o statale con una nuova sovranità a livello federale, centralizzare il potere all’interno di una “alleanza di Stati” è, per definizione, illegittimo, poiché non esiste un corpo politico che possa suggellare tale decisione. Né può alcuna camera del Parlamento europeo, di per sé privo del potere di legiferare liberamente, legittimare il potere di veto del commissario per il bilancio sui parlamenti nazionali.

Per dirla in modo leggermente diverso, le piccole nazioni sovrane, ad esempio, l’Islanda, hanno una certa libertà di manovra, nei limiti imposti dalla natura e dal resto dell’umanità. Nei limiti di questi vincoli esogeni, però, il corpus politico islandese possiede l’autorità assoluta di mantenere i propri funzionari eletti responsabili delle loro decisioni e di stravolgere ogni atto legislativo deciso in passato. In contrapposizione, i ministri delle finanze della zona euro spesso tornano dalle riunioni dell’Eurogruppo lamentandosi delle scelte a cui hanno appena aderito ma facendo appello alla scusa standard secondo cui «era il massimo che potevamo ottenere all’interno dell’Eurogruppo».

La crisi dell’euro ha ampliato enormemente tale vulnus democratico nel cuore dell’Europa. Un organo informale, l’Eurogruppo – le cui decisioni non sono verbalizzate, che non è sottoposto a nessuna regola e che non è responsabile verso nessuno – governa di fatto la più grande macroeconomia del mondo, con una banca centrale che lotta per rimanere all’interno di regole vaghe che vengono improvvisate di volta in volta, e senza nessun corpo politico che possa offrire legittimità politica alle decisioni fiscali e monetarie.

Il piano del dottor Schäuble rimedierà a questo indifendibile sistema di governo? Non credo. Al massimo offrirà all’attuale inefficace ed autoritaria governance politica dell’Eurogruppo un mantello di pseudo-legittimità. Tutte le patologie della presente “alleanza di Stati” verrebbero foggiate nella pietra e il sogno di una federazione europea democratica sarebbe spinta ulteriormente verso un futuro incerto.

La pericolosa strategia del dottor Schäuble per l’attuazione del piano di Schäuble-Lamers

A maggio, a margine all’ennesima riunione dell’Eurogruppo, ho avuto il privilegio di fare una conversazione affascinante con il dottor Schäuble. Abbiamo parlato a lungo sia della Grecia che del futuro della zona euro. Più tardi, all’ordine del giorno della riunione dell’Eurogruppo, fu incluso un articolo sulle modifiche istituzionali per rafforzare la zona euro. Dal dibattito che ne seguì era chiaro che il piano del dottor Schäuble era l’asse attorno al quale convergeva la maggior parte dei ministri delle finanze europei.

Anche se in quella riunione il Grexit non fu menzionato direttamente, non mancarono i riferimenti velati ad esso. Ho sentito un collega affermare che gli Stati membri che non possono soddisfare gli impegni assunti non dovrebbero contare sull’indivisibilità della zona euro, in quanto una logica disciplinare è essenziale per garantire il rispetto delle regole. Alcuni hanno menzionato l’importanza di conferire a un presidente permanente dell’Eurogruppo il potere di veto sui bilanci nazionali. Altri hanno discusso della necessità di convocare una camera dei parlamentari dell’eurozona per legittimare tale autorità. L’eco del piano del dottor Schäuble risuonava in tutta la stanza.

A giudicare da quella conversazione e dai miei colloqui con il ministro delle Finanze tedesco, il Grexit, secondo i calcoli di Schäuble, rappresenta un passaggio cruciale per dare il via all’attuazione del piano del dottor Schäuble. Un’escalation controllata del dolore dei greci, intensificata dalla chiusura delle banche e lenita da alcuni aiuti umanitari, viene prefigurata come il momento precursore della nuova zona euro. Da un lato, il destino dei greci “spendaccioni” agirebbe da monito nei confronti di quei governi che vogliono giocherellare con l’idea di sfidare le “regole” esistenti (ad esempio Italia) o che ancora si oppongono al trasferimento della sovranità nazionale sui bilanci all’Eurogruppo (ad esempio la Francia). Dall’altro, la prospettiva di (limitati) trasferimenti fiscali (ad esempio, una più stretta unione bancaria e un fondo comune di aiuti contro la disoccupazione) rappresenterebbe la “carota” per abbonire le nazioni più piccole.

Mettendo da parte tutte le obiezioni morali o filosofiche in relazione all’idea di costituire un’unione migliore attraverso la sofferenza della popolazione di un Stato costituente, alcune domande più ampie si pongono con urgenza:

  • I mezzi sono adatti alle finalità?
  • L’abrogazione dell’indivisibilità costituzionale della zona euro (la possibilità di cacciare uno Stato mantenendo l’euro per gli altri) è un mezzo sicuro per assicurare il suo futuro come area di prosperità condivisa?
  • Può il sacrificio rituale di uno Stato membro aiutare a riunire gli europei?
  • La tesi secondo cui le elezioni non possono cambiare nulla negli Stati membri indebitati può contribuire ad aumentare la fiducia nelle istituzioni europee?
  • Oppure avrebbe l’effetto opposto, mettendo la paura e l’odio al centro delle relazioni tra Stati in Europa?

 

Conclusioni: l’Europa a un bivio

I difetti strutturali della zona euro sono emersi per primi in Grecia, prima che la crisi si diffondesse altrove. Cinque anni più tardi, la Grecia è di nuovo alla ribalta, a causa delle mire di Wolfgang Schäuble, il quale ha un piano per ristrutturare l’unione monetaria che prevede la cacciata della Grecia dall’unione in questione con la scusa che il governo greco non ha “credibili” riforme da offrire in cambio.

La realtà è che un Eurogruppo venduto al piano del dottor Schäuble e alla sua strategia non ha mai avuto alcuna seria intenzione di trovare un nuovo accordo con la Grecia che riflettesse gli interessi comuni dei creditori e di una nazione economica e socialmente devastata da un “Programma” progettato in modo assurdo. L’insistenza dell’Europa sul fatto che il nostro governo non aveva altra scelta che adottare una nuova versione di questo “Programma” fallimentare altro non era che il primo passo verso l’attuazione del piano del dottor Schäuble.

È piuttosto indicativo che, nel momento in cui i negoziati sono crollati, la tesi del nostro governo – secondo cui un accordo sostenibile doveva necessariamente includere una ristrutturazione del debito – è stata, tardivamente, riconosciuta. Il Fondo monetario internazionale è stata la prima istituzione a farlo. Straordinariamente, lo stesso dottor Schäuble ha ammesso che la riduzione del debito è necessaria ma si è affrettato ad aggiungere che esso è politicamente impossibile. Sono sicuro che quello che intendeva dire era che è sgradita a lui perché il suo obiettivo è giustificare un Grexit che permetta la realizzazione del suo piano per l’Europa.

Forse è vero che, da greco e da protagonista dei negoziati degli ultimi cinque mesi, la mia valutazione del piano Schäuble-Lamers e dei mezzi da loro scelti per attuarlo è troppo faziosa per essere presa in considerazione in Germania. La Germania è stata una leale cittadina europea e il popolo tedesco – occorre riconoscerlo – ha sempre desiderato “fondere” il proprio Stato nazione dentro un’Europa unita. Così, mettendo da parte i miei punti di vista sulla questione, la domanda è questa:

Caro lettore, cosa ne pensi? Il piano del dottor Schäuble è in conformità con il tuo sogno di un’Europa democratica? Oppure la sua realizzazione – di cui la trasformazione della Grecia in qualcosa a metà strada tra uno “Stato paria” e un agnello sacrificale non è che un primo assaggio – finirà per innescare un feedback continuo tra instabilità economica ed autoritarismo?

 

Questo articolo è uscito in tedesco sul Die Zeit il 15 luglio e in inglese sul blog dell’autore il 17 luglio.