Home / Newsletter / Newsletter n.216 - 1° febbraio 2013 / Colombia. Terra, diritti e quindi pace

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Colombia. Terra, diritti e quindi pace

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28/01/2013

BOGOTÀ - Entra nel vivo a Cuba il dialogo con cui il governo e le Farc intendono mettere fine a un conflitto armato che dura da 50 anni. E per la prima volta una soluzione è possibile.

Ma non è facile prevedere quali saranno le conseguenze di un accordo. Il tasso di violenza nella società colombiana potrebbe esplodere Il 14 gennaio scorso si sono riannodati a Cuba i fili del dialogo per metter fine al conflitto armato che segna la storia della Colombia da 50 anni. Si apre la fase più delicata; dopo i discorsi e i proclami, i negoziatori del governo e delle Farc-Ep saranno chiamati a siglare un accordo che affronti i cinque punti cruciali: accesso alla terra (chiamato con una certa enfasi desarrollo rural integral), garanzie di partecipazione politica per l'opposizione, fine definitivo delle ostilità, recupero ambientale delle zone coinvolte nel narcotraffico, garanzia dei diritti delle vittime del conflitto.

A guidare il team di negoziatori del governo è ancora Humberto de la Calle Lombana, un personaggio con una traiettoria importante nella storia del conflitto. Dopo aver rappresentato la presidenza Gaviria nell'Assemblea costituente del 1991, frutto del processo di negoziazione con l'ex movimento guerrigliero M19 e da cui uscì una delle Carte costituzionali più avanzate della regione sul tema dei diritti anche sociali, De la Calle si è schierato da subito e in maniera decisa per la Mesa de Paz (il tavolo della pace), difendendo la postura dell'attuale presidente Santos contro le critiche dell'estrema destra, che ha trovato un portavoce nell'ex presidente Uribe.
Per le Farc-Ep, il personaggio cruciale è Luciano Marín, alias Iván Márquez. «Dall'inizio si caratterizzò per essere un leader ideologico, oltre ad essere considerato un rappresentante della linea più radicale - afferma Stefanie Matiz, corrispondente dell'Espectador - e vanta esperienza politica diretta come membro del coordinamento dell'Unión Patriótica, il movimento politico che nacque come proposta della sinistra nell'allora processo di pace sotto la presidenza Betancur. Inoltre partecipò ai colloqui organizzati nei primi anni Novanta, nel 1998 e sotto la prima presidenza Uribe, tutti senza esito».

La chiave sta anche nello stallo

Sebbene i molti tentativi di soluzione politica siano inesorabilmente falliti, a dispetto della tiepida reazione popolare, l'impressione è che le carte per un accordo questa volta ci siano. «Questa volta c'è sostanziale unanimità politica e sociale, con l'eccezione dell'Uribismo radicale» spiega Héctor Fajardo, ex dirigente sindacale della Central Unitaria de Trabajadores e ora membro dell'Iscod (organizzazione non governativa finanziata dai sindacati confederali spagnoli). «Inoltre - aggiunge Fajardo - mentre i tentativi precedenti avvenivano in un ambiente in cui la Colombia era definita uno stato fallito, oggi, nel bene o nel male, le istituzioni funzionano, l'esecutivo è molto più forte e le forze armate sono chiaramente in posizione di vantaggio».

continua

Tratto da www.ilmanifesto.it