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Lunaria
20 anni di onde lunghe (e corte)
L'associazione Lunaria, fondata nel 1992, compie 20 anni. 20 anni di impegno sociale, volontariato internazionale, animazione culturale, ricerca critica, formazione da pari a pari e contro-informazione
Era il 1992: l’anno di Tangentopoli, degli attentati mafiosi a Falcone e Borsellino, della fine della cosiddetta “prima repubblica”. Un gruppo di persone attive nei movimenti e nella produzione di informazione alternativa dava vita a Lunaria.
La scelta del nome non fu casuale: in una fase in cui la crisi della politica e l’egemonia del modello neo-liberista avevano iniziato a innescare processi di frammentazione sociale, sembrava utile mettere insieme idee, energie e saperi che contribuissero a immaginare (e a costruire materialmente) un mondo diverso. Lunaria: un’altra prospettiva, un altro sguardo sul pianeta, un altro modo per viverlo e trasformarlo, efficacemente rappresentati dal nostro logo: una mezza luna con una pala in mano che solleva il mondo e lo osserva: senza mai abbassare lo sguardo.
Oggi, a distanza di 20 anni, ci troviamo in una fase storica altrettanto cruciale. La crisi economica, sociale ma anche culturale in corso non lascia spazio a vezzi retorici di autocompiacimento.
Eppure. 20 anni sono molti per un’associazione atipica come la nostra che sfugge alle categorizzazioni “classiche”: associazione culturale, di promozione sociale, di volontariato, centro di ricerca. Con in media 400-420 soci l’anno, operiamo a Roma, ma molte delle attività che svolgiamo oltrepassano le mura della capitale. Lunaria è un’associazione di promozione sociale, non è un’associazione di volontariato, ma da 20 anni promuove il volontariato internazionale tra i giovani e i meno giovani tanto da essere oggi una delle organizzazioni che inviano il maggior numero (in media 380-400 l’anno) di volontari in campi di volontariato all’estero. È insieme un’associazione antirazzista, di animazione giovanile, attiva, sin dalla sua nascita, nella realizzazione di attività di ricerca e nella produzione di informazione alternativa; è parte dei movimenti e attenta alle forme di altraeconomia; è severa con le scelte istituzionali sbagliate.
Vale la pena di volgere per un momento lo sguardo all’indietro, per ricordare almeno alcuni dei passaggi più significativi della nostra storia.
La prima iniziativa dell’associazione fu, tra la fine del 1992 e l’inizio del 1993, la creazione di Onde lunghe. La rivista, completamente autofinanziata e realizzata da una redazione interamente costituita da volontari, aveva come sottotitolo “eventi e movimenti di pace, ambiente e solidarietà”. L’editoriale del suo primo numero chiariva immediatamente il suo obiettivo: “stimolare un protagonismo di lunga durata contro il consumo istantaneo di soggettività e carta stampata” con la creazione di uno spazio comune che, superando i confini nazionali e quelli “dei mille orticelli” coltivati dai movimenti e dalla società civile, frammentata e dispersa sul territorio, li mettesse in rete per ricostruire identità collettive e progetti condivisi, per innescare processi di cambiamento duraturi. L’analisi teorica delle forme e dei danni della globalizzazione attraversò le pagine di Onde lunghe di pari passo con il racconto di tutto ciò che si muoveva, nonostante tutto, nei movimenti e nella società civile sui temi della pace, della solidarietà internazionale, dell’ambiente, delle migrazioni internazionali, dello sviluppo.
La rivista, produsse solo quattro numeri e 3 speciali, ma l’idea che la ispirò è in qualche modo il filo conduttore che ha attraversato la storia e l’agire dell’associazione fino ad oggi. A Onde lunghe seguirono altre esperienze di informazione alternativa: dalla rubrica Eppur si muove, curata per il manifesto sul settimanale eXtra, alla partecipazione all’avventura di Carta, nata come supplemento sempre de il manifesto e poi divenuta testata indipendente. Forse più di qualsiasi altra caratteristica, l’agire in rete, il tessere relazioni e collaborazioni a tutti i livelli (locale, nazionale e internazionale nella società civile, nelle scuole, nelle università) è un elemento costante della nostra storia.
La tessitura di relazioni internazionali con associazioni di volontariato di più di 50 paesi diversi ci ha permesso di lanciare il programma dei campi internazionali di volontariato che dal 1993 ad oggi hanno consentito a più di 15.000 ragazzi di vivere collettivamente e sperimentare concretamente un’esperienza di cittadinanza attiva all’estero con coetanei di altri paesi.
Il lavoro di rete è all’origine delle campagne di informazione, di denuncia ma anche di pressione nei confronti delle istituzioni sul razzismo e sui diritti di cittadinanza: con l’adesione alla Rete antirazzista nel 1996 Lunaria iniziò il suo percorso antirazzista rivendicando politiche capaci di governare una società che già allora era Meticcia. Riconoscimento del diritto di voto attivo e passivo agli stranieri, garanzia dei diritti di cittadinanza civili, sociali e politici, civilizzazione delle competenze sul soggiorno, introduzione di meccanismi di regolarizzazione ordinaria per i cittadini stranieri presenti in Italia, opposizione all’apertura dei CPTA (oggi CIE) e poi lotta per la loro chiusura sono gli obiettivi principali delle campagne condotte nel corso del tempo. Campagne accompagnate dalle inchieste sul lavoro migrante, sulle discriminazioni presenti nel welfare, nell’accesso all’abitazione, nei servizi pubblici e dagli interventi educativi nelle scuole.
Sempre in rete, questa volta come membro del Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS), partecipammo alla costruzione di esperienze di diplomazia e di solidarietà dal basso organizzando campi di volontariato nei Balcani martoriati dai conflitti e dalle “guerre umanitarie”.
Tra il 1996 e il 1997 si sviluppò anche in Italia il dibattito sul ruolo del terzo settore e sui suoi rapporti con le istituzioni. Lunaria svolse un ruolo significativo nell’analisi delle caratteristiche del terzo settore italiano, delle forme di lavoro in esso presenti, delle potenzialità, anche occupazionali, che lo contraddistinguevano, ma anche dei forti rischi di sudditanza e perdita di autonomia che potevano derivare da una distorta interpretazione del concetto di “sussidiarietà”, troppo spesso declinata come mera sostituzione del ruolo pubblico da parte del non profit nell’erogazione di fondamentali servizi sociali. Un’analisi che oggi potrebbe risultare utile riprendere. La ricerca, la formazione, la consulenza hanno affiancato l’iniziativa politica su questi temi, formando centinaia di operatori sociali tra il 2000 e il 2006.
Nel 2000 una delle intuizioni che sarebbero state tra le più feconde: la decisione di creare un osservatorio sulle politiche pubbliche scegliendo anche in questo caso la collaborazione con altre associazioni (una trentina allora, oggi 51). Prese così avvio la campagna Sbilanciamoci! con la pubblicazione sistematica di una contro-finanziaria che alla spesa militare, per la “sicurezza”, per i centri di detenzione, per le grandi opere contrappone scelte a sostegno del benessere delle persone, della tutela dell’ambiente, dei diritti di cittadinanza, dell’equità e dell’eguaglianza sociale, della qualità e della tutela del lavoro, del rafforzamento del nostro fragile sistema di welfare. Da allora il rapporto sulla spesa pubblica, l’elaborazione di indicatori della qualità sociale dello sviluppo regionale (Quars), la Controcernobbio, sono divenuti appuntamenti annuali accompagnati da decine di altre iniziative. Un salto di qualità metodologico, quello di accompagnare denuncia e proposta in modo autorevole e documentato, che ha saputo contaminare anche molte altre realtà della società civile e con il quale partiti e istituzioni hanno dovuto quanto meno confrontarsi.
Poi dal 2001 la partecipazione al movimento dei movimenti: Porto Alegre, il movimento dei social-forum, Genova, il Forum Sociale Europeo di Firenze. Da qui l’aggiornamento dell’analisi sul ruolo dei movimenti sociali e sulle forme di globalizzazione dal basso; la critica alla progressiva sudditanza della politica, partitica e istituzionale, agli interessi dei grandi poteri economici; la riaffermazione del diritto-dovere di un ruolo attivo della società civile per riconsegnare alla politica il suo significato originario come “gestione del bene comune”, l’interesse per le diverse sperimentazioni di democrazia partecipativa.
Analisi teorica e attività sociale hanno continuato ad andare di pari passo. In quegli stessi anni un altro passo in avanti: la consapevolezza che la costruzione di percorsi di cittadinanza attiva, di opportunità di formazione, di occasioni di impegno sociale e civile, di dialogo interculturale è utile non solo per i giovani ma anche per gli adulti. Da qui la sperimentazione di programmi di volontariato internazionale rivolti a persone che hanno superato i 50 anni, la creazione di una rete europea di 29 organizzazioni, il contributo al lancio di un programma europeo specificamente rivolto a sostenere le esperienze di volontariato all’estero di cittadini adulti: più di 150 i volontari di età superiore ai 50 anni sono stati coinvolti nei diversi progetti realizzati dal 2011 ad oggi.
Nel 2004, poi, un’esperienza completamente nuova: la gestione di un servizio pubblico, l’Informagiovani di Venezia-Mestre, che ci ha permesso di contaminare con le nostre attività di volontariato e di animazione giovanile il modello in crisi di un servizio pensato negli anni ’70 per un’utenza giovanile “passiva” e ancora poco abituata a confrontarsi con la dimensione internazionale.
Tra le iniziative più innovative più recenti: l’attenzione ai processi di inclusione/esclusione dei giovani “figli dell’immigrazione” con attività di inchiesta, di informazione e di animazione sociale e culturale; il lancio del sito di informazione e approfondimento old.sbilanciamoci.info, figlio naturale della campagna Sbilanciamoci!, che ha contribuito ad arricchire il dibattito sulle politiche economiche e sociali del nostro paese promuovendo diverse iniziative editoriali (tra tutte Dopo la crisi, La rotta di Europa, Il lavoro in Italia); la scelta di “rimuovere una rimozione” e avviare un lavoro sistematico di monitoraggio, denuncia e informazione sul razzismo (istituzionale, mediatico e sociale) con la pubblicazione di libri bianchi e un sito dedicato (www.cronachediordinariorazzismo.org); la partecipazione alla campagna nazionale “L’Italia sono anch’io”; lo sviluppo creativo e originale delle attività sociali, educative e culturali rivolte ai giovani a rischio di esclusione sociale, in Italia ma anche nei paesi terzi: circa 1.000 i ragazzi e le ragazze coinvolti dal 2006 ad oggi.
Oggi, in tempi così incerti e oscuri, Lunaria ha ancora molto da fare.
Il 2011 è stato un anno ancora contrassegnato dalla più grande crisi economica che l’occidente ha conosciuto a partire dal secondo dopoguerra. In questa crisi siamo ancora immersi e molto incerto è il modo in cui ne usciremo. Conosciamo invece sin troppo bene gli effetti che la crisi ha già oggi ampiamente e molto concretamente sulla vita di ampia parte della popolazione: perdita del lavoro e disoccupazione, erosione del già fragile sistema di protezione sociale, taglio dei consumi e abbassamento degli standard di vita, indebolimento della propensione al risparmio, perdita di fiducia nelle istituzioni. Lo spettro dell’antipolitica rischia di alimentare la solitudine e la frammentazione sociale e di generare una pericolosa regressione culturale.
In questo contesto così difficile, che di fronte alla crisi fatica a generare risposte e anticorpi collettivi, Lunaria, insieme a molte altre organizzazioni del sociale, ha un compito impegnativo da svolgere: continuare a generare connessioni, pensiero critico e dibattito culturale, ma anche occasioni di formazione, socializzazione e partecipazione diffusa per rovesciare quei paradigmi teorici e quelle prassi politiche fallimentari che ci hanno consegnato il malessere, l’ingiustizia e le disuguaglianze sociali di oggi. Impegno sociale, volontariato internazionale, animazione culturale, ricerca critica, formazione da pari a pari e contro-informazione è ciò che abbiamo fatto sino ad oggi e ciò che intendiamo fare nei prossimi 20 anni. A partire dal lavoro quotidiano con i giovani, non importa se nati qui o altrove.
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