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Come si sta costruendo la fine dell’euro

06/12/2011

Gli effetti perversi degli squilibri monetari nell’Ume. Qualcuno cerca in tutti i modi di separare le valute forti da quelle deboli?

 

La crisi sta destrutturando i normali meccanismi di funzionamento della politica monetaria all’interno dell’eurozona. Il mercato interbancario europeo ha ormai praticamente smesso di funzionare ed è in atto una imponente fuga dei capitali dai Paesi deboli verso quelli forti, alimentata dalle banche alla disperata ricerca di assets sicuri. Ai consolidati squilibri reali del conto corrente, si sono aggiunti in misura ancora maggiore squilibri nella medesima direzione del conto finanziario della bilancia dei pagamenti.

All’interno dell’Ume esiste un meccanismo automatico di finanziamento degli squilibri della bilancia dei pagamenti dei Paesi membri che agisce attraverso la piattaforma di regolamento lordo in tempo reale dei pagamenti interbancari, denominato “Target2”. Quando un Paese ha un saldo bilaterale negativo nei pagamenti interbancari, la Bce addebita nel proprio bilancio una passività a carico della Banca Centrale Nazionale (Bcn) del Paese in deficit e contemporaneamente accredita per lo stesso importo un’attività a favore della Bcn del Paese in surplus. Ai conti in attivo e in passivo del sistema Target2 viene applicato il tasso ufficiale della Bce (attualmente 1,25%). In tal modo gli squilibri di bilancia dei pagamenti risultano finanziati attraverso una redistribuzione automatica di base monetaria dai Paesi in surplus verso quelli in deficit [1].

In tempi di normale funzionamento dei mercati interbancari, come sono stati i primi 8 anni dell’euro, gli squilibri dentro il Target2 erano limitati nelle dimensioni e nella durata e il Target2 rappresentava un semplice strumento di regolamento contabile dei pagamenti. A partire dallo scoppio della crisi finanziaria globale, gli squilibri nei conti Target2 hanno cominciato ad impennarsi e a diventare permanenti a seguito della diffusa percezione di sostanziale insolvenza dei sistemi bancari di alcuni Paesi. A trovarsi per prima in questa condizione è stata l’Irlanda alla fine del 2007 e poi sono seguiti in successione il Portogallo e la Grecia (2009), la Spagna (2010), l’Italia (2011) e il contagio nelle ultime settimane ha lambito la Francia.

Le Bcn che hanno una posizione attiva nel Target2 sono quattro: Germania, Lussemburgo, Olanda e Finlandia. A giugno 2007 il loro saldo Target2 ammontava a +15,5 miliardi di euro; a settembre 2011 (ultimo dato disponibile) il loro attivo ha raggiunto i +666 miliardi di euro, di cui 105 miliardi di euro nei confronti dell’Italia. La posizione del leone la fa ovviamente la Germania con un attivo di ben 465 miliardi di euro.

Quali sono le conseguenze economiche di tutto ciò? Presto detto. Attraverso il Target2 i Paesi in difficoltà possono finanziare il proprio debito al tasso ufficiale dell’1,25% anziché pagare premi per il rischio ben più elevati, come mostrano gli spread intraeuropei, qualora potessero finanziarsi sul mercato. Dall’altra parte, le Bcn dei Paesi in surplus sono costrette a detenere forzosamente una quota consistente delle loro risorse in attività molto rischiose e poco remunerative.

Ma questa non è che una conseguenza secondaria. Quella principale riguarda la perdita di efficacia della politica monetaria della Bce. L’eccesso di liquidità presente sui mercati monetari dei Paesi in surplus rende insensibili alle manovre ufficiali sui tassi di interesse le domande di moneta in questi Paesi. Paradossalmente, in tale situazione la politica monetaria della Bce opera esclusivamente sui mercati monetari dei Paesi in deficit e ciò non fa che accrescere gli squilibri fondamentali. Ad esempio, il recente abbassamento del tasso ufficiale dello 0,25%, deciso dalla Bce, ha un effetto tendenzialmente espansivo per le economie in deficit, mentre ha un effetto nullo per le economie in surplus, con il risultato di incrementare i divari strutturali di competitività tra i due gruppi di Paesi.

Non solo. Se i ritmi di crescita degli squilibri nei pagamenti rimangono ai livelli attuali, nel giro di pochi mesi gli attivi dei bilanci delle Bcn dei Paesi in surplus saranno esclusivamente composti dai crediti Target2 ed esse saranno costrette, per far quadrare i loro bilanci, ad assumere decisioni paradossali: a) vendere le loro riserve in oro e valuta estera; b) emettere titoli a tassi di interesse più elevati di quelli ufficiali per drenare liquidità, diventando debitori del loro sistema bancario nazionale; c) aumentare le riserve obbligatorie delle loro banche; d) ridurre il tasso di rifinanziamento bancario al di sotto di quello ufficiale. In alternativa a queste misure economicamente perverse, esse potrebbero rivendicare la trasformazione dei crediti Target2 in aumento della partecipazione al capitale sociale della Bce a scapito delle quote dei Paesi in deficit, fino a diventare proprietarie esclusive della Bce. A quel punto però sarebbe inevitabile una radicale modifica della governance della Bce che oggi prevede un potere decisionale uguale per ogni stato membro. È difficile pensare che l’euro possa reggere di fronte al verificarsi di uno solo di questi scenari.

Di fronte a ciò sorge spontanea una domanda: perché la Germania e gli altri Paesi in surplus, pur sopportando costi significativi, hanno lasciato degenerare la situazione fino al limite dell’irreversibilità, opponendosi ad ogni tentativo di maggiore integrazione fiscale che avrebbe reso i meccanismi redistributivi più trasparenti e virtuosi, rispetto a quelli oscuri e perversi del Target2? Sorge legittimo il sospetto che si voglia giungere presto ad una situazione monetaria fuori di ogni controllo per ledere la credibilità della Bce e per creare le condizioni della costituzione di un’Europa a due velocità, dotata di due o più differenti monete, magari legate da accordi di cambio simili a quelle del vecchio Sme.

Ma l’Italia non ha nulla da dire e da fare di fronte a tale prospettiva? Siamo davvero sicuri che è meglio attendere l’inevitabile corso degli eventi anziché agire in fretta imponendo alla Germania di affrontare subito e collegialmente il tema del futuro dell’Ume?

[1] Negli ultimi mesi, in Germania si è sviluppato un acceso dibattito sul ruolo svolto dal Target2 nella crisi europea. Vedi ad es. Sinn- Wollmershäuser, Target Loans, Current Account Balances and Capital Flows: The ECB’s Rescue Facility, CESifo Working Paper n°3500/2011 e Abad-Löffler-Zemanek, TARGET2 Unlimited: Monetary Policy Implications of Asymmetric Liquidity Management within the Euro Area, MPRA, 2011.