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Scudo delle mie brame, quanti evasori nel mio reame?
Il ministro dell’Economia e delle Finanze ha dichiarato che l’obiettivo della scudo fiscale è quello di “chiudere la caverna di Alì Babà perché è inutile fare finta di contrastare l’evasione fiscale quando si lasciano aperti i paradisi fiscali”. In sostanza l’idea è che l’offensiva contro i paradisi fiscali ad un certo punto si arresterà, e che quindi è bene approfittare del clima di preoccupazione che gira tra gli evasori per fare cassa, offrendo loro un condono se rimpatriano i loro capitali depositati in Svizzera o a San Marino.
Peccato però che lo scudo non riguardi solo coloro che hanno messo i loro capitali in paesi extra-UE, ma anche quelli che li hanno messi nei paesi dell’Unione. E’ da notare che Austria, Belgio e Lussemburgo non aderiscono allo scambio di informazioni sulle attività finanziarie presenti nelle loro banche, ma si limitano ad applicare una cedolare secca. Per i capitali presenti nei paesi europei non ci sarà bisogno di nessun rimpatrio, basterà fare la regolazione così come è avvenuto nel 2002; solo che questa volta il condono tombale sarà più oneroso, cioè costerà il 5% invece del 2,5%.
L’opposizione critica, Tremonti dice: “così fan tutti”, indicando in particolare gli USA. Ora, come è noto, Obama ha in corso un lungo braccio di ferro con le autorità elvetiche e le loro banche (che più o meno è la stessa cosa), e ha concesso agli evasori-esportatori di capitali un riduzione delle multe e l’amnistia dell’aspetto penale. Ma essi verranno identificati per nome e cognome. Nel Regno Unito un “condono” è già avvenuto, e ne seguirà uno nuovo, ma di cosa si tratta? Si tratta di capitali che, si presume, hanno regolarmente assolto il dovere fiscale, e sono andati, del tutto regolarmente, all’estero. Il punto è che i proprietari hanno poi “dimenticato” di segnalare al fisco britannico i redditi conseguiti da tali capitali. Il condono consiste allora nel pagare tutte le imposte su tali redditi, e usufruire di una riduzione della multa (dal 40% al 20%, ad esempio).
Come si vede, citare i paesi anglosassoni è facile, ma significa “menare il can per l’aia”. In questi casi conviene andare a leggere cosa scrive Il Sole 24 Ore, un giornale che, poiché si rivolge ad un particolare pubblico, tra il quale molti direttamente interessati allo scudo, parla molto chiaro. Giovedì 16 luglio (p.3) in un articolo intitolato “Graditi al mercato sia la durata che l’aliquota fiscale”, si legge: “Lo “schermo” protettivo dell’anonimato nei confronti del fisco in questa terza versione parrebbe addirittura rafforzato rispetto agli scudi 2001-2003”. Questo dell’anonimato è il punto chiave che distingue lo scudo made in Italy; l’evasore, giustamente, non vuole essere identificato in modo tale da poter continuare ad evadere ed essere pronto per il prossimo scudo, che può collocare come data probabile verso il 2016 (ovviamente con l’unica incognita delle elezioni).
Pochi, maledetti e subito, in modo da poter dire che il governo non ha messo le mani nelle tasche dei contribuenti; eccetto ovviamente i lavoratori dipendenti ed i pensionati, ma lì a mettere le mani è un’entità informale chiamata fiscal drag.