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Le tasse dell'Europa. Come fare un bilancio nuovo

08/05/2009

Votiamo per l'Europa, ma quante risorse diamo all'Europa? Il dibattito sul bilancio dell'Unione va riportato a equità, democrazia e trasparenza. Ecco alcune proposte

Il bilancio dell’Unione Europea nel 2008 ammontava a 130 miliardi di euro. Le entrate che finanziano il bilancio - le cosiddette “own resources” - sono dovute per due terzi a contributi degli stati membri secondo una percentuale del Pil, mentre un altro 15% proviene da una quota dell’Iva raccolta localmente e trasferita a Bruxelles. Queste due fonti d’entrata principali rappresentano oltre l’80 per cento delle risorse del bilancio comunitario e possono essere di fatto considerati contributi diretti degli stati membri anziché “autentiche risorse proprie” dell’Unione. Le uniche entrate ad avere queste caratteristiche sono le cosiddette risorse tradizionali - dazi doganali e diritti agricoli e sullo zucchero – che hanno finanziato per i primi decenni di vita la Comunità Europea.

Tale sistema di finanziamento presenta alcune criticità:

  1. I contributi diretti degli stati membri necessariamente accentuano la differenza tra contributori netti e beneficiari netti determinando un tentativo costante dei paesi ad ottenere il massimo beneficio a scala nazionale.
  2. I trasferimenti diretti degli stati membri sono considerati iniqui1 perché non fondati sulla reale capacità contributiva dei cittadini e dei paesi. L’Iva è un’imposta indiretta quindi regressiva per definizione, la quota di reddito è direttamente proporzionale al Reddito Nazionale Lordo nella sua totalità e non al reddito pro capite, una misura molto migliore di ricchezza e di capacità contributiva.
  3. Un sistema basato sulla contrattazione non appare in grado di garantire stabilità e risorse adeguate al bilancio comunitario nel lungo periodo.
  4. I cittadini non hanno una percezione diretta di come venga finanziato il bilancio comunitario.


Le proposte

Per superare queste difficoltà un sistema di vere risorse proprie dovrebbe fondarsi su un’imposta armonizzata a livello europeo, oppure essere una quota di una tassa nazionale già esistente .

La possibilità di introdurre forme di tassazione a scala continentale rappresenta inoltre un primo passo verso un sistema in grado di tener conto di quelle questioni sociali e ambientali che hanno un impatto sopranazionale basato sull’introduzione di tasse globali.

La migliore opzione per una tassa europea è probabilmente una tassa sull’energia, una carbon tax. Questa potrebbe poggiarsi su una direttiva già esistente per l’armonizzazione della base d’imposta per il petrolio, il gas naturale, il carbone e l’elettricità, tramite aliquote minime comunitarie (Cattoir 2004). Oltre a rappresentare una fonte di entrate per l’Unione una tassa sull’energia rappresenterebbe un importante incentivo allo sviluppo di fonti rinnovabili. Anche se limitata ai tassi minimi definiti dalla direttiva comunitaria, una tassa sull’energia apporterebbe risorse sufficienti a coprire buona parte del bilancio. Secondo la Commissione Europea (1993) una tassa di 10 dollari per ogni barile di petrolio equivalente consumato rappresenterebbe un’entrata per l’unione pari all’1,1% del reddito comunitario. Una tassa di questo tipo sarebbe inoltre piuttosto stabile visto che i consumi energetici sono normalmente strettamente legati alla crescita del reddito. Una riduzione importante delle entrate a causa di un utilizzo massiccio delle energie rinnovabili non appare probabile nel breve periodo ma sarebbe comunque auspicabile per ragioni di sostenibilità ambientale. Il limite principale di una tassazione di questo tipo sembrerebbe essere la mancanza di progressività. Infatti, mentre la tassazione della benzina per i trasporti ricadrebbe proporzionalmente in maniera maggiore sui cittadini più ricchi, quella sui prodotti usati per il riscaldamento colpirebbe e fasce più povere. Dovrebbe a tal proposito essere definita una struttura di aliquote diversificate sui vari prodotti. Questa rappresenterebbe una riduzione degli introiti ma sarebbe la sola carbon tax a coprire l’intero bilancio europeo.

Accanto alla carbon tax sarebbe auspicabile introdurre una tassa sulle transazioni valutarie (currency transaction tax – CCT). Questa non porterebbe così tante risorse ma potrebbe valere almeno 20 miliardi di euro (fino a 90 miliardi secondo Spratt, 2006), un sesto dell’intero bilancio. Il suo limite principale sta nella dipendenza dalle fluttuazioni dei mercati che potrebbero modificarne il gettito di anno in anno. Allo stesso tempo la CCT rappresenta però uno strumento utile a ridurre le fluttuazioni stesse, ovvero la volatilità finanziaria. Si tratta di una aliquota molto piccola (0,1% o meno) da applicare ad ogni operazione di cambio che non disturberebbe né il commercio internazionale né il risparmio. I soli attori che se ne vedrebbero danneggiati sono gli speculatori finanziari che ottengono i propri profitti dalla continua compravendita di titoli avvantaggiandosi delle piccole oscillazioni dei tassi di cambio. Si tratta di una tassa che non colpisce l’economia reale ma che invece mette dei freni all’uso indiscriminato della finanza. Potendo innalzare l’aliquota per difendere la propria moneta in caso di difficoltà, la CCT rappresenta un efficace strumento di contrasto degli attacchi speculativi e dei cosiddetti herd behaviors. In questo senso viene ridotta la volatiti dei mercati e promossa una stabilità finanziaria che va a vantaggio non sono delle casse comunitarie, ma dei risparmiatori in genere. La stabilità finanziaria viene vista in questo senso come un bene pubblico globale da preservare. Si tratta di una misura estremamente facile da applicare, con costi molto bassi e fortemente progressiva già che ricadrebbe solo su pochi operatori finanziari sulle banche sui fondi d’investimento europei e non.
Queste due risorse assieme potrebbe facilmente sostituire i trasferimenti diretti degli stati membri rendendo nuovamente il bilancio europeo fondato su risorse proprie e permettendo alle istituzioni europee di concentrarsi sugli obiettivi dell’Unione anziché sulle pressioni dei singoli stati membri.

Anche una semplice riforma dell’Iva potrebbe migliorare l’attuale sistema. È ipotizzabile differenziare l’Iva per diversi prodotti in modo da ridurre l’iniquità dell’imposizione e da farla gravare in misura maggiore su quei prodotti che sono consumati dai più ricchi o che comportano degli effetti negativi per la società (inquinamento, armi, pubblicità o sport spettacolo).

Un’altra possibilità è rappresentata dal trasferimento al bilancio comunitario dell’Iva sulle importazioni da paesi terzi (Bornico 2006). L’Iva pagata alle frontiere esterne dell’Unione è infatti assimilabile ai dazi doganali, una delle risorse tradizionali. La differenza principale sta nel gettito: l’Iva sulle importazioni rappresenta tra l’1 e il 2% del reddito comunitario. Verrebbero però così accentuate le asimmetrie già tipiche delle utilizzo dei dazi doganali. L’ostacolo maggiore sarebbe infatti rappresentato da Regno Unito e Paesi Bassi, che a causa della dimensione dei loro porti dovrebbero rinunciare and una quota importante di risorse interne.

Queste ultime due misure non sarebbero immediatamente visibili ai cittadini ma a loro applicazione sarebbe immediata ed efficace per sostenere il bilancio comunitario.

Conclusioni

Se il bilancio comunitario ha bisogno di essere riformato, la riforma del lato delle entrate è uno dei punti di partenza. Il nuovo bilancio europeo deve fondarsi su risorse proprie in grado di garantire indipendenza alle istituzioni europee per perseguire politiche utili all’Unione nel suo complesso. Forme di fiscalità sopranazionale capaci di offrire risorse adeguate ed equità esistono e sono facilmente applicabili. Del resto se le politiche comunitarie si propongono di affrontare questioni che vogliamo di competenza di istituzioni sopranazionali, anche i metodi per finanziarle è bene che si adeguino alla dimensione regionale delle sfide da affrontare.

Questo articolo è tratto dal lavoro Reforming the budget, reforming the revenues dello stesso autore. Il testo originale può essere scaricato da:http://old.sbilanciamoci.org/docs/sbileu/07.pdf

 

L’intero rapporto di Sbilanciamoci! sul bilancio europeo "Budgeting for the future, building another Europe"è consultabile capitolo per capitolo su:

 

http://old.sbilanciamoci.org/index.php?option=com_remository&func=fileinfo&id=116

 

Bibliografia.

 

Bornico, C., 2006, “Studio di una nuova fonte di finanziamento nell’ambito del Bilancio dell’Unione Europea” 01/2006, Associazione universitaria di studi europei, Ecsa-Italy

 

Cattoir, P., 2004, “Taxation Papers. Tax-based EU own resources: An assessment”, Working paper No 1 — April 2004, European Commission, Directorate-General Taxation & Customs Union

 

European Commission and Eurostat (2003), "Structures of the taxation systems in the European Union. Data 1995-2001", Luxembourg.

 

Schreyer M., 2006, Speech at Greens/EFA seminar “Reform of the Own Resources system - A way to a better financing of the European Union” European Parliament, Brussels, 9 November 2006.

 

Spratt S., 2006, “A Euro Solution. Implementing a levy on Euro transactions to finance international development”, financed by the Commission of the European Union, www2.weedonline.org/uploads/euro_solution.pdf.

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
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