Home / Newsletter / Newsletter n. 102 - 8 gennaio 2011 / Produrre e lavorare meglio, con democrazia

facebook-link twitter-link

Newsletter

Registrati alla newsletter di sbilanciamoci.info

Newsletter

Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito

Produrre e lavorare meglio, con democrazia

07/01/2011

I fatti dietro l'accordo di Mirafiori, i tagli alla produzione della Fiat in Italia e il crescente orientamento finanziario, le alternative. La lettera degli economisti sul conflitto Fiat-Fiom già sottoscritta da circa 150 docenti e ricercatori.

Il conflitto Fiat-Fiom scoppiato a fine 2010 sul progetto per lo stabilimento di Mirafiori a Torino – che segue l’analoga vicenda per lo stabilimento di Pomigliano d’Arco - è importante per il futuro economico e sociale del paese. Giornali e tv presentano la versione Fiat, sostenuta anche dal governo, per cui con la crescente competizione internazionale nel mercato dell’auto i lavoratori devono accettare condizioni di lavoro peggiori, la perdita di alcuni diritti, fino all’impossibilità di scegliere in modo democratico i propri rappresentanti sindacali.

Vediamo i fatti. Nel 2009 la Fiat ha prodotto 650 mila auto in Italia, appena un terzo di quelle realizzate nel 1990, mentre le quantità prodotte nei maggiori paesi europei sono cresciute o rimaste stabili. La Fiat spende per investimenti produttivi e per ricerca e sviluppo quote di fatturato significativamente inferiori a quelle dei suoi principali concorrenti europei, ed è poco attiva nel campo delle fonti di propulsione a basso impatto ambientale. A differenza di quanto avvenuto tra il 2004 e il 2008 - quando l’azienda si è ripresa da una crisi che sembrava fatale – negli ultimi anni la Fiat non ha introdotto nuovi modelli. Il risultato è stata una quota di mercato che in Europa è scesa al 6,7%, la caduta più alta registrata nel continente nel corso del 2010.

Al tempo stesso, tuttavia, nel terzo trimestre del 2010 la Fiat guida la classifica di redditività per gli azionisti, con un ritorno sul capitale del 33%. La recente divisione tra Fiat Auto e Fiat Industrial e l’interesse ad acquisire una quota di maggioranza nella Chrysler segnalano che le priorità della Fiat sono sempre più orientate verso la dimensione finanziaria, a cui potrebbe essere sacrificata in futuro la produzione di auto in Italia e la stessa proprietà degli stabilimenti.

A dispetto della retorica dell’impresa capace di “stare sul mercato sulle proprie gambe”, va ricordato che la Fiat ha perseguito questa strategia ottenendo a vario titolo, tra la fine degli anni ottanta e i primi anni duemila, contributi pubblici dal governo italiano stimati nell’ordine di 500 milioni di euro l’anno.

A fare le spese di questa gestione aziendale sono stati soprattutto i lavoratori. Negli ultimi dieci anni l’occupazione Fiat nel settore auto a livello mondiale è scesa da 74 mila a 54 mila addetti, e di questi appena 22 mila lavorano nelle fabbriche italiane. Le qualifiche dei lavoratori Fiat sono in genere inferiori a quelle dei concorrenti, i salari medi sono tra i più bassi d’Europa e la distanza dalle remunerazioni degli alti dirigenti non è mai stata così alta: Sergio Marchionne guadagna oltre 250 volte il salario di un operaio.

Questi dati devono essere al centro della discussione sul futuro della Fiat. L’accordo concluso dalla Fiat con Fim, Uilm e Fimsic per Mirafiori – che la Fiom ha rifiutato di firmare - prevede un vago piano industriale, poco credibile sui livelli produttivi, tanto da rendere improbabile ora ogni valutazione sulla produttività. L’accordo appare inadeguato a rilanciare e qualificare la produzione, e scarica i costi sul peggioramento delle condizioni dei lavoratori. Sul piano delle relazioni industriali i contenuti dell’accordo sono particolarmente gravi: l’accordo si presenta come sostitutivo del contratto nazionale di lavoro, e cancellerebbe la Fiom dalla presenza nell’azienda e dal suo ruolo di rappresentanza dei lavoratori che vi hanno liberamente aderito. Il referendum del 13-14 gennaio tra i dipendenti sull’accordo, con la minaccia Fiat di cancellare l’investimento nel caso sia respinto, pone i lavoratori di fronte a una scelta impossibile tra diritti e lavoro. In questa prospettiva, la strategia Fiat appare come la gestione di un ridimensionamento produttivo in Italia, scaricando costi e rischi sui lavoratori e imponendo un modello di relazioni industriali ispirato agli aspetti peggiori di quello americano.

Esistono alternative a una strategia di questo tipo.

In Europa la crisi è stata affrontata da imprese come la Volkswagen con accordi sindacali che hanno ridotto l’orario, limitato la perdita di reddito e tutelato capacità produttive e occupazione; in questo modo la produzione sta ora riprendendo insieme alla domanda. Produrre auto in Europa è possibile se c’è un forte impegno di ricerca e sviluppo, innovazione e investimenti attenti alla sostenibilità ambientale; per questo sono necessari lavoratori con più competenze, meno precarietà e salari adeguati; un’organizzazione del lavoro contrattata con i sindacati che assicuri alta qualità, flessibilità delle produzioni e integrazione delle funzioni. E’ necessaria una politica industriale da parte del governo che non si limiti agli incentivi per la rottamazione delle auto, ma definisca la direzione dell’innovazione e degli investimenti verso produzioni sostenibili e di qualità; le condizioni per mercati più efficienti; l’integrazione con le politiche della ricerca, del lavoro, della domanda. Considerando l’eccesso di capacità produttiva nell’auto in Europa, è auspicabile che queste politiche vengano definite in un contesto europeo, evitando competizioni al ribasso su costi e condizioni di lavoro. Su tutti questi temi è necessario un confronto, un negoziato e un accordo con i sindacati che rappresentano i lavoratori dell’azienda.

In nessun paese europeo l’industria dell’auto ha tentato di eliminare un sindacato critico della strategia aziendale dalla possibilità di negoziare le condizioni di lavoro e di rappresentare i lavoratori. L’accordo Fiat di Mirafiori riduce le libertà e gli spazi di democrazia, aprendo uno scontro che riporterebbe indietro l'economia e il paese.

Ci auguriamo che la Fiat rinunci a una strada che non porterebbe risultati economici, ma un inasprimento dei conflitti sociali. Ci auguriamo che governo e forze politiche e sindacali contribuiscano a una soluzione di questo conflitto che ristabilisca i diritti dei lavoratori a essere rappresentati in modo democratico e tuteli le condizioni di lavoro. Esprimiamo la nostra solidarietà ai lavoratori coinvolti e alla Fiom, sosteniamo lo sciopero nazionale del 28 gennaio 2011 e ci impegniamo ad aprire una discussione sul futuro dell'industria, del lavoro e della democrazia, sui luoghi di lavoro e nella società italiana.

Primi firmatari

Margherita Balconi, Università di Pavia

Paolo Bosi, Università di Modena e Reggio Emilia

Gian Paolo Caselli, Università di Modena e Reggio Emilia

Daniele Checchi, Università Statale di Milano

Tommaso Ciarli, Max Planck Institute of Economics

Vincenzo Comito, Università di Urbino

Marcella Corsi, Università di Roma “La Sapienza”

Pasquale De Muro, Università di Roma Tre

Giovanni Dosi, Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa

Marco Faillo, Università degli Studi di Trento

Paolo Figini, Università di Bologna

Massimo Florio, Università Statale di Milano

Maurizio Franzini, Università di Roma “La Sapienza”

Lia Fubini, Università di Torino

Andrea Fumagalli, Università di Pavia

Mauro Gallegati, Università Politecnica delle Marche

Adriano Giannola, Università di Napoli Federico II

Anna Giunta, Università di Roma Tre

Andrea Ginzburg, Università di Modena e Reggio Emilia

Claudio Gnesutta, Università di Roma “La Sapienza”

Elena Granaglia, Università di Roma Tre

Simona Iammarino, London School of Economics

Peter Kammerer, Università di Urbino

Paolo Leon, Università di Roma Tre

Stefano Lucarelli, Università di Bergamo

Luigi Marengo, Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa

Pietro Masina, Università di Napoli "L'Orientale"

Massimiliano Mazzanti, Università di Ferrara

Marco Mazzoli, Università Cattolica di Piacenza

Domenico Mario Nuti, Università di Roma “La Sapienza”

Paolo Palazzi, Università di Roma “La Sapienza”

Cosimo Perrotta, Università del Salento

Mario Pianta, Università di Urbino

Paolo Pini, Università di Ferrara

Felice Roberto Pizzuti, Università di Roma “La Sapienza”

Andrea Ricci, Università di Urbino

Andrea Roventini, Università di Verona

Maria Savona, University of Sussex

Francesco Scacciati, Università di Torino

Alessandro Sterlacchini, Università Politecnica delle Marche

Stefano Sylos Labini, Enea

Giuseppe Tattara, Università di Venezia

Andrea Vaona, Università di Verona

Marco Vivarelli, Università Cattolica di Piacenza

Antonello Zanfei, Università di Urbino

Adelino Zanini, Università Politecnica delle Marche

Adesioni

Ferdinando Arzarello, Università di Torino

Giuseppina Autiero, Università di Salerno

Mario Biagioli, Università di Parma

Maria Luisa Bianco, Università del Piemonte Orientale

Luigi Bosco, Università di Siena

Fabrizio Botti, Università di Perugia

Sergio Brasini, Università di Bologna

Sergio Bruno, Università di Roma “La Sapienza”

Gianluca Brunori, Laboratorio di studi rurali “Sismondi” di Pisa

Enza Caruso, Università di Perugia

Laura Chies, Università di Trieste

Guglielmo Chiodi, Università di Roma “La Sapienza”

Alessandro Colizzi, Université du Québec à Montréal

Bruno Contini, Collegio Carlo Alberto Moncalieri, Università di Torino

Lilia Costabile, Università di Napoli

Simone D'Alessandro, Università di Pisa

Carmela D'Apice, Università di Roma Tre

Carlo D'Ippoliti, Università di Roma La Sapienza

Marco Della Pinna, Università di Pisa

Pompeo Della Posta, Università di Pisa

Nerina Dirindin, Università di Torino

Valentina Di Stasio, Università di Amsterdam

Magda Fontana, Università di Torino

Marzia Fontana, University of Sussex

Mariangela Franch, Università di Trento

Aldo Frediani, Università di Pisa

Stefania Gabriele, dirigente pubblico di ricerca

Luciano Gallino, Università di Torino

Alberto Gherardini, Università di Firenze

Mario Giaccone, Università di Torino

Fiorenzo Girotti, Università di Torino

Giulio Guarini, Ministero dello Sviluppo Economico

Maria Carla Lamberti, Università di Torino

Achille Lemmi, Università di Siena

Francesco Lenci, CNR, Pisa

Mauro Lombardi, Università di Firenze

Mario Lovergine, ISIA

Adriana Luciano, Università di Torino

Agata Maida, Università di Milano

Michela Marchiori, Università di Roma Tre

Gerardo Marletto, Università di Sassari

Ugo Mattei, Università di Torino

Marianna Mazzucato, Open University UK

Mariapia Mendola, Università di Milano Bicocca

Luca Michelini, Università LUM “J. Monnet” di Bari

Alessia Miranti, University College of London

Chiara Monfardini, Università di Bologna

Andrea Morrison, Utrecht University

Lorenzo Mosca, Università di Roma Tre

Luigi Orsenigo, Università di Brescia

Guido Ortona, Università Piemonte Orientale

Lia Pacelli, Università di Torino

Ruggero Paladini, Università di Roma “La Sapienza”

Daniela Palma, ENEA

Francesco Paoletti, Università di Milano Bicocca

Marco Passarella, Università di Bergamo

Gabriele Pastrello, Università di Trieste

Marcello Pedaci - Università di Teramo

Riccardo Petrella, Università Cattolica di Lovanio

Francesco Petrini, Università di Padova

Paolo Piacentini, Università di Roma “La Sapienza”

Elena Podrecca, Università di Trieste

Monica Quirico, Södertörn University, Stoccolma; Università di Torino

Giorgio Rampa, Università di Pavia

Michele Raitano, Università La Sapienza di Roma

Piercarlo Ravazzi, Politecnico di Torino

Piera Rella, Università di Roma “La Sapienza”

Federico Ricci, Università di Modena e Reggio Emilia

Franca Roncarolo, Università di Torino

Annalisa Rosselli, Università di Roma Tor Vergata

Chiara Rubino, economista

Maria Laura Ruiz, Università di Pisa

Luigi Sambuelli, Politecnico di Torino

Elisabetta Segre, Istat

Anna Maria Simonazzi, Università di Roma “La Sapienza”

Anna Soci, Università di Bologna

Luigi Spagnolo, Università per Stranieri di Siena

Giorgio Tassinari, Università di Bologna

Massimo Tegolini, Istituto "Federico Caffé" di Roma

Settimo Termini, Università di Palermo

Giuliano Tescari, Università di Torin

Francesco Timpano, Università Cattolica del Sacro Cuore

Massimiliano Trentin, Università di Padova

Matilde Trevisani, Università di Trieste

Giovanni Vaggi, Università di Pavia

Marco Valente, Università dell'Aquila

Roberto Veneziani, Queen Mary University of London

Antonella Visintin, economista

Stefano Visentin, Università di Urbino

Francesco Vona, Università di Roma La Sapienza

Altre adesioni

Enrico Milani, Alessandro Messina, Paola Pizziol, Germano Pozzati, Diana Donninelli, Davide Di Laurea, Flora Cappelluti, Francesco Michele Mortati, Alessandro Faramondi, Nora McKeon, Antonio Bolentini, Anna Maria Di Miscio, Lorenti Garcia Gino, Giuseppina Buscaino, Giancarlo Nebbia, Maria Massa, Pierpaolo Salvarani, Assunta Daniela Zini, Javad Daneshpour, Alex Alunno Ricci, Antimo Ceparano, Francesca Della Ratta, Carlo Ciarli, Maria Mantello, Silvio Marro, Enrico Sciamanna, Claudio Lombardi, Roberta Rendina, Sandra Coluccia, Ignazio Mazzoli, Luigi Flagelli, Giuseppe Sirna, Silvio Artusio Comba, Angela Dogliotti Marasso, Valter Barosso, Renato Fioretti, Cristina Adriani, Vanda Bonardo, Graziano Camanzi, Marcello Fagioli, Liliana Frascati, Franco Carillo, Giuseppina Ficarra, Piero di Giorgi, Daniela Amati, Nicola Melloni, Marco Sparaco, Veniero Santin, Nicola Imbimbo, Nicola Zuin, Dario Righettini, Loredana Rubino, Domenico Borasi, Daniela Pappalardo, Luigi Crespino, Antonella Visintin, Amelia Beltramini, Vita Matilde Mangano, Marco Bava, Nicla Scatizzi, Tina Saccomanno, Giorgio Carlin, Emanuele Costamagna, Pietro Pertici, Enrica Silvestri, Mariuccia Sapio, Lucio Garofalo, Pippo Manzone, Marina Maestri, Roberto Rolli, Claudio Gollini, Elena Giuliani, Giovanni Abbagnato, Francesca Bria, Calogero Massimo Cammalleri, Maurizio D’Amato, Rita Battaglia, Resistenza Viola Piemonte, Romana Mancini, Claudio Papalia, Federico Sardo, Marica Maramieri, Maurizio Pesaresi, Raffaele Leoni, Annarita Zacchi, Giulia Scarcia, Antonio Soggia, Valeria Moschese, Giuliano La Barba, Filippo Incorvaia, Roberto Salori, Mariagrazia Pellerino, Renato Valusso, Alberto Lalli, Maurizio Franchetti, G. Buonomi, Elio Acquaviva, Cristiana Cavagna, Luciano Lorandi, Maria Teresa Silvestrini, Domenico Ferraro, Salvatore Bimonte, Jolanta Krzywicka, Luigi Ottonello, Maurizio Gilotti, Massimo Dalla Giovanna, Margherita Sardella, Silvana Sonno, Rosanna Pappalepore, Rosina Marini, Chiara Cavallaro, Alberto Vallarin, Angelo Marenco, Maria Vittoria Chiodini, Valentina Pinna, Gianni Mosso, Federico Sardo, Fiorella Marseglia, Cecilia Pavone, Fabrizio Guerra, Michele De Angelis, Carlo Cocuzzo, Mirella Arcamone, Mauro Masini, Federico Mosci, Fausto Pettinato, Palmiro Cillara, Antonio Notarbartolo, Ahmad Naimzada, Domenico Massano, Arturo Calaminici, Cinzia Melis, Monica Sanfilippo, Debora Todde, Daniele Pesce, Monica Giannetta, Mary Mancinelli, Petronia Carillo, Giuseppe Zambella, Monia Pecorale.

Aggiornato alle ore 9 del 26/01/2011.

Per aderire alla lettera degli economisti, inviare una mail a: redazione@sbilanciamoci.info

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti