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Alcune riflessioni sulla Germania del dopo-voto
Ekkehart Krippendorf è uno dei maggiori politologi tedeschi. Fino al 1999 è stato professore di Scienza della politica alla Freie Universität di Berlino. Ha insegnato presso numerose università del mondo tra le quali: Harvard, Yale, Columbia University e Today University di Tokio. Considerato uno dei padri del pensiero pacifista tedesco, è autore di numerosi libri, i più importanti dei quali sono: Lo Stato e la Guerra. La logica storica della non-ragione politica (1985), Critica della politica estera (2000) e L’arte di non essere governati (2000). Uno dei punti focali della sua ricerca è da sempre il tentativo di rovesciare gli assunti del pensiero politico realistico, di superare il concetto della politica che tende a schiacciarla sulla dimensione della forza, di un mero esercizio di potere che si esaurisce nel triangolo – come lui sintetizza – «presa del potere-mantenimento del potere-perdita del potere». Contro questa concezione il suo è un tentativo di recuperare il senso di un’altra politica che ponga al centro il tema dell’autogestione e dell’autodeterminazione, insieme a quelli dell’etica e del servizio. La politica nasce ad Atene, nella storia reale e non in quella intellettuale – come Krippendorff afferma nell’Arte di non essere governati – e nasce come un esercizio di autodeterminazione, ricco di creatività (si pensi all’invenzione del voto). D’altra parte, come servizio dei più deboli, di chi non riesce da solo ad essere autonomo, la politica ha trovato in personalità come Gandhi, per Krippendorff, uno dei suoi interpreti e modelli. Ma la politica deve trovare anche un nuovo orientamento attraverso la riconnessione con la dimensione estetica. La grande scuola di formazione della democrazia greca è il teatro antico, che insegna al popolo, raccolto per giorni intorno alle rappresentazioni, la dimensione tragica della politica. I drammaturghi non prendevano posizioni rispetto ai punti di vista rappresentati, lasciavano al pubblico partecipante il compito di giudicare e ragionare, di formarsi un’intelligenza politica, capace di mettere una accanto all’altra le ragioni della collettività con quelle della particolarità. E’ quindi per Krippendorff l’arte, che per ragioni strutturali è costretta ad assumere la prospettiva della persona, che può fornire un antidoto necessario a non far scivolare la politica, come le capita normalmente, nell’astrazione del ragionare per gruppi, per entità collettive, e a non perdere la prospettiva e il punto di vista della persona, anche della parte sbagliata. Da qui il percorso di riflessione degli ultimi anni dedicato alla ricerca di un’estetica pacifista e a modelli alternativi di politica estera. A questo itinerario di studi appartengono i libri dedicati a Goethe, Shakespeare e uno sulla figura di Francesco di Assisi. E’ da poco in libreria poi il suo ultimo testo, Lebensfaden, (Fili di vita), in cui ripercorre in termini autobiografici le principali tappe della sua vita, dagli studi negli Stati Uniti, alla partecipazione al movimento studentesco di Berlino, di cui fu uno dei portavoce, all’esperienza nella “Bologna rossa” degli anni settanta, fino al suo ritorno in Germania, al suo insegnamento a Berlino e alla scoperta dell’arte.