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Dopo il golpe, l’Egitto può ancora salvarsi

20/08/2013

Quattro giorni di proteste e cinque ore che sembravano mesi di attesa per un discorso che non arrivava mai, ma alla fine Mohamed Morsi non è più il presidente egiziano.

 

È stato deposto dai militari con un golpe, anche se molti si rifiutano di chiamarlo così.

Si rifiuta la maggior parte dei manifestanti a piazza Tahrir, che ha esultato all’annuncio del ministro della Difesa e comandante in capo delle Forze armate Abdel Fattah al Sisi.

I manifestanti si rifiutano perchè, effettivamente, il colpo di Stato non sarebbe stato possibile senza le enormi sollevazioni popolari che hanno portato 30 milioni di egiziani in strada. Si rifiutano, anche se quello che è successo non si può chiamare propriamente rivoluzione e non sarebbe stata parimenti possibile senza i carri armati in strada a evitare scene da guerra civile. Si rifiutano perchè anche se la parola “militare” piace a molti, una parte della piazza non può dimenticare gli orrori e gli abusi commessi dalle Forze armate nell’anno e mezzo al governo. E non può dimenticare che se si è giunti a questo punto è anche e soprattutto perchè i militari hanno sbagliato la prima volta che hanno preso il potere nel dopo Mubarak.

Si rifiutano di chiamarlo golpe i militari, che non terranno il potere direttamente. Capo di Stato provvisorio è stato nominato il fresco - da 4 giorni - presidente della Corte Suprema Adly Mansour e nei prossimi giorni verrà formato un governo tecnocratico. Nonostante sia stato il Generale al-Sisi ad aver destituito Morsi - senza appigli nella Costituzione, che è stata sospesa - alle Forze armate non conviene riprendere il potere nelle proprie mani. O, almeno, non riprenderlo direttamente, visto che ormai ce l’hanno già. La vecchia costituzione - e probabilmente anche la nuova - garantisce piena indipendenza all’esercito e la secretezza del budget del ministero della Difesa, proprietario di fabbriche e aziende che controllano una larghissima fetta dell’economia egiziana.

Alle Forze armate non conviene riprendere il potere anche perchè, finalmente, sono tornati ai livelli di prestigio persi dopo l’esperienza di governo dello Scaf. Il potere logora chi ce l’ha in Egitto, quindi meglio una “democrazia controllata” di un governo militare.

Si rifiutano di chiamarlo golpe anche due attori che, erroneamente, potrebbero sembrare vicini ai Fratelli musulmani: Al Azhar - la più importante istituzione religiosa del mondo sunnita - e i salafiti della Da’wa Salafiyya. Non a caso, il Gran Imam di Al Azhar e il partito salafita Nour - espressione politica della Da’wa - hanno subito affermato il proprio supporto per la road map militare.

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