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Casa, l'occasione per un altro scontro
L'Imu è stata l'oggetto principale del contendere nella formazione del programma fiscale del governo, con una maggioranza costituita dal Pdl, che ne chiede la totale abolizione sulla prima casa, e dal Pd, che invece in campagna elettorale ne proponeva una revisione nel senso della (non meglio specificata) equità. La presentazione da parte del ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni del dossier contenente le nove proposte di revisione dell'imposta municipale unica sugli immobili è l'occasione di un nuovo scontro.
In termini generali, le ragioni teoriche e pratiche per il mantenimento di un'imposta sui patrimoni immobiliari, comprese le prime case, ci sono tutte, e molte polemiche, da questo punto di vista, sono pretestuose o figlie di una asserita (ma non motivata) necessità di «tutelare la prima casa». Le imposte patrimoniali esistono in tutti i paesi del mondo, per ragioni di efficienza e di equità.
Il patrimonio rappresenta un buon indicatore della capacità contributiva, è sufficientemente stabile e tendenzialmente più facilmente accertabile rispetto al reddito. Il patrimonio immobiliare, in particolare, si presenta come la base imponibile ideale per le imposte locali, in quanto la sua valorizzazione dipende almeno in parte dai servizi offerti sul territorio ma non si presta a fenomeni di concorrenza fiscale. A queste considerazioni di carattere generale, che infatti portano pressoché tutti i paesi europei a prevedere forme più o meno incisive di tassazione immobiliare, si aggiungono motivazioni legate specificatamente all'Italia. Nel contesto di una pressione fiscale complessivamente alta, con aliquote effettive particolarmente elevate sui redditi da lavoro dipendente medio-bassi, l'esenzione del patrimonio è iniqua ed efficiente. Inoltre, tassare i patrimoni consente di colpire i risparmi generati dall'evasione fiscale.