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Referendum: dopo la vittoria, il lavoro da fare

Referendum: dopo la vittoria, il lavoro da fare

01/07/2011

Il partigiano Giuseppe Dossetti, quando ancora non era sacerdote, fece parte dell’Assemblea costituente, e lottò perché nella Carta fosse contenuto un articolo specifico relativo a quello che chiameremmo oggi diritto di resistenza.

 

Doveva essere l’articolo 3 e avrebbe dovuto recitare più o meno così: “La resistenza individuale e collettiva agli atti dei pubblici poteri, che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla presente Costituzione, è diritto e dovere di ogni cittadino”. In sottocommissione il testo fu approvato, ma non passò l’esame dell’Assemblea.

Non sappiamo se, con questo articolo, il nostro Paese sarebbe stato diverso. Ma se è vero che perfino nei regimi totalitari -come ha ben argomentato Primo Levi- è sempre possibile un controllo dal basso del potere, allora il raggiungimento del quorum e la vittoria dei “sì” ai referendum del 12 e 13 giugno 2011 ci dicono che i cittadini italiani sono stati capaci -e chi se lo aspettava- di resistere a una serie di leggi ingiuste, abrogandole. Sono stati capaci di disinnescare il meccanismo perverso della fuga dalla politica e dalla democrazia, resa così attraente dalla falsa accoglienza del consumismo.

 

Ora però comincia il lavoro da fare. La bocciatura del piano nucleare ha mostrato la totale assenza di una reale politica energetica del Paese, attanagliato da incertezza e costi in aumento. Ora si dovrà investire seriamente nell’efficienza energetica e nelle fonti rinnovabili, e lo si dovrà fare iniziando a scardinare gli oligopoli che da sempre hanno in mano le sorti energetiche italiane.
Ora -una volta zittite le ingannevoli sirene della privatizzazione- si dovranno davvero trovare i soldi necessari per rimettere in sesto il sistema idrico nazionale, e garantire a tutti il diritto all’acqua bene comune.

 

Vorrà dire tornare a ragionare di finanza pubblica, reinventarla forse, giacché è un’espressione che molti oggi considerano quasi un ossimoro.
Ben consapevoli che dall’altra parte non c’è il “libero mercato”, ma solo gruppi di potere che fanno affari coi nostri soldi, siano essi quelli delle bollette, delle tasse o del conto in banca. Sappiamo però anche che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”.

 

Lo dice l’articolo 3 della Costituzione, quello che alla fine venne approvato, la cui stesura si deve a una donna, Teresa “Chicchi” Mattei. Teresa (cui abbiamo dedicato il nostro libro La costituente) oggi ha 90 anni ed è l’unica donna “costituente” ancor in vita. Fu partigiana e gappista, e la sua esistenza è una delle più commoventi testimonianze della nostra storia.

 

Il potere tenta sempre di annientare, o quantomeno di denigrare o isolare gli esempi nobili, per evitare che questi possano essere imitati. Ma -come ben spiega Franco Cassano nel suo recente L’umiltà del male- “la libertà non esiste se non c’è chi è capace di rischiare per essa. Essa ha bisogno di persone-faro, di uomini verticali. Chi si piega al potere riesce a sopravvivere, ma accetta nei fatti una forma di servitù volontaria, una vita a sovranità limitata”.