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Il mercato dell'affitto in Italia

15/04/2011

Come ormai tutti abbiamo scoperto, la crisi immobiliare è alla base della piramide speculativa finanziaria che è scoppiata nell’economia mondiale, portando le economie avanzate in una delle maggiori recessioni della storia, con effetti sull’occupazione, sui redditi e sulla capacità di pagare affitti e mutui bancari.
La terza motivazione ha a che fare con la politica abitativa: lo Stato e le amministrazioni pubbliche a partire dalla fine degli anni 80 hanno smesso di occuparsi di casa e di abitazioni sociali, tagliando le risorse, esaurendo nei piani regolatori la componente di aree destinate all’edilizia economica e popolare e abbandonando la politica dei Peep (piani di edilizia economica e popolare).
Così nel corso degli anni 90 e poi negli anni 2000 la fascia più debole della domanda è cresciuta. Il nodo del mercato è diventato quello di rispondere a una domanda di affitto che chiede prezzi moderati. Ma oggi si assiste ad un altro paradosso: la grande produzione mostra segnali rilevanti di invenduto, mentre l’emergenza abitativa cresce.

Il ciclo immobiliare che abbiamo vissuto tra la fine degli anni 90 e questi primi anni 2000 è segnato da un sorprendente boom del mercato immobiliare, che si traduce in due dati di sintesi che ne dimostrano l’eccezionalità: nel periodo 1997-2008 in Italia sono state compravendute abitazioni pari al 37% dello stock abitativo del nostro Paese; nello stesso periodo i prezzi delle abitazioni sono cresciuti in valori costanti del 51% in Italia e del 65% nei grandi comuni; quelli degli affitti del 49% in Italia e dell’85% nei grandi comuni.
Nel 2007 le compravendite si sono ridotte del 4,6%, nel 2008 e nel 2009 la flessione è stata rispettivamente del 14,6% e del 10,9%. Con il 2008, anche i prezzi hanno cominciato a scendere.
Nella serie storica si osserva la particolarità dell’attuale ciclo immobiliare rispetto ai precedenti, con una lunga fase ascendente soprattutto per il numero di compravendite, ma anche per il livello dei prezzi.
La crisi 2007/2010 ha, però, comportato una forte flessione delle compravendite (-30%) e una significativa riduzione dei prezzi (-15%), ridisegnando lo scenario di mercato. Anche l’incremento medio annuo dello stock è stato il più alto dagli anni 60 ed è il frutto di una grande produzione di nuove abitazioni, del ritorno sul mercato di una quota di abitazioni in precedenza tenute sfitte o utilizzate per altri usi e di interventi di ampliamento del patrimonio esistente.

Il confronto della dinamica puntuale degli anni 2000 mette in evidenza la significativa crescita della produzione edilizia, con il picco toccato nel 2007 di 339 mila abitazioni, ma questa produzione si è confrontata con tassi di crescita delle famiglie eccezionali.
Il carattare eccezionale degli anni 2000 ha, quindi, una natura demografica che si traduce in termini di domanda abitativa nella crescita sorprendente del numero di nuove famiglie. I fattori demografici che possiamo individuare sono almeno tre e tutti molto importanti: l’accelerazione dei flussi migratori verso il nostro Paese, ovvero il cambio di scala nei flussi di immigrazione negli anni 2000; la forte crescita di nuove famiglie italiane, dovuta ai “pigri” figli del baby boom della seconda metà degli anni 60 e della prima metà degli anni 70, che hanno lasciato le famiglie di origine con ritardo rispetto alle precedenti generazioni; la continua riduzione della dimensione media della famiglia italiana.
La crisi economica ha reso sempre più complesso lo scenario della domanda, accentuando l’emergenza abitativa. La crisi economica incide sugli elementi di incertezza e di difficoltà che caratterizzano quote sempre più ampie di domanda. In sostanza crescono le famiglie che con difficoltà riescono a pagare l’affitto e i mutui.

Un’analisi condotta da Federcasa sugli 11 grandi comuni metropolitani italiani evidenzia come vi siano 105 mila famiglie in attesa in graduatoria per l’edilizia residenziale pubblica, per un valore che è pari all’1,6% delle famiglie delle aree metropolitane. In realtà la tensione abitativa al di fuori delle aree metropolitane è, pur sempre, minore. Quindi si potrebbe considerare un valore di 300 mila famiglie che possono essere interessate dal fenomeno.
La crisi abitativa non interessa solo fasce più povere della domanda. Recentemente la Commissione di indagine sull’escusione sociale ha evidenziato il fatto che si sta creando un segmento più ampio della popolazione interessato da fenomeni di emergenza abitativa od occupazionale.

Nel 2005 le famiglie con contratto di locazione con privato erano 3,2 milioni, con un’incidenza media del 24% del costo dell’affitto del reddito netto. Per 670 mila famiglie, le fasce più deboli, quelle con i redditi famigliari netti inferiori a 10 mila euro annui, la percentuale è drammatica: il 47% del reddito serve per pagare l’affitto. I contratti di locazione nel nostro Paese seguono le varie forme contrattuali oggi disponibili e, analizzando la storia dei 3,2 milioni di contratti in essere, si può stimare che in scadenza annua nel biennio 2006/2001, abbia interessato circa 750 mila contatti. Il boom del mercato immobiliare ha comportato una crescita significativa del prezzo degli affitti, e con il rinnovo contrattuale in due anni sono cambiate le condizioni e l’incidenza degli affitti per il 50% delle famiglie in locazione.
Negli anni 2000 la nuova produzione residenziale è tornata sui livelli degli anni 70, soprattutto in termini di promozione immobiliare professionale. Le nuove abitazioni prodotte nel 2007 sono state 337 mila, quando nel 1999 erano solo 193 mila.
La domanda abitativa, così, si articola rispetto al passato evidenziando una gradualità di domande che vanno dalle fasce più deboli a quelle intermedie, che hanno incrementato il numero di chi si trova a dover affrontare il problema abitativo.

* La versione integrale sarà pubblicata sul numero 1/2011

Tratto da www.nelmerito.com