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Il disastro del Golfo del Messico, Obama e il climate bill
Il petrolio costa caro, in ogni senso. Per Obama anche politicamente, dato che dopo l’incidente al largo della Louisiana, il suo appoggio a nuove trivellazioni rischia di mettere in crisi la legge sul clima che era diventata una vera e propria merce di scambio. Il disastro ambientale della piattaforma petrolifera BP nel Golfo del Messico, infatti, continua mentre gli ingegneri perdono il sonno a tentare soluzioni per limitarlo.
Sembra un brutto film di fantascienza: i robot che dovevano chiudere la valvola hanno fallito, si tenta di costruire una cupola sottomarina per fermare il flusso e nel frattempo si tenta di bruciare il greggio in superficie. Intanto il petrolio continua ad uscire più veloce del previsto. Oggi è stata scoperta un’altra falla e - secondo quanto riportava la stampa stamattina. - sono 5mila barili al giorno che finiscono in mare.
La marea nera è sempre più vicina alle coste della Louisiana, che potrebbe raggiungere domani sera. Se le raggiungesse sarebbe impossibile ripulirle e il danno per lo stato costiero sarebbe enorme: oltre all’inestimabile valore della biodiversità distrutta, metterebbe in ginocchio l’industria ittica che con un fatturato annuo di 2,4 miliardi di dollari, rifornisce una quota significativa del mercato Usa. Intanto le azioni BP, che sta spendendo 6 milioni di dollari al giorno per rimediare, in borsa calano, ma neanche più di tanto: a Londra questa mattina avevano hanno perso il 2,2%.
Una catastrofe, quella del pozzo offshore, che arriva a poca distanza dalla decisone di Obama di dare il via libera a nuove trivellazioni in mare. Rompendo una moratoria lunga 20 anni e in contraddizione con quanto annunciato in campagna elettorale, infatti, un paio di settimane fa Obama ha aperto 500mila miglia quadrate di acque costiere americane alle esplorazioni per estrarre gas e petrolio (in Alaska, costa atlantica e Golfo del Messico: Qualenergia.it, I favori non ricambiati di Obama all’energia sporca). Dopo il disastro, al contrario di quanto ha fatto il repubblicano governatore della Florida e candidato indipendente al senato Charlie Crist, che "convertito" dall'orrore è passato ad opporsi alle trivellazioni, Obama non ha cambiato la sua posizione a favore di nuove esplorazioni in mare. L’apertura all’industria del petrolio resta infatti determinante nel compromesso per far approvare l’attesa e travagliata legge su clima ed energia.
Solo che ora quanto sta avvenendo al largo della Louisiana sta mettendo a rischio il Climate Bill proprio per quest’apertura all’energia sporca. Dato che conterrebbe anche disposizioni per permettere nuove trivellazioni in mare, sei senatori democratici degli Stati costieri, particolarmentre impressionati da quanto sta accadendo, potrebbero togliere il loro appoggio alla legge, spiega il New York Times. “Notizia forse peggiore per la legge sul clima – commenta sarcastico Johnatan Hiskes su Grist.org – e che BP, assieme a Shell e Conoco Philipps avrebbe annunciato il proprio appoggio alla versione di compromesso del Climate Bill. A questo punto il sostegno di BP potrebbe essere un bacio della morte”.