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L'Aquila come New Orleans dopo l'uragano

L'Aquila come New Orleans dopo l'uragano

03/07/2009

Altreconomia è stata in Abruzzo un mese prima del G8, e ha trovato che L'Aquila somiglia molto a New Orleans dopo l'uragano Katrina: i fondi pubblici stanziati per fronteggiare l'emergenza, e garantire l'assistenza e la ricostruzione, serviranno a far “ripartire” solo ciò che è funzionale al sistema. È la lezione della shock economy: in nome del ritorno alla normalità, anche piccole aziende biologiche e cooperative di produzione e consumo diventano anticorpi economici, sociali e culturali da debellare.
Circa 50mila persone restano sfollate, nelle tendopoli o presso hotel della costa, mentre Governo e Protezione civile pensano solo a dar vita al Piano “C.a.s.e.”, una ventina di nuovi quartieri dove realizzare condomini per 13mila abitanti. Un favore a chi aveva comprato quei terreni agricoli, e oggi se li vede espropriare come edificabili. Le case sfitte (almeno 3mila, secondo l'Associazione dei costruttori locali) restano sfitte, e i cantieri aperti prima del 6 aprile fermi: scelte prese dall'alto, senza valutare le reali esigenza degli aquilani, tornare nella loro città, diventata “zona rossa”. Nelle tendopoli manca l'informazione:
L'inchiesta del mese è dedicata alla corsa all'appalto: una manciata di aziende si spartiscono il mercato delle opere pubbliche italiane. Nel 2007, il bilancio complessivo delle 50 maggiori società italiane di costruzioni era 19 miliardi di euro. Le prime dieci, da sole, coprono metà del giro d'affari, e invece di farsi concorrenza lavorano assieme in associazioni temporanee d'impresa o consorzi, impedendo di fatto l'ingresso di imprese straniere. Radiografia di un settore che non conosce crisi, con schede dedicati ai 6 “campioni” del settore costruzioni in Italia.
Pubblichiamo un'intervista esclusiva con Nicola Gratteri: procuratore aggiunto a Reggio Calabria, combatte la 'ndrangheta da oltre vent'anni e -spiega- “contro la criminalità organizzata serve più carcere”, pene più dure per i reati tipici di mafia, camorra e 'ndrangheta, senza rito abbreviato né benefici dopo la condanna. Una tesi “politicamente scorretta”.
E, ancora: un reportage dal Sudafrica (anche la locomotiva del continente africano fa i conti con la crisi economica) e un approfondimento sull'Islanda (dove la ripresa dopo la bancarotta dell'autunno 2008 è affidata alle donne); l'esperienza della filiera corta padovana, con le cassette di Bio Rekk, e l'orto veneziano recuperato per l'agricoltura biologica e sinergica.