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Clima, Cancun tra attese e speranze
Il cambiamento climatico ha origine antropica? "Non credo che che vi siano prove scientifiche a sufficienza per sostenerlo". Così Marco Rubio, eletto nelle ultime elezioni di mid-term senatore della Florida ed una delle punte di diamante del nuovo fenomeno Tea Party. Con queste premesse si presenterà la delegazione statunitense a Cancun durante la Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico che prende il via proprio in questi giorni in Messico. L'ondata repubblicana alle ultime consultazioni opziona oramai definitivamente ogni speranza di una green agenda dell'Amministrazione Obama, già sfibrata dallo scontro sull'assistenza sanitaria.
E se il primo inquinatore pro-capite al mondo non si muove, figuriamoci cosa sceglierà di fare il Governo cinese o quello indiano, che se dal punto di vista delle emissioni totali si piazzano tra i primi posti, così non è se si conteggia per abitante.
Lo stallo è evidente. Ma è anche rischioso. Perchè lo scivolone di Copenhagen ha raffreddato le speranze, mentre l'Accordo omonimo ha messo in discussione la base di ogni processo multilaterale: il consenso e la trasparenza.
A Cancun il mondo si giocherà in primis proprio la credibilità di un percorso partecipato, l'unico possibile per affrontare un problema che non ha confini, proprio perchè l'anidride carbonica emessa non si ferma al confine di stato, ma condivide il suo potere radiativo con tutti. E se la speranza di un accordo legalmente e operativamente vincolante per il post-Kyoto viene spostata al Sudafrica nel 2011, questo obiettivo sarà tanto raggiungibile quanto a Cancun si faranno passi avanti nell'avvicinamento reciproco. Non è un gioco di scacchi, perchè il tempo sta passando e niente come l'emissione di gas climalteranti ed i progressivi cambiamenti atmosferici assomiglia di più alla sabbia di una clessidra che si sta gradualmente esaurendo.
I documenti sul tavolo saranno diversi. Primo fra tutto il finanziamento per il clima. E' di pochi giorni fa la presa di posizione dei principali fondi di investimento pubblici e privati, che chiedevano certezze sulle risorse da impiegare per l'adattamento al cambiamento climatico. Si chiedono a gran voce più di 500 miliardi di dollari all'anno entro il 2020 (il G77, i Paesi insulari e dell'Alba in realtà chiesero a Copenhagen almeno 600 miliardi), ma il tira molla negoziale deciderà sì e no su 30 miliardi entro il 2012 e 100 all'anno entro il 2020. Da capirne provenienza e gestione, con la Banca Mondiale dietro la porta ad aspettare.
E poi la grande questione della deforestazione e della degradazione forestale. Intesa come contributo netto all'emissione di gas a effetto serra. Il negoziato ad hoc è a un punto di svolta, ma la denuncia da parte delle popolazioni indigene e native sale di livello: sarà possibile tutelare le zone forestali rispettando i diritti delle popolazioni che le vivono, dando loro la priorità rispetto alla massa di denaro che potrebbe affluire da parte di donor privati, magari interessati allo scambio di crediti di carbonio? E come è possibile evitare abusi e manipolazioni, come si è denunciato per alcuni dispositivi come i Clean Development Mechanism?
A Cancun stanno convergendo in queste ore centinaia di organizzazioni di base. E non solo strettamente ambientaliste: Copenhagen ha avuto la capacità di condensare attorno alla questione del cambiamento climatico i bisogni di una comunità umana colpita dal un sistema di sviluppo in crisi epocale. I contadini di Via Campesina rivendicheranno il ruolo dell'agricoltura locale e familiare per la tutela dell'ambiente e per la lotta al cambiamento climatico, contrapponendola ad un'agricoltura produttivista che sta determinando impatti sociali ed ambientali non indifferenti. Una risposta, implicita, ai tentativi del direttore dell'Organizzazione Mondiale del Commercio Pascal Lamy, che in questi giorni da Ginevra sta cercando di rianimare un Doha Round, ed un'agenda liberalizzatrice, in stallo anche sul capitolo agricolo.
Diverse carovane sono partite dai diversi angoli del Messico per raggiungere Cancun, rappresentano la società civile globale nelle sue molteplici articolazioni, che si organizzeranno nella città messicano per animare i Forum alternativi e le iniziative di mobilitazione, non ultima quella del 7 dicembre prossimo per la giustizia climatica e sociale.
Assieme ai contadini molte saranno le realtà dell'economia sociale e solidale, perchè è dalle esperienze territoriali di commercio alternativo, agricoltura biologica, finanza etica che si sta sperimentando la transizione necessaria. Esperienze che stanno cercando di emergere mettendosi in rete, confrontando le proprie sperimentazioni, ma che hanno bisogno di un salto di qualità nella proposta politica, anche vertenziale, con gli enti locali.
La Regione Liguria ha scelto, all'unanimità, di prendere posizione. Il 23 novembre scorso il Consiglio Regionale ha votato un Ordine del Giorno che impegna la Regione ad aderire simbolicamente al controvertice di Cancun dei movimenti sociali e che impegna Presidente e Giunta a sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema e a sostenere e valorizzare le elaborazioni della società civile.
Toccherà ad ognuno di noi, nei prossimi mesi, dare gambe ad un percorso così importante.