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Le basi morali del capitalismo contemporaneo
Quando il capitalismo e il mercato spuntarono all’orizzonte della storia alcuni illustri pensatori, tra i quali Montesquieu, sostennero che essi avrebbero avuto una positiva funzione moralizzatrice con vantaggio anche per la società. Il mercato, secondo Montesquieu, avrebbe educato all’onestà e alle “maniere dolci”, contrapposte a quelle “barbare” del sovrano.
Oramai molti anni fa Albert Hirschman ha ripreso, in alcuni dei suoi magistrali saggi, l’idea del doux-commerce (in Passioni e Interessi e nel saggio Rival views of market society) e l’ha confrontata con quella dell’auto-distruzione del capitalismo, come l’ha chiamata, che fu formulata negli anni ’70 da Fred Hirsch, nel suo I limiti sociali allo sviluppo. Secondo questa idea il mercato, soprattutto con la sua inclinazione individualista, mina quella stessa moralità sociale dalla quale, in fondo, dipende il suo successo.
Hirschman, con argomenti non privi di forza persuasiva, sostenne che gli effetti positivi del “dolce commercio” e quelli negativi dell’auto-distruzione possono in qualche modo coesistere, manifestandosi in paesi diversi e in periodi storici diversi. E’ probabile che anche oggi sia così, ma non vi è dubbio che molti degli eventi sui quali si sofferma quasi quotidianamente la nostra attenzione inducono a pensare che l’auto-distruzione stia avendo partita vinta e che le basi morali del capitalismo contemporaneo si stiano inesorabilmente sfaldando.
Nel fare questa affermazione non intendo, naturalmente, riferirmi soltanto al nostro paese cosi prodigo, anche di recente, di esempi che con Hirschman potremmo chiamare di self-destruction. Il problema ha una dimensione planetaria e per documentarlo mi servirò di due soli esempi. Il primo sono alcuni dati tratti da un Rapporto del Tax Justice Network: nei cosiddetti “paradisi fiscali” (che però, come suggerisce il Rapporto, sarebbe forse meglio chiamare “giurisdizioni segrete”) è custodita una ricchezza che dovrebbe oscillare tra i 21 e i 32 mila miliardi di dollari. Alla formazione di questo gruzzoletto hanno dato il proprio contributo sia i paesi avanzati (si stima che l’Unione Europea abbia fatto affluire, tra il 2000 e il 2011 circa mille e duecento miliardi) sia quelli in via di sviluppo: sempre tra il 2000 e il 2011, 4 mila miliardi sono arrivati dalla Cina e circa mille anche dalla povera Africa.