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Saper leggere e far di conto. Il gap che si è chiuso
Riguarda le donne la sola buona notizia che ci viene dall’indagine Piaac sulle competenze degli adulti. Quando i dati saranno in linea, se ne potranno esplorare tutti i versanti, a partire dai rapporti tra le competenze chiave, le generic skills utilizzate in contesto lavorativo, e lo status occupazionale (un campo importante per entrambi i generi ma di più per quello femminile). Ma dal primo report Isfol emerge già un quadro indiscutibilmente positivo. Per il resto, invece, solo conferme di quanto reso noto fin dagli ultimi anni 90 dalle indagini Ials-Sial (1994-1998) e All (2008). L’Italia è e resta in fondo alla graduatoria per le competenze linguistiche e matematiche, quelle essenziali “per vivere e lavorare”. Se infatti si dà un qualche miglioramento, non è mai tale da accorciare significativamente le distanze dai paesi che corrono di più. Meglio saperle queste cose, per non guardare ai risultati Piaac come ad una gelata imprevista. E per non accodarsi alle diffuse banalizzazioni secondo cui tutto il male, nella scuola italiana, verrebbe dai tagli Tremonti-Gelmini. I nostri guai vengono da lontano, e d’altra parte le responsabilità, quando in ballo ci sono gli adulti, non sono solo del nostro antiquato sistema scolastico. Perché le competenze che a scuola bene o male si acquisiscono – osserva Isfol - poi nel corso della vita si conservano o si smarriscono, si arricchiscono o si impoveriscono secondo il contesto sociale e familiare, la qualità professionale dei lavori che si fanno (o non si fanno), la disponibilità o meno di formazione continua e permanente, il tempo per sé e per il proprio sviluppo culturale, e altri fattori tra cui il valore che le comunità di riferimento attribuiscono alla conoscenza. “La mente è come un paracadute – diceva Einstein – funziona solo se si apre”. Se è stimolata ad aprirsi dal lavoro, dalle relazioni, dagli stili di vita. Chi è più sfavorito da questo punto di vista, gli uomini o le donne?
Il balzo in avanti delle donne
Piaac ci dice che il divario “storico” tra uomini e donne “si è assottigliato fino ad annullarsi”. Se ai tempi di Ials le competenze linguistiche maschili superavano di 11,2 punti quelle femminili, oggi le donne marcano qualche decimo di punto in più. Più lenta invece la rimonta per le competenze matematiche, il vantaggio degli uomini che in All era di 11,6 punti non è ancora sceso sotto i 10,7. Ma tra i più giovani (16-25 e 26-35 anni), il vantaggio femminile nelle competenze linguistiche è arrivato a 10 punti, e in matematica c’è ormai la parità. Su tutto ciò incide quello che Isfol chiama “fattore di coorte”, cioè l’uscita dal campione (16-64 anni) dei nati negli anni 1932 -1945 e 1938-1945, le generazioni – comprese nelle indagini precedenti – largamente escluse sia dall’obbligo scolastico di otto anni sia dal successivo sviluppo della scolarizzazione superiore. Generazioni in cui le ragazze erano escluse dalla scuola ben più dei coetanei maschi. Va detto, per completezza di ragionamento, che è a questa uscita di scena dei più anziani che si devono anche i modesti miglioramenti sottolineati dai più ottimisti: la riduzione del gap di competenze tra generazioni più giovani e più mature e il calo della quota di popolazione al limite dall’analfabetismo, che passa dal 14% di Ials al 5,6% (è invece da osservare che i nati 1985-95, entrati ex novo nel campione, non hanno competenze migliori delle generazioni più giovani di Ials e All: e questa è davvero una pessima notizia). Ma il “fattore coorte“ non spiega tutto il balzo in avanti delle donne.