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L'accademia come gioco dell'oca. Un dossier autogestito sull'università

14/01/2009

Durante i comizi elettorali che nel 1980 l’avrebbero portato alla presidenza degli Stati Uniti, Ronald Reagan si compiaceva di raccontare di una donna grassa di Chicago – dove “grassa” in realtà stava per “nera” – che andava in giro in limousine a spese dell’assistenza sanitaria pubblica. La favola della Welfare Queen annunciava una filosofia. Se lo Stato la smette di dissipare a destra e a manca per scopi assistenziali, sarà finalmente possibile riconoscere e premiare il merito

Premiando il merito, ne trarrà beneficio l’intera società, poiché i migliori, liberati da ogni vincolo, riusciranno a migliorarla. Quel che questa filosofia passa sotto silenzio è che in questo modo si aggravano, taglio dopo taglio, le diseguaglianze legate alle condizioni sociali di partenza. E che la società che i migliori dovrebbero migliorare, per cominciare è peggiorata.

La storia è, tuttavia, interessante anche per altri motivi: prima di tutto è falsa, a testimoniare che l’ossessione per gli sprechi del pubblico viene gonfiata a furia di iperboli, al bar come sulle prime pagine dei giornali; in secondo luogo, essa si fonda sull’uso di una caricatura che viene innalzata a rappresentazione del sistema.

Senza negare la possibilità di sprechi e inefficienze, un’analoga smania del taglio ha investito in Italia il discorso pubblico sull’università, relegando sullo sfondo ogni seria discussione sulle condizioni in cui l’università opera. Val la pena ricordare le parole di Federico Caffè, vecchie di trent’anni, ma tuttora validissime: “l’esperienza universitaria fornisce un osservatorio angoscioso di questo passivo ripiegamento verso la meritocrazia fondata su posizioni iniziali privilegiate”.

La ricerca scientifica costituisce – come la Welfare Queen di Reagan: donna, nera e pure grassa – un obiettivo polemico fin troppo comodo. Rispetto a ospedali e scuole, il suo valore è meno evidente nella percezione della stragrande maggioranza dei cittadini. O è facile dissimularlo. Per restare alla retorica d’oltreoceano, un personaggio notoriamente illuminato come Sarah Palin ha di recentemente ironizzato sui soldi spesi dallo Stato per studiare – I kid you not!, garantiva la candidata alla vicepresidenza – il “moscerino della frutta francese”. Il disinteresse verso il metaforico moscerino fa tutt’uno con quello per il futuro, ed è disastroso, oltre che stupido: l’insignificante moscerino è un oggetto di studio imprescindibile per la genetica, che ha prodotto risultati fruttuosi in ambito medico, oltre che molto redditizi. Altrettanto allarmanti sono le versioni nostrane del racconto, basti pensare alla derisione, ad opera ministro Brunetta, delle ricerche sull’asino dell’Amiata, simbolo di biodiversità a rischio di estinzione, produttore di latte a scarsissimo rischio di intolleranza per i neonati ed utilizzato, data la sua estrema docilità, in programmi di riabilitazione e di aiuto per portatori di handicap.

Questo numero di Nuvole è speciale per due ragioni. La prima: è stato gestito autonomamente da un gruppo di (cosiddetti) “precari della ricerca” dell’Università di Torino. La seconda: gli “inquilini in affitto” intendono abitare lo spazio di intervento offerto dalla redazione, in maniera non programmatica, ma esplorativa al fine di presentare una riflessione sullo stato dell’università italiana.

Il lavoro nasce dall’esigenza di un collettivo composto da dottorandi, assegnisti e ricercatori, strutturati e non, che operano nell’ambito delle discipline umanistiche e delle scienze sociali, che si è ritrovato a discutere della necessità di reagire in maniera efficace contro le manovre del governo, maturando un'esperienza di azione collettiva in facoltà in cui la ricerca è poco visibile.

La collocazione nel paesaggio accademico condiziona il taglio prescelto. La maggior parte di noi non è (o è poco) strutturato nella realtà universitaria, ciò nonostante ne abbiamo esperienza diretta dall'interno e da più angolazioni: siamo stati recentemente studenti, oggi facciamo ricerca per scelta. Siamo pertanto consapevoli di vizi e distorsioni, ma crediamo profondamente nel lavoro che abbiamo scelto. Avviare una vera e propria indagine sulla ricerca è un modo di esprimere dissenso nei confronti delle semplificazioni propagandistiche (e dello scandalismo volgare) che investono il dibattito sull’università, ma anche un piccolo tentativo di contrastare il senso comune che nega l’utilità pubblica della ricerca.

In questi mesi abbiamo assistito al fiorire di inchieste, opinioni e ricette sui mali del mondo accademico, che mentre ci sollecita a intervenire, ci suggerisce anche di adottare un approccio diverso. Vorremmo offrire materiale utile al dibattito cercando di ricordare come la ricerca sociale sia utile per analizzare criticamente la realtà in cui ci muoviamo.

Per questo ci è parso legittimo accogliere qualsiasi registro di discorso e qualsiasi punto di vista, anche quando non ci riconosciamo in esso e magari con esso ci scontriamo. È un modo per dar conto di quanto sia ampia l'insoddisfazione sulle misure della cosiddetta “riforma”.

Perché L’accademia come gioco dell’oca? Abbiamo scelto la metafora di un vecchio gioco di società, che esiste da cinquecent’anni, ma cambia leggermente ad ogni nuova edizione, per proporre una descrizione e un’analisi del mondo universitario registrando la sovrapposizione di circostanze, regole e attori che configurano lo scenario su cui si abbattono i recenti tentativi di riforma. È un percorso ad ostacoli, dove occorre esaminare tabellone, giocatori e regole.

Le regole del gioco sono quelle che derivano dalla giustapposizione di percorsi di riforma, vincoli di bilancio e norme, esplicite e implicite, formalizzate e ufficiose, che sono già in vigore. Il tabellone è lo scenario in cui si muovono gli attori che in questi mesi si sono interessati alle sorti dell’università e della ricerca. I giocatori sono i tanti attori coinvolti dalle misure del governo. Il Carosello è la maniera in cui la protesta è stata trattata dai mezzi di comunicazione.

Pur consapevoli dei limiti e delle incompletezze dei nostri “appunti di lavoro”, speriamo che possano costituire una base per futuri confronti e approfondimenti. Ringraziamo la redazione di Nuvole per l'ospitalità e il sostegno, e la Newsletter di Sociologia per aver condiviso parte di questo materiale.

Tratto da www.nuvole.it