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Bce, si parla di nomi ma non di sostanza

23/02/2010

Draghi o Weber? Si scommette sul futuro presidente della Banca centrale europea, nel pieno della tempesta. Ma che cosa farà il nuovo presidente?

“…l’Europa dovrebbe scegliere il miglior candidato per il posto, non qualcuno della setta giusta…”
anonimo

premessa
Manca molto tempo - circa venti mesi - alla nomina del nuovo presidente della Banca Centrale Europea, ma già da qualche settimana i riflettori sono accesi sulla possibile gara per tale incarico, che sembra concentrarsi tra due soli candidati, il tedesco A. Weber e l’italiano M. Draghi. Peraltro, molti danno già per deciso il risultato, che sarebbe a favore di Weber.
il ruolo delle banche centrali e della Bce
Prima di entrare nel merito della lotta tra i due contendenti, appare opportuno ricordare il ruolo attuale delle banche centrali, e di quella europea in particolare, nonché sviluppare qualche ipotesi su come tale ruolo, anche sulla base dei dati della crisi, dovrebbe cambiare perché le cose funzionassero meglio di quanto abbiano fatto sinora.
Le banche ordinarie e le loro varie ramificazioni sono state messe giustamente in stato di accusa per lo scoppio della crisi, ma sono fortemente colpevoli del misfatto anche altri attori, tra i quali citiamo le banche centrali, i governi, le autorità di controllo.
Nello specifico, le stesse banche centrali portano una pesante responsabilità per l’espansione eccessiva del credito e per la formazione delle bolle verificatesi negli anni scorsi. L’aumento rilevante dell’indebitamento bancario è stato, in particolare, un fattore scatenante molto importante della crisi, come avviene del resto normalmente in tutte le crisi finanziarie. La politica monetaria, più in generale, è stata gestita nel tempo in modo fortemente asimmetrico: i tassi di interesse sono stati ridotti quando i prezzi degli asset diminuivano sui mercati, ma non sono stati aumentati quando invece essi aumentavano anche fortemente. Quindi le banche centrali – e in particolare quella degli Stati Uniti - mantenendo bassi i tassi di interesse, hanno contribuito ad alimentare la speculazione, con tutto quello che è seguito.
Su di un altro piano, il perseguimento degli obiettivi del mantenimento della stabilità dei prezzi, così come quello di equilibrio dei conti pubblici, voluto quest’ultimo dalle istanze europee, riducono fortemente lo spazio di manovra delle banche centrali. Bisognerebbe in realtà considerare, nella fissazione delle loro politiche, anche altri traguardi, quali la crescita dell’economia, la redditività delle imprese, l’andamento dell’occupazione, l’evoluzione dei debiti dei differenti agenti economici; il loro ruolo dovrebbe essere nella sostanza, quello di mantenere un sentimento di fiducia nelle attività produttive. Siamo poi d’accordo con F. Lordon (Lordon, 2008) quando egli afferma che esse dovrebbero essere sottratte dalla tutela di fatto su di loro esercitata dagli operatori finanziari privati, dopo che esse si sono liberate della tutela da parte degli Stati. Le banche centrali non possono essere pienamente indipendenti, dietro questa indipendenza fittizia, sottolinea Lordon, si nasconde, in effetti, una loro subordinazione ai mercati finanziari. Da quando è stata decretata la loro autonomia, l’instabilità finanziaria e la speculazione immobiliare sono diventate la norma, sotto l’ombra della stabilità monetaria. La produzione, la moneta, le imprese, i popoli, sono stati sottomessi agli interessi dei mercati. Bisogna quindi ripensare a quali obiettivi economici e finanziari tali istituzioni dovrebbero prestare prioritariamente attenzione e a come esse dovrebbero rendere conto delle loro politiche ai rappresentanti degli Stati. E’ peraltro necessario considerare che determinare un corretto rapporto tra banche centrali e governi è un’impresa molto complicata e che sarebbe richiesta una grande fantasia istituzionale per trovare una soluzione adeguata alla questione. Per quanto riguarda in specifico la Banca Centrale Europea, la recente crisi greca ha mostrato che esistono ulteriori problemi per tale organismo: da una parte, la stessa banca non ha grandi poteri di intervento in situazioni di difficoltà di tale tipo, che potrebbero compromettere la stessa sorte della costruzione monetaria europea. D’altro canto, non esiste neppure formalmente, a livello di eurozona un contraltare politico, nemmeno potenziale, rispetto all’autorità monetaria centrale.
Peraltro, in generale, durante la crisi degli ultimi due anni, la stessa BCE non pare aver dato una troppo brillante prova di sé, avendo agito in generale con estrema - troppa - prudenza ed essendo venuta sempre di fatto al traino, con rilevante ritardo e con riluttanza, delle decisioni sicuramente più adeguate della Fed statunitense e della Banca d’Inghilterra. Resterà certamente nella storia finanziaria il grottesco episodio dell’aumento dei tassi di interesse dal 4,0% al 4,25% effettuato dalla BCE nel luglio del 2008, in piena crisi. A tale interessante decisione ha dato a suo tempo un contributo molto importante proprio l’attuale candidato tedesco alla presidenza.
Ora, comunque, la Banca si trova di fronte alla difficile scelta di definire una strategia adeguata di eventuale uscita dalle politiche a suo tempo avviate per contribuire a governare la crisi, almeno, se le cose miglioreranno in maniera sostanziale nei prossimi mesi ed anni.
le regole non scritte
Quanto all’incarico di presidente della BCE sono in lizza due candidati, anche se ufficialmente nessuno di loro si è fatto avanti per rivendicare la poltrona.
Per la verità, la recentissima designazione alla carica di vicepresidente della stessa banca di un portoghese, Vitor Manuel Ribeiro Constancio, governatore della Banca del Portogallo, implicherebbe, secondo molti, che i giochi siano già fatti anche per la presidenza, essendo Constancio uomo del Sud dell’Europa e vigendo, almeno in teoria, la regola informale che le due cariche dovrebbero essere attribuite a delle personalità dall’origine geografica differenziata, uno del sud e l’altro del nord.
Esiste anche un’altra regola non scritta che militerebbe a favore del candidato tedesco: essendo il portoghese considerato una persona accomodante nei confronti della lotta all’inflazione e aperto a politiche monetarie espansive, il presidente dovrà invece essere una persona molto rigida su questo fronte; proprio come il candidato tedesco. E’ forse per l’esistenza di queste semplici indicazioni che Constancio è stato eletto, proprio per lasciare così il posto di presidente al tedesco.
C’è anche, per la verità, una terza prescrizione informale, che recita che un eletto di un paese piccolo deve essere affiancato da un altro di un paese grande. Secondo quest’ ultimo criterio, peraltro, il candidato italiano e quello tedesco avrebbero le stesse chances di essere eletti.
Va anche sottolineato che da più parti si suggerisce che sarebbe già stata trovata un’intesa tra Francia e Germania, intesa che si dispiegherebbe su più tavoli e che spingerebbe per l’elezione di Weber: in questo modo, i transalpini ci guadagnerebbero il posto di capo economista sempre della BCE. Ufficialmente tale accordo è stato smentito, in particolare dai francesi, che sembrano tendere a presentarsi con un’aura di distacco e di neutralità sulla questione.
Ma il 31 ottobre 2011, data di elezione del presidente, appare ancora molto lontano e si sa che gli accadimenti futuri sono spesso imprevedibili. Per questo il risultato può dirsi senz’altro ancora incerto. Esaminiamo allora vizi e virtù - almeno quelli manifesti - dei due candidati, secondo una tendenza che molti giornali seguono in questo periodo.
i due contendenti
A favore della candidatura di Alex Weber, attuale presidente della Bundesbank, militano, oltre ad almeno due tra le tre regole sopra citate, anche l’eventualità, non certamente remota, che la crisi delle finanze pubbliche nell’eurozona permanga ancora nel prossimo futuro, in quanto egli incarnerebbe, da questo punto di vista, una politica monetaria “stabile” (de Vergès, 2010). Weber è considerato, più in generale, un falco nella lotta all’inflazione. Ma il suo rigore, il suo conservatorismo ad oltranza, vanno considerati invece con inquietudine, secondo noi, ancor di più se la ripresa continuasse ad essere fragile. Ci sembrerebbe il caso, invece, che la BCE cambiasse registro e che, al di là della lotta all’inflazione, si aprisse maggiormente alle necessità dello sviluppo dell’economia, come indicato ai paragrafi precedenti. I recenti comportamenti specifici del sistema Germania, a livello politico e finanziario, nel trattamento della crisi greca, hanno di che far inquietare per il futuro. Si addebita al candidato tedesco anche una carenza di qualità personali necessarie per svolgere bene un tale incarico (The Economist, 2010).
Non ci sembra, alla fine, che Weber sia il candidato migliore per il posto, nonostante anche la sua lunga esperienza di economista accademico, molto indirizzata agli studi empirici. Peraltro, la nomina dello stesso potrebbe, secondo alcuni, responsabilizzare di più la Germania verso gli interessi comuni dell’Europa, mentre va considerato che l’euro, nella sostanza, regge se e in quanto la Germania ci crede (Lepri, 2010). Il candidato, infine, appare comunque fortemente sostenuto dal suo governo e in prima persona dalla Merkel.
Mario Draghi appare da questo punto di vista meno rigido ed è considerato più una colomba che un falco nella lotta all’inflazione - tratto che tuttavia qualcuno tenderebbe a negare - e, comunque, una persona che cerca maggiormente il consenso rispetto al più “decisionista” collega tedesco. In Italia egli ha mostrato una rilevante indipendenza intellettuale dall’attuale governo e la pubblicazione dei dati della Banca d’Italia sulla situazione dell’economia del nostro paese gli vale periodicamente una dura contestazione da parte dei politici del centro-destra. Nessuno, d’altro canto, mette in dubbio la sua vasta competenza professionale e la sua esperienza internazionale ai più alti livelli che, d’altronde, lo rendono favorito proprio sul piano del prestigio internazionale. Purtroppo, è proprio qui cominciano, a nosto avviso, i problemi. Draghi è da molti anni alla testa del Financial Stability Forum, ribattezzato all’ultimo G-20 con il nome di Financial Stability Board senza cambiare nella realtà le sue attribuzioni; si tratta certamente di una carica di prestigio a livello internazionale, ma sostanzialmente irrilevante nella sua operatività. A tale organismo vengono di fatto assegnati compiti residuali, anche se formalmente impegnativi, per quanto riguarda il sistema finanziario. Bisogna dire che Draghi non ha fatto pressoché nulla per far uscire tale istituzione dalla situazione di vacuità istituzionale in cui si trova sin dalle origini. Si tratta di un precedente negativo per coprire una carica che dovrebbe comportare, secondo noi, una forte capacità di direzione e una adeguata spinta verso un significativo mutamento di rotta. Egli poi è stato vicepresidente della Goldman Sachs per cinque anni, dal 2000 al 2005 – banca di investimento alquanto screditata dopo la crisi, nonostante i brillanti risultati economici anche recenti - ed è considerato, più in generale, un amico degli americani, che in effetti sembrano sostenere con convinzione la sua candidatura.
conclusioni

Di questi tempi, l’Europa avrebbe bisogno alla presidenza della BCE di ben altro che di un paladino intransigente della lotta all’inflazione, come sembra sostanzialmente essere il signor Weber. D’altro canto, nemmeno Draghi sembra essere un candidato pienamente accettabile per il posto, anche se, tutto sommato, tra i due contendenti sarebbe a nostro parere forse quello con minori handicap. Aspettiamo quindi, senza peraltro grandi speranze, che si materializzi prima o poi qualche altro candidato più adatto alla bisogna.

Testi citati nell’articolo

-Anonimo, Euro succession, www.ft.com, 17 febbraio 2010
-de Vergès M., La nomination du vice-président de la BCE donnera une première indication sur le successeur de m. Trichet, Le Monde, 14-15 febbraio 2010
-Lepri S., Il falco Weber conta sull’aiuto dell’Eliseo, La Stampa, 10 febbraio 2010
-Lordon F., Jousq’a quand? Pour en finir avec les crises financierès, Raisons d’agir editions, Parigi, 2008
-The Economist, German sheperding, 18 febbraio 2010

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