primo piano
Anche l'Europa ha i suoi (Stati) subprime
In Grecia, Spagna, Portogallo l'origine della crisi è nell'esplosione del debito estero. Mentre gli occhi di tutti si concentravano sul debito pubblico, la finanza privata ha allegramente prestato soldi a paesi al di sotto degli standard di affidabilità. Una distrazione frutto dell'ideologia mercatista
Francia-Germania, l'asse incrinato
Sarkozy annunciava che il peggio della crisi era passato, ma i fatti del presente lo contraddicono. In primis, il confronto con la Germania: ora Parigi teme lo sganciamento
Da Gentile a Gelmini, e ritorno
Scuole superiori: non è una riforma, è un aggiustamento dell'esistente. Resta il buco nero delle medie, resta la gerarchia tra licei, tecnici e professionali, si archivia la società della conoscenza, si accentua il rischio che a 14 anni già tutti i giochi si chiudano. Mentre dovrebbero aprirsi, per il futuro del paese
Apprendisti e stregoni al lavoro
Sono 126mila i quindicenni né-né, fuori da scuola e lavoro. Per maggioranza e governo la soluzione è semplice: vadano a lavorare, con contratti di apprendistato, e addio all'innalzamento dell'obbligo scolastico. Una ricetta irrealistica e retrograda. Ma che non si combatte continuando a mettere steccati tra scuola e lavoro
Quei banchieri tutti Borsa e opere di bene
Chiese piene attorno alla City. Ma non è una conversione. Le cronache dei misfatti intanto continuano. Il caso Goldman Sachs: superbonus e beneficienza
Trenta per cento: Gelmini sbaglia i conti
L'annuncio, la necessaria correzione, il pattinaggio amministrativo. Ma il messaggio del tetto del 30% agli stranieri in classe è chiaro: quelle ragazze e quei ragazzi sono un problema, un danno da ridurre. Così si ignorano i numeri reali, si calpestano le esperienze concrete e autonome delle scuole, e si impone un modello di società chiusa
I buoni e i cattivi della finanza nel 2009
La palma dell'avvoltoio ai due fondi inglesi che hanno chiamato in giudizio la Liberia, l'oscar a Erika B., bancaria dei poveri. Le pagelle del secondo anno terribile
Flopenhagen e l’irrilevanza dell’Europa
Il fallimento di Copenhagen è anche un fallimento dei padroni di casa: l'Unione europea e i suoi Stati membri, incapaci di assumere un ruolo di leadership, di fornire garanzie e investimenti perché i paesi più poveri e le economie emergenti decidessero di assumersi responsabilità dirette nella riduzione delle emissioni
Un accordo di pochi che colpisce tutti
Copenhagen, ultimo atto. Quello che ha chiuso il vertice non è un accordo, ma una truffa. Scritto in sedi ristrette, il testo finale non prevede impegni quantificati, dà pochi spiccioli e nasconde giochi poco chiari sui finanziamenti. Il pianeta può attendere