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Il crollo della cultura, in cifre
In dieci anni la spesa del ministero per i Beni culturali è scesa del 31% in termini reali. Il calo delle risorse è stato costante e progressivo, con la sola eccezione della spesa burocratica nelle alte sfere. Un'analisi dettagliata dei flussi di cassa, a opera dell'Associazione Economia della Cultura
Le ripercussioni dell’attuale crisi economica sulla spesa per la cultura variano notevolmente da paese a paese. In Francia, in Germania, negli Stati Uniti, i finanziamenti statali hanno tenuto - e sono anzi lievemente aumentati - proprio per il ruolo anticiclico attribuito agli investimenti culturali. Nella maggior parte degli altri paesi, la crisi ha imposto invece una brusca battuta d’arresto a una dinamica della spesa pubblica per la cultura generalmente positiva nel recente passato.
L’ anomalia italiana consiste nel fatto che tale inversione di tendenza è tanto più gravida di conseguenze negative in quanto avvenuta, come è noto, con largo anticipo. Per verificare più da vicino la misura e l’ impatto della contrazione dei finanziamenti alla cultura, e i modi e la reale portata dei tagli di bilancio, l’Associazione per l’ Economia della Cultura ha ritenuto di condurre una sintetica analisi dei rendiconti del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, prendendo in considerazione, anziché le previsioni di spesa, come generalmente accade, i pagamenti di cassa: gli unici indicativi dei flussi di spesa effettivamente affluiti alla cultura in un anno dato, a valere sia sulla competenza che sui residui.
1.L’andamento dei pagamenti di cassa del Ministero
Dopo un andamento stagnante nella prima parte degli anni ’90 – a cui aveva fatto seguito una dinamica molto positiva nella seconda metà del decennio1, di pari passo con il completamento del processo di riunificazione delle competenze culturali nel MiBAC (1998) – la spesa del Ministero ha raggiunto il picco, in termini di cassa, nell’anno 2000, con 2.499 milioni di euro. Da quell’anno è iniziato un trend negativo, con un calo sotto quota 2000 già nel 2002, e con il picco più basso raggiunto nel 2006 (1917 milioni), seguito da un lieve recupero (2062 milioni nel 2008). Nel decennio la spesa del ministero è diminuita del 17% a euro correnti e del 31% a euro costanti.
Fig 1 - Spesa del MiBAC Anni 2000 - 2008, per centri di responsabilità: v.a. e %
(pagamenti di cassa, in milioni di Euro correnti)
Elaborazioni AEC sui Rendiconti dello Stato.
Va notato che, se l’ammontare dei pagamenti di cassa risulta spesso superiore a quello delle previsioni iniziali delle varie leggi finanziarie, ciò è dovuto sia a leggi di spesa emanate nel corso dell’anno per tamponare situazioni di emergenza, sia ad una accresciuta capacità del Ministero di far fronte ai suoi impegni istituzionali raschiando il fondo del barile dei residui accumulati negli anni precedenti. Quest’ultima sembra peraltro una via d’uscita che il successivo calo nelle allocazioni al Ministero determinato dai tagli lineari al Bilancio dello Stato di cui alla legge finanziaria 112/2008 e alla legge di stabilità finanziaria 2010 renderà in futuro sempre più impraticabile. Con le devastanti conseguenze che si possono immaginare.
2. I finanziamenti erogati dai vari centri di responsabilità del Ministero
Ad una prima analisi dell’andamento della spesa del Ministero, colpiscono i mutamenti assai significativi che hanno rivoluzionato, nel periodo 2000-2008, l’articolazione dei finanziamenti erogati dai vari centri amministrativi di responsabilità. Aggirando l’ostacolo alla comparabilità posto dalle molteplici ristrutturazioni burocratiche intervenute, la Figura 2 espone la spesa del Ministero accorpata per le seguenti funzioni: affari generali, beni artistici e storici, archivi, beni librari e istituti culturali, spettacolo dal vivo e cinema.
Fig.2 Valori della spesa del MiBAC nel 2000 e nel 2008, per centri di responsabilità
(pagamenti di cassa, in milioni di Euro correnti)
Fonte: elaborazioni AEC sui Rendiconti dello Stato
I dati relativi ai centri di responsabilità mostrano una diminuzione della spesa, anche a euro correnti, per le strutture competenti per i beni librari e archivistici e lo spettacolo dal vivo e cinema, rispettivamente del 21% e del 12%. Per i beni culturali e paesaggistici la spesa si e’ addirittura quasi dimezzata (da 1259 a 614 milioni). Nello stesso tempo l’ammontare delle risorse a disposizione delle strutture competenti per gli affari generali, amministrativi e del personale sono aumentate di circa quattro volte e mezzo (da 107 a 491 milioni).
La figura 3 mostra come ne risulti alquanto terremotato, di conseguenza, fra il 2000 e il 2008, l’ordine di priorità negli interventi del Ministero.
Fig.3 Ripartizione % della spesa del MiBAC nel 2000 e nel 2008, per centri di responsabilità
Fonte: Elaborazioni AEC sui Rendiconti dello Stato
L’incidenza delle Direzioni Generali addette ai Beni culturali e paesaggistici, che hanno tradizionalmente assorbito la quota maggiore delle risorse del Ministero, è scesa dal 51% al 30%, mentre quella delle strutture competenti per gli affari generali, amministrativi e del personale sale dal 4% al 24%. Anche i Beni librari ed archivistici accusano un lieve ridimensionamento del loro ruolo. Fa eccezione, almeno per il 2008, l’amministrazione dello Spettacolo dal vivo e cinema, i cui pagamenti sono ammontati a 617 milioni (ben oltre l’ ammontare del FUS per quell’ anno) e la cui quota sale lievemente, dal 28% al 30% (valore che andrebbe depurato dallo sport per quanto riguarda il 2000).
Con questa nota sui primi dati quantitativi desunti dai Rendiconti del MiBAC, l’Associazione per l’Economia della Cultura intende richiamare l’attenzione sul costante e progressivo calo della spesa culturale statale e sui profondi cambiamenti che hanno investito negli anni 2000 la principale struttura dell’amministrazione statale della cultura in Italia.
Nello stesso tempo è evidente – e va segnalato – che una ben diversa disponibilità di dati e di informazioni sarebbe necessaria per una attenta e obbiettiva interpretazione delle trasformazioni avvenute. Cio’ vale in primo luogo per quanto riguarda l’elemento forse più eclatante che i dati evidenziano: la perdita di ruolo delle DG addette ai Beni culturali e paesaggistici nei confronti delle unità amministrative addette agli Affari generali. Il ridimensionamento della spesa per i beni culturali risulterebbe in realtà meno grave ove si tenesse conto del fatto che, secondo i Rendiconti, numerosi capitoli di spesa destinati ai beni culturali sono invece amministrati da unità degli Affari generali, e in particolare dalla DG Bilancio e Programmazione.
L’Associazione per l’Economia della Cultura ha sempre sostenuto con convinzione la necessità di rafforzare le funzioni centrali del Ministero concernenti l’indirizzo, il coordinamento, il superamento degli squilibri sociali e territoriali, la messa a punto di un sistema statistico e informativo coerente, tale da consentire una valutazione dell’efficienza e dell’efficacia dell’intervento pubblico a sostegno della cultura a tutti i livelli di governo. È indubbio che l’avvio di un programma di questo genere avrebbe certamente un costo elevato. Il problema è di capire in qual misura l’incremento della spesa per gli affari generali sia stato assorbito da queste ed altre iniziative di modernizzazione, e fino a che punto invece tali maggiori finanziamenti si siano dispersi nei rivoli di una più accentuata burocratizzazione.
Non è comunque accettabile, lo ribadiamo con forza, che il necessaria ammodernamento dell’amministrazione della cultura abbia luogo a scapito della indispensabile tutela e della valorizzazione del nostro patrimonio.
1 Vedi Rapporto sull’ Economia della cultura in Italia 1990-2000, ed. il Mulino, Bologna
* Hanno collaborato Alessandro Leon e Giulio Stumpo
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