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Forbes. Miliardari per tutti i gusti
Il nuovo elenco 2011 delle persone più ricche del mondo – sono 1.210 quest’anno – segnala importanti cambiamenti nella vecchia e ben nota tribù dei predatori. Che nel suo insieme supera il Pil tedesco
In questo inizio del 2011 vi sono al mondo 1.210 miliardari in dollari, per un totale di 4.500 miliardi, stando ai conteggi accurati e scientifici della rivista Forbes. Il signor Forbes del resto è uno che se ne intende.
In passato, le Nazioni unite segnalavano accoratamente che i patrimoni di un certo numero di grandi ricchi superavano il prodotto interno lordo (pil) di interi stati in via di sviluppo, neppure tanto piccoli, per mostrare la povertà eccessiva dei molti e la rapacità dei pochi. Al contrario Forbes, con orgoglio, fa sapere che i 4.500 miliardi che costituiscono la ricchezza totale dei miliardari superano e non di poco, il pil della Germania.
È consolante sapere che qualcuno, anzi 1.210 persone, siano uscite a briglia sciolta dalla crisi. È un forte esempio per tutti gli altri, i miliardi di persone che nella crisi si sono impoveriti, hanno perso il lavoro e la casa, la voglia di vivere. S’impegnino costoro, seguano l’esempio dei miliardari, puntino sulle Borse giuste, scelgano tra questo e quello dei paesi emergenti, frequentino gente interessante e informata, smettano di lamentarsi per il pane che costa troppo e non si trova neppure; e tutto andrà per il meglio.
Ci sono miliardari e miliardarie di novantanni e altri giovani e giovanissimi. Quelli di Google, per esempio, hanno trent’anni e venti miliardi ciascuno; quelli di Facebook (sì, quelli del film Social Network) di anni ne hanno venti e di miliardi, per ora solo un po’ più di dieci. È curioso notare che il loro antenato, Bill Gates che dall’alto dei suoi 57 anni e 56 miliardi (o viceversa) mantiene la seconda posizione – dopo il messicano Carlos Slim 74 miliardi e prima del finanziere Warren Buffett, 50 miliardi – ma con attività che per il 70% esulano da Microsoft. Ha altro da fare ormai Bill Gates. Forse per invidia del numero uno, che ha preso un bel vantaggio sugli inseguitori con una crescita di venti miliardi secchi da un anno all’altro, ha cominciato a investire nella borsa messicana e ha interessi diretti in una rete televisiva e in un imbottigliatore di Coca cola, con una curiosa marcia da gambero nei confronti dell’attività informatica che gli aveva dato notorietà e dollari.
Quest’anno ci sono 214 miliardari nuovi. Un segno di rinnovamento, come minimo. Terra è sempre la stessa, le persone sono un po’ cresciute di numero, ma l’errore di distribuire quello che c’è, un po’ a ciascuno, non è stato ripetuto. I dollari vanno dove Mammona comanda, dopo aver perso tempo girovagando di qua e di là. Ricompensano chi veramente se li merita, chi mostra di trattarli bene.
È importante notare che 108 dei nuovi miliardari fanno capo ai paesi Bric: Brasile, Russia, India, Cina. Il Bric copre ormai un quarto dei miliardari complessivi, mentre era solo un decimo cinque anni fa. Con generale compiacimento si nota che quest’anno Russia e Cina hanno superato entrambe le cento presenze in classifica: Cina 115 miliardari e Russia 101. Finora soltanto gli Usa avevano più di cento miliardari. In effetti là risiedono 413 miliardari, uno ogni tre del monte-miliardari; il trend è però significativo. La crescita in Usa rispetto all’anno passato è del 6% mentre è del 47% in Cina – l’aumento tanto vantato della produzione nazionale, pari al 10%, fa ridere di fronte all’aumento del «prodotto miliardari» – e del 30% in Russia. Il generale compiacimento citato prima nasce dal fatto che Russia e Cina sono paesi con un deplorevole passato comunista. Tutto dimenticato, tutto perdonato.
L’Europa, nonostante le sue arie, non è tanto brillante in materia di miliardari. Ne conta in tutto 248 per un trilione (o mille miliardi) complessivo. Tra i primi 25 paperoni europei, nove sono russi, quattro tedeschi e quattro svedesi. Un paio di francesi, il signor Vuitton e madama Oreal (al secolo Arnault e Bettencourt) e un solo italiano, il famoso Nutella (Michele Ferrero).
La pattuglia dei miliardari italici è piuttosto scadente, dal punto di vista dell’agone miliardistico, naturalmente. Ha anche perduto un elemento, Silvio Scaglia, già Fastweb. Sono rimasti in dodici, quanto a dire 1/100 dei miliardari totali. Sono oltre a Ferrero, 32mo, Leonardo Del Vecchio, occhiali, 71mo; Silvio Berlusconi, media, 118mo; Giorgio Armani, moda, 136mo; Luciano, Giuliana, Gilberto e Carlo Benetton, indicati come Benetton, tutti al 488mo; Mario Moretti Polegato, moda, 512mo; Francesco Gaetano Caltagirone, cemento e altro, 833mo; Stefano Pessina, farmaceutici, 879mo; Diego Della Valle, moda, 938mo.
Per riassumere, la considerazione iniziale che i giornalisti di Forbes sottolineano secondo la quale la Germania intera è superata dall’insieme dei miliardari, va tenuta presente. Le persone estremamente ricche, diffuse in gran parte del mondo, non ostacolate nei movimenti di persone e capitali hanno un grande potere. Hanno la possibilità di premere sugli stati e sulle città; talvolta controllano i governi locali e nazionali e perfino comandano su tutto, approfittando del proprio denaro e della fama che il denaro ha saputo conquistare, in posti come New York, Italia, Libano (Saad Hariri è in classifica al 595mo posto). Fanno il bello e cattivo tempo. Fanno piovere e fanno il deserto. Tra loro vanno d’accordo, anche se fanno finta di litigare. Sono una vera e propria classe con interessi condivisi, comportamenti speciali e riconoscibili, luoghi di raccolta. Se sgomitano, è per avere più potere, più visibilità; quando dovesse servire sarebbero di nuovo compatti, nel pretendere più libertà per sé e meno diritti per gli altri. E con l’ossequio di tutti di fronte al loro miracoloso albero dei miliardi.
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