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Energia

Quel bene comune chiamato sole

18/01/2012

L'"imperativo energetico" dello studioso tedesco Hermann Scheer è un formidabile documento su un modello di produzione energetica alternativa al petrolio, al carbone e all'atomo. E che prevede una sua gestione decentrata e autorganizzata, dai singoli e dalle popolazioni locali.

Il vantaggio competitivo tedesco nei confronti dell’economia italiana – qualcuno lo chiama familiarmente spread – risiede in misura preponderante nel formidabile attivo della Germania negli scambi internazionali di merci e servizi, a differenza del passivo che caratterizza l’Italia. È questa la spiegazione sulla quale insistono i più rinomati tra gli economisti, (talvolta anche di sinistra); e in molti suggeriscono di risalire la china, riconvertendo il sistema economico e sociale del paese per disporre di merci esportabili, contenenti più innovazione di prodotto, oppure di produrne attraverso processi più efficienti (leggi: con licenziamenti di massa).
Sommessamente suggeriamo un’altra via. Quella di imitare sul serio i tedeschi, ma nella loro transizione alle energie rinnovabili e al contemporaneo abbandono delle energie fossili, nucleare compreso. Questo percorso è quello che un autore, un vero e proprio scienziato-politico, Hermann Scheer, sociologo, ha descritto per intero nel suo ultimo libro, Imperativo energetico pubblicato alla fine del 2011 nei Kyoto Books delle Edizioni Ambiente (pp. 269, euro 25). Il tema è riassunto nelle frasi che completano il titolo originale: «100% rinnovabile ora! Come realizzare la completa riconversione del nostro sistema energetico».

L’avvocato del verde
Scheer, salutato come «avvocato del sole», «eroe verde», se ne è andato nell’ottobre del 2010. Il suo ruolo non è stato soltanto quello di pensare il futuro «rinnovabile» e di scrivere libri per spiegarlo e renderlo familiare ai tedeschi e agli altri, in Europa e nel mondo, ma anche quello di costruire una straordinaria opera di convinzione, attraverso associazioni come Eurosolar. Scheer ha reso davvero il «suo» futuro più vicino e abbordabile, nell’azione di ogni giorno, scrivendo libri, partecipando a convegni, tenendo conferenze. Ma ha fatto ben di più, operando senza tregua nella sfera politica, utilizzando in parlamento, nel suo partito, l’Spd e anche nelle amministrazioni delle città e dei Länder, ogni spazio consentito. Alla ricerca continua di scelte concrete, di leggi per rendere il mondo «rinnovabile» pratico, vantaggioso e convincente. L’imperativo energetico è tra i lavori del suo ultimo tempo ed è insieme scienza, informazione, politica. Di certo va letto come un programma molto concreto per coloro che continueranno la sua opera e si dedicheranno alla riconversione energetica della società, o meglio alla rivoluzione sociale praticata attraverso il cambio di paradigma energetico.
L’energia di origine solare deve sostituire del tutto e al più presto quella oggi utilizzata che è quasi interamente di origine fossile. Per Scheer non vi sono mediazioni possibili, le lungaggini risultano intollerabili; non si possono accettare compromessi, soluzioni pasticciate. Le grandi imprese tradizionali: del gas, del petrolio, elettriche, atomo compreso, mostrano ormai per lo più un atteggiamento tollerante nei confronti delle energie rinnovabili. È falso. Fingere di fare spazio alle novità è una mossa che consente di mostrarsi alla moda, serve per dare una patina di eleganza a un mondo energetico ancora e sempre dominato dalle energie fossili. Scheer rifiuta questo atteggiamento compiacente. Il modello rinnovabile non deve e non può essere solo una variante, un riempitivo; e neppure l’offerta di un’area di sosta gratuita e a tempo indeterminato per svolgere in tutta calma sperimentazioni, in attesa che le energie fossili si esauriscano.
Al contrario, Scheer è mosso dall’urgenza. Non è solo convinto che le energie fossili siano in esaurimento accelerato, molto più vicino di quanto non si pensi, e che perciò si dovrà comunque farne a meno quanto prima. Esse sono da eliminare oggi, in quanto dannose per l’inquinamento che determinano, per i disastri naturali crescenti e il riscaldamento globale che provocano. Quindi – ne è sicuro – prima ce ne liberiamo, meglio è; anzi è l’unica via per consentire un futuro all’umanità, è un imperativo categorico se si vuole non solo sopravvivere, ma restare umani. In questo senso va messo al bando ogni compromesso. Il solare non può coesistere con il fossile, con le sue reti estese per ogni dove.

Una rete piccola e flessibile
Il solare e il fossile sono modelli del tutto alternativi, anche da un punto di vista economico. Non ci sono capitali sufficienti per entrambi, una vera politica di sviluppo per le rinnovabili implica che i fondi disponibili per l’energia siano tutti messi a disposizione di quel progetto, escludendo ogni scelta diversa. Non un altro soldo, non un altro metro quadro di territorio all’espansione dell’energia da petrolio, carbone, gas, nucleare. Le loro reti, i loro giganteschi impianti sono arrivati alla fine. Non si deve rivitalizzarli con nuovi capitali, con altro spazio, con riedizioni di concessioni amministrative. Al contrario: occorre finalmente calcolare in verità l’economia dell’energia fossile, non trascurando i costi addossati nascostamente alle comunità. Solo così il confronto economico diventerà accettabile, e si potrà giudicare se i costi effettivi dell’energia tradizionale siano o meno più alti degli incentivi al solare. Attualmente i media proclamano che questi ultimi hanno costi esorbitanti sulle bollette, ma il più delle volte i conti provengono direttamente dagli uffici studi delle società elettriche e simili e quindi sono poco attendibili. Gli interessi vitali delle compagnie energetiche sono difesi senza equivoci.
Scheer non ha avuto modo di conoscere la scelta del governo tedesco di chiudere interamente il capitolo del nucleare, entro il 2022. Egli ne avrebbe di certo apprezzato l’indirizzo generale, pur criticando qualche compromesso di troppo. Il suo atteggiamento – come illustra nel libro – era sempre pragmatico sulle forme e le tattiche, una volta stabiliti i termini generali della questione, la certezza etica di non barattare mai i fini con i mezzi; e purché infine rimanesse sempre ben fisso l’obiettivo finale, il sole, da non mettere mai in discussione e da raggiungere in fretta.
Quello che unisce tra loro le energie fossili, comprendendovi anche la variante dei reattori nucleari è la necessità di disporre di reti estese al massimo. L’obiettivo cui le compagnie fossili tendono è Supergrid, la rete di tutte le reti, come dire il monopolio di tutti i monopoli energetici. Essa contrasta in massimo grado con Smartgrid, la rete intelligente, la rete democratica che Scheer indica come modello e come obiettivo da raggiungere. L’energia deve essere, per così dire, fatta in casa, per evitare di dipendere dai produttori fossili, padroni dei loro carboni e dai padroni delle reti, quelli cui i governi di tutto il mondo si inchinano quasi fossero davvero i re dei territori attraversati. L’energia che serve nasce da un mix di tutto quello che c’è, a partire dalla cultura, dalla conoscenza della storia e di chimica e fisica, e poi il sole, il vento, le scorie agricole, l’acqua; il risparmio ottenuto con i materiali progettati per i nuovi edifici e le nuove macchine, fatte in modo da consumare il meno possibile. Tutto questo e il denaro necessario per mandare avanti la ricerca di macchine, sistemi, materiali sempre più adatti a catturare la forza del sole saranno presto sufficienti a coprire tutte le esigenze energetiche dei viventi in una zona determinata.
Scheer d’altra parte non mostra alcuna intenzione di eliminare l’automobile privata. Certo non sarà per sempre il mezzo di trasporto più intelligente e libero. Il futuro saprà fare di meglio. Anche le automobili, tutte le automobili, dovranno avere però una molto prossima transizione all’elettricità. I lunghi tragitti saranno possibili con batterie capaci, ormai disponibili industrialmente, e con stazioni di ricarica, alimentate da reti intelligenti ai bordi delle strade e delle autostrade. Sarà una serie di reti locali, capaci di interagire in caso di necessità, ma tutte con una forte impronta comunale e locale. In generale i comuni dovranno rientrare in possesso delle proprie reti e gestire direttamente con le proprie forze e sotto l’impulso dei cittadini, acqua, rifiuti, energia, trasporti. Si renderà così necessario un percorso inverso alla linea attuale, percepibile anche in Germania, di privatizzazioni con passaggio a grandi gruppi azionari dei servizi pubblici locali.
Conta di più la rete locale o l’eliminazione immediata delle energie fossili?

Rinnovabile e a corto raggio
L’imperativo energetico non sfugge a questo dilemma, anzi lo affronta con foga nel caso di Desertec. È questo un programma di sfruttamento di impianti solari termodinamici ed eolici, nei deserti i primi e lungo le coste atlantiche dell’Africa i secondi, per produrre energia elettrica da convogliare verso l’Europa in modo da coprire, in un anno ancora imprecisato, una frazione importante del fabbisogno energetico europeo. Un programma intrigante, capace di convincere, oltre che le compagnie finanziarie e i giganti energetici di Germania e di mezza Europa, anche una parte degli ambientalisti. Non però Scheer. E l’opposizione a Desertec è tra i passaggi più significativi del libro. Desertec è molto costoso, migliaia di miliardi di euro. Non si può fare di meglio, utilizzando quel capitale, con le rinnovabili a corto raggio, tanto in Europa che in Africa? Da un punto di vista tecnico scientifico Scheer indica le perdite di potenza in un sistema di trasmissione tanto lungo; mostra poi il pericolo politico oltre che economico che un sistema tipo Desertec può generare e la sua affinità a quei sistemi elettrici fossili tradizionali, che vorrebbe sostituire: rigidità estrema, fragilità, problemi di sicurezza. Per cui Desertec finirebbe per capovolgere l’intenzione di liberare le popolazioni dai vincoli energetici fossili, sostituendolo con altri vincoli non meno gravosi. E allontanandosi da ogni prospettiva democratica, essenziale nella ricerca di Scheer.
Si apre il confronto fondamentale: c’è un’energia rinnovabile, solare, che è anche locale, cittadina, cresce sui tetti e lungo i muri, è controllabile da vicino, è sempre sostituibile, si può ripararla, è facile da cambiare e da migliorare, senza interrompere il servizio; non costa troppo, anzi diventa concorrenziale se la si lascia vivere e al tempo stesso non si facilita l’ipotesi energetica contraria: un bene comune, insomma, per il quale si devono costruire, giorno per giorno le condizioni. Un modello di società in cui tutte le persone sono «costrette» a discutere, a scegliere un modello di vita, a elaborare un progetto comune per raggiungerlo: a fare, un giorno dopo l’altro, la democrazia. Dall’altra parte c’è un’energia potente, ad ampio raggio, governata da lontano, irraggiungibile dagli utenti che sembra (è sembrata) rispondere alle esigenze degli ingegneri, ma in realtà risponde da sempre alle esigenze della finanza e dei poteri più forti. «Io la risposta ce l’ho», diceva Hermann Scheer. «Ora tocca a voi».

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