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Fuori i titoli tossici dalle università

21/05/2009

La crisi ha messo al tappeto le loro teorie dominanti, ma gli economisti non sembrano pronti a trarne le conseguenze. Come la moratoria di quei libri di testo che sono tossici quanto i titoli insaccati nei prodotti finanziari mondiali. Una campagna per cambiare il modo di studiare l'economia

E adesso, fuori i titoli tossici. Dei libri però. Un nuovo movimento è partito dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, e si sta diffondendo rapidamente tra studenti e insegnanti di economia nel mondo: quello per una moratoria dalle nostre scuole e università dei libri di economia che per anni e anni ci hanno indottrinato ispirandosi a una dottrina che – come ha detto lo stesso Alan Greenspan – è collassata in pochi mesi (“This modern paradigm held sway for decades. The whole intellectual edifice, however, collapsed in the summer of last year." Greenspan, 2008). L'estate scorsa, quella in cui la bolla è esplosa ed è iniziata la crisi mondiale nella quale siamo immersi fino al collo. Un evento che, dal punto di vista epistemologico, “dovrebbe avere la stessa portata dell'osservazione dell'eclissi solare del 1919”, scrive Edward Fullbrook (professore alla Università West of England, autore di “Real World Economics: A Post-Autistic Economics Reader”.). Che continua: se la professionalità degli economisti assomigliasse almeno lontanamente a quella dei loro colleghi nelle scienze naturali, “dovrebbero buttarsi in ginocchio e proclamare la falsità delle loro teorie, l'inadeguatezza dei loro metodi e l'urgente bisogno di nuovi strumenti”.
Al primo posto nell'elenco del mea-culpa dovrebbero esserci proprio i libri di testo. Di qui la campagna, lanciata con un sito , propagata attraverso un gruppo su Facebook (700 adesioni in cinque giorni), sponsorizzata dalla Real Word Economics Review – e, nel nostro piccolo, da oggi sostenuta anche da sbilanciamoci.info. “Quello dell'economista è in primo luogo un mestiere da insegnante”, scrive Fullbrook citando Galbraith. E come si è insegnato negli ultimi decenni? Spesso, molto spesso, basandosi su testi che hanno spacciato gli assunti per realtà rivelate, l'economia per una legge dettata dall'alto, allontanandosi riga dopo riga dalla realtà effettiva del mondo della produzione e delle merci. Un esempio su tutti, portato nel sito, è quello della “bibbia” di Greg Mankiw, “Princìpi di economia”, pubblicato in tutto il mondo in cinque edizioni mentre il suo autore, come Capo degli economisti del presidente Bush, era direttamente coinvolto nella preparazione del disastro. Nel suo articolo, Fullbrook si diverte a mettere gli enunciati del libro di testo di Mankiw alla prova della realtà. Ma lo stesso esercizio si potrebbe fare con molti dei libri di testo adottati nelle nostre università – anzi, invitiamo caldamente lettori e frequentatori di questo sito a farlo, segnalando i titoli tossici, magari mandandoci delle perle di saggezza da essi estratti, per cominciare a produrre qualche anticorpo culturale ed educativo. E per poter cominciare a costruire una “post-crash economics”, che gli amici di www.toxictextbooks.com vedono ispirata ai seguenti 11 princìpi:

1. Non cercare di farti passare per un parente stretto degli scienziati naturali

2. Non parlare, se non a bambini molto piccoli, di mani invisibili e di magia

3. Quando possibile evitare l'uso di parole emotive
4. Ricorda ogni mattina che il tuo dovere di professore è di educare gli studenti, non di indottrinarli
5. Prova a guardare ai fenomeni economici da punti di vista differenti e insegna ai tuoi studenti a fare altrettanto
6. Incoraggia la diversità di inquadramento concettuale nella ricerca economica
7. Non essere condiscendente con i tuoi studenti
8. Tieni gli occhi sull'economia del mondo reale e non su quello immaginario
9. Non cercare di nascondere ai tuoi studenti e al pubblico la complessa ma affascinante diversità nella storia e nell'attualità della scienza economica
10. Evita i fissati e cerca di non diventarlo tu stesso
11. Non fare mai passare un'ideologia per verità oggettiva

In allegato: il manifesto della campagna contro i libri di testo tossici

Commenti

Libri tossici

Lunedì, 25 Maggio 2009 14:26:14

Debbo dire francamente che questa iniziativa dei libri di testo tossici nell’università non mi convince e anzi non mi piace proprio.
Non ci sono libri tossici! Ci sono idee sbagliate e libri che contengono queste idee. Professori che selezionano gli studenti attraverso la loro capacità di assimilare queste idee. Concorsi universitari che si basano sulla scelta di candidati che meglio si muovono fra queste idee sbagliate. Metodi di valutazione della ricerca che si basano su criteri di “ranking” delle riviste il cui alto punteggio è proporzionale alla inutilità e stupidaggine dei contenuti degli articoli che pubblicano. Esistono politici, giornalisti e gente comune che di teorie sbagliate o inutili riescono a catturarne e ritenerne valide le stupidaggini più grandi, così da farle diventare luoghi comuni.
Ma tutto questo non è colpa dei libri, è colpa delle idee che sopra sono esposte, la battaglia va fatta non “espellendo” i libri, ma criticandone il contenuto e scrivendone dei migliori.
Certo la cosa in questo modo diventa più complicata, ma lo slogan “fuori i testi tossici dell’università” è a mio parere sbagliato e che rischia di essere interpretato come “caccia alle streghe”, invece di essere una battaglia di idee. (Paolo Palazzi)

Libri tossici per sostenere il pensiero unico

Domenica, 24 Maggio 2009 17:27:26

Grandissima l'iniziativa contro i libri tossici degli economisti a cui aggiungerei anche molta sociologia mainstream. E' utile recuperare il tema dell'ideologia come mascheramento della realtà: “Le convinzioni e le idee dei gruppi dominanti le quali sembrano congiungersi così strettamente agli interessi di una data situazione da escludere qualsiasi comprensione dei fatti che potrebbero minacciare il loro potere”; Karl Mannheim; Ideologia e utopia; Il Mulino, 1957.
Agli economisti che conosco, da anni rivolgo una sola domanda: spiegami il ruolo che effettivamente giocano le grandi banche nell'economia mondiale: tutti muti. E' il pensiero unico. Gli economisti da anni ci spiegano perchè è necessario ridurre la spesa sociale, ma mai che ci spieghino perchè lo Stato per emettere moneta debba creare debito pubblico.
E' il momento propizio per smascherare l'ideologia. romano calvo

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